domenica, dicembre 31, 2006

Mario

Alcuni anni or sono condussi una sferzante battaglia per la libertà di Parsifal.
Parsifal era un bellissimo pesce tenuto prigioniero in una vasca (“inadatta” avrebbe sentenziato la Protezione Animali in seguito) nella vetrina di un ristorante pizzeria situato sul percorso che da casa mi conduceva al lavoro.
Riflettendo che pur essendo tutti chiusi in un acquario piu’ o meno grande pensai che per il piccolo Parsifal fosse un’ingiustizia quella di vivere in una vasca palesemente inadeguata alle sue dimensioni.
Per darvi un’idea delle dimensioni del prigioniero vi invito a recarvi in un qualsiasi banco del pesce di un supermercato, cercate il pesce piu’ grande sepolto nel ghiaccio artificiale e ancora non avrete idea delle dimensioni del nostro.

Vedendo la bestia immobile, lo sguardo fisso da pesce (ed in effetti tale era…) fui preso dal sacro fuoco della giustizia.

Organizzai un’articolata campagna di boicottaggio del locale ed una serie di telefonate alla Protezione Animali ed al comando dei Vigili. La situazione era già nota alle autorità ma io amo pensare che il mio modesto contributo sia stato decisivo per la liberazione di Parsifal.

Dopo un paio di mesi un Commando dei Ghisa di zona liberò il nostro scortandolo poi verso l’Acquario Civico.

Per ragioni di opportunità politica dopo l’operazione delle forze dell’ordine ripresi a frequentare il ristorante e guardando con orgoglio la vasca ormai vuota.

Ieri sera, recatomi nel carcere dove Parsifal veniva trattenuto per ordinare cinque pizze da asporto, la vicenda mi è tornata in mente.

Allora, mentre la graziosa pizzaiola iniziava a lavorare la pasta, ho buttato lì: “Ma non avevate un pesce in vetrina qualche anno fa? Che fine ha fatto?”
“Lasci stare…lasci stare…” ha risposto sconsolata.
“Perché?” ho risposto allarmato.
“Sequestrato…sequestrato…c’è in corso una denuncia penale…” il cucchiaio intanto distribuiva con grazia il pomodoro.
“Ma per cosa?”
“Non potevamo tenerlo…pensi…la coda toccava la vasca! Ma come fai a dirlo…sono venuti i vigili…ridevano pure loro…hanno chiuso la via e lo hanno portato via…”
Allora ho ritenuto opportuno entrare nel personale. “Come si chiamava…?”
“Mario” ha quasi singhiozzato lei.
Ho gettato li una ridacchiata affettuosa come si fa quando qualcuno ci confida il nome del nuovo cane o quando si parla delle stranezze di un bimbo.

Lei ha gradito perché ha raddoppiato i funghi ed il prosciutto.
“E’ finito all’acquario civico…in una vasca piu’ piccolo della nostra…pensi lei!””Che razza era?”
“Un piranha erbivoro…come ero affezionata a Mario…”
“Cosa gli davate da mangiare?” ho chiesto mentre amorevolmente ruotava le pizze nel forno a legna.
“Zucchine e filetto!” orgogliosamente ha detto.
E qui mi sono sorti due dubbi: Ma non era erbivoro? Avrò fatto bene a far liberare Mario?(non credo che al Civico lo abbiano nutrito secondo abitudine…

Mentre le pizze abbondantemente farcite e ben cotte venivano infilate nelle scatole ho osato.
“Ma a chi cazzo, mi scusi i termini, ha pensato di denunciare la cosa?”
“Guardi” ha sibilato brandendo la pala con cui ruota le pizze “qualche verde…qualcuno che lo ha visto in vetrina è ci ha denunciato alla Protezione Animali…”
“Certo” ho buttato li con disprezzo “ che il mondo è proprio pieno di teste di cazzo!”
“Già…Buon anno, auguri e grazie….” ha chiosato sconsolata.

La pizza era deliziosa….


Il Maresciallo

sabato, dicembre 30, 2006

Chi sei tu?

Your results:
You are Hulk
























Hulk
80%
The Flash
75%
Robin
70%
Green Lantern
70%
Spider-Man
65%
Iron Man
60%
Wonder Woman
60%
Superman
55%
Supergirl
40%
Batman
40%
Catwoman
40%
You are a wanderer with
amazing strength.


Click here to take the Superhero Personality Test



La cosa inquitenate non è essere Hulk, è essere al 40% wonder woman...
Tec

pietas

Vedere il cappio che viene stretto attorno al collo di saddam mi ha fatto un certo effetto.
Da un lato non penso sia giusto appendere alla forca qualcuno. Dall'altro penso ai curdi, ai kuwaitiani, agli stessi iracheni e penso sia giusto così.
Lasciando da parte le considerazioni politiche, non sono ancora giunto ad una conclusione.
La mia morale mi farebbe propendere per il no. Ma tante altre considerazioni, mi portano a pensare che bel gli è stato...
E inviterei i sinistrorsi italioti a pensare ad una esecuzione (sommaria, quella volta) del nostro ex dittore e della sua amante, avvenuta più di sessant'anni fa, perchè le considerazioni di oggi su saddam valgono anche, e forse di più, per Mussolini.
Tec

venerdì, dicembre 29, 2006

si accende un cero e non se ne parla piu'

Ci sono persone, che in un modo o nell'altro, segnano i nostri pensieri, i nostri punti di vista. Altre pensi addirittura di conoscerle, perche' le cose che hanno scritto le pensavi un po' anche tu, e loro te le hanno messe giu' meglio.
La mia visione della guerra civile italiana, dei ragazzi che andarono a cercare la bella morte, si e' formata fra i 15 e i 25 anni. Ho letto tutto, da pisano' in poi.
E oggi penso, come ho scritto varie volte, che repubblichini e partigiani siano sullo stesso piano. da un lato chi prese una strada per l'Onore e chi la prese per la liberta'. ma agli occhi della Storia per me pari sono.
E questa visione l'ho trovata in Mazzantini. Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto incontrarlo, per sentire dalla sua voce come vedeva i suoi vent'anni.
Mazzantini non e' stato un nostalgico, non ha fatto saluti romani, o messo camicie nere. Ha scritto dei libri, uno bellisimo. Un libro che racconta lo smarrimento di chi dovette scegliere. E scelse per l'Onore, di se stesso.
Non potro' incontrarlo, per fargli le mie domande. E' morto ieri.
tec

venerdì, dicembre 22, 2006

La dimensione dei poveri

L’asilo di Riccardo ha organizzato una raccolta di alimentari per le famiglie povere della zona.
Donare per qualcuno che non si consoce è sempre difficile. Se uno adotta un bambino a distanza ti inviano una foto di un bambino e ti sembra che i soldi che mandi regaleranno a quel visino un sorriso (magari il bambino è scomparso ma tu continui fare il bonifico a natale pensando a quel visino). Se invece doni al buio ti devi fare un’idea di chi accoglierà il frutto della tua generosità. Non fatichi ad immaginare una casa gelida, un albero di Natale spoglio, i bambini con i visini scarni e pallidi e le manine inguantate in guanti troppo grandi e senza dita (alla Dickens).

Così, nutrito dalla mia famiglia di poveri immaginari, ho comprato pasta, tonno, sapone, spazzolini...insomma qualcosa per i poveri!


Alla fine l’asilo ha chiesto ad ogni famiglia un gioco. Mi è parso educativo far comprendere a Riccardo che a volte bisogna privarsi di qualcosa per darlo a chi ha meno e cos’, di fronte a sua madre, gli ho detto “Riki, devi scegliere un gioco da dare a qualche bambino povero!”.

“Nooooo!” ha detto lui con la stessa aria che deve aver avuto Roosevelt quando gli hanno detto di Pearl Harbour. “No papi!”.

Incalzato, scrutando le sue mensoline stipate di giochi, ha adocchiato un rotolo di fogli del quale, immagino, non conoscesse l’utilizzo.

”Diamogli il rotolone!” ha detto.

Dopo un’estenuante trattativa da un armadio è sbucata fuori una confezione nuova contenente tre paperelle in plastica facenti parte del corredo da bagno del piccolo Federico.

“Ecco diamogli quello ai poveri!” ha esultato Riccardo.

“A parte che non è tuo ma di tuo fratello e poi è un gioco da piccoli!” ho detto io.

“Ma papà” mi ha incalzato lagnoso “i poveri sono piccoli!”

Ognuno, come detto, ha la sua immagine dei poveri....

Guglielmo

La fine

Dell'impero...


Gughi

una visita inaspettata

Ieri sera ero tranquillo a casa da solo, mi apprestavo a smanettare sul mio fiammante mac book pro, quando suona il citofono.
Un volto ignoto: un uomo sui 45 anni, biondastro, una faccia da delinquente.
"is it you, Tecnologo?" mi sento chiedere. Cado dalle nuvole, come fa a sapere la mia identità digitale? e soprattutto chi è sto qui? L'accento è british puro.
La curiosità è tanta. Di nemici sul blog non me ne sono fatti troppi, alla fine sono i soliti.
Lo faccio salire, e intanto prendo la mazza da baseball, non si sa mai.
Suona la porta (e io nemmeno gli avevo detto scala e piano).
Apro, lo guardo stupito, con la mano salda sulla mazza nascosta dietro la porta.
"Hi, I'm an old friend of yours". Sì, un vecchio amico. Chi, gli dico io, scavando nella memoria del mio trascorso londinese. Come chi, mi fa lui.
Parli spesso di me e non mi riconosci? incalza.
E aggiunge, no, la mia faccia non l'hai mai vista.
E mentre dice questo da dietro la schiena tira fuori un pacchetto, tieni è per te.
Lo apro. E' un libro. Recoil.
Mentre me lo consegna, se ne va. Senza dirmi nulla, rapido e silenzioso come è venuto, se ne è andato.
Sfoglio la prima pagina.
Era lui.

Ciao Andy.

mercoledì, dicembre 20, 2006

rispetto!

 A differenza di Gughi che utilizza fiumi di inchiostro (anzi, sul blog, direi tonnellate di bit) sulla sua prole, io ne parlo poco. In fondo, il frugoletto sta passando ora da soprammobile a volta rumoroso a essere umano che interagisce.
Comincia ad avere le sue passioni (il mio mac, il mio telecomando, i miei libri, insomma tutto ciò che non è suo) tra le quali spicca la pubblicità del parmigiano reggiano (sì, il tormentone fatto su "mamma maria" dei ricchi e poveri), qualunque cosa stia facendo: mangiando, giocando, piangendo; se sente la pubblicità si gira verso il televisore e si blocca estasiato. (da quando poi ho trovato il sito e ho scaricato il video, passerebbe le ore a guardarselo).
Ma la cosa più interessante di Matteo è che comincia a farsi rispettare. Da vero uomo. Se lo prendi su e cominci a sbaciucchiarlo o vuoi fargli fare qualcosa che non vuole, di scatto porta le mani sulle tue guance, spalanca la bocca, lancia il suo grido d'attacco e ti morde. In faccia. Capita che riesca a prenderti il mento o la guancia e allora te le cavi con poco, ma se afferra tra i suoi 7 dentini il naso o un labbro sono dolori. Appena molla la presa, poi, ti guarda un po' storto  e sembra dire: "allora? l'hai capita o no che non voglio?". (l'ha provato sulla sua pelle anche il connestabile...)
In prossimità del suo inserimento nel nido questo suo atteggiamento mi tranquillizza. So infatti che si farà rispettare dal primo caratteriale (per dirla alla Gughi) che troverà sulla sua strada. Bravo Matt!
Tec
 

martedì, dicembre 19, 2006

e poi vogliono entrare in europa?

Ma siamo pazzi? (come direbbe prodi)
Ricordo ancora quando, mentre mia moglie era impegnata a espellere mio figlio, una donna musulmana, al pronto soccorso di ginecologia richiedeva di essere visitata solo da una dottoressa.
Da un lato abbiamo la turchia che ha tutti i diritti di chiedere di entrare in europa, dall'altro noi di opporci: non voglio trovarmi un domani in un paese europeo con un problemino e non venire visitato e opportunamente curato da una donnamedico che solo perchè musulmana si rifiuta di toccarmi e quindi di fare il suo lavoro. Per quanto mi riguarda queste signore possono andare a pascolare pecore alldaylong....
tec
 

lunedì, dicembre 18, 2006

a me i salesiani fanno impazzire!

Grande Bertone!

domenica, dicembre 17, 2006

Pene, d'amor perduto

Io e Big Sandrone ci serviamo dello stesso “verduraio”. Un banchetto di frutta e verdura che il sabato, durante il mercato rionale, da il meglio di sé. Il banco è una distesa di colore, uno sfregio sull’asfalto e nella puzza di gas di scarico. Un piacere comprare clementini aspri, pomodori sugosi ed odorosi di terra, mele croccanti, venate di una secca dolcezza, e noci grosse come cocchi.

Al banco ci sono cinque o sei giovani di ogni razza e credo che inscenano, ogni sabato, uno spettacolo ogni volta nuovo. Urlano, si insultano, si maledicono, si sfottono, fanno commenti di grana grossa il tutto su uno sfondo variopinto come un arazzo normanno.

I nostri, per inclinazione e professione, cercano di fregare il cliente. Il mercato, si sa, è un suk. I prezzi variano, la qualità varia a seconda della bancarella, dell’ora e del cliente.

Bisogna comprare sapendo che la fregatura è in agguato e che, per quanta attenzione si presti, è facile tornare a casa con un ananasso un po troppo in là o con una sacchetto di coste buono per un esercito e fresco, al massimo, sino al pranzo della domenica.

Quello che Big Sandrone non comprende, o che forse comprende benissimo ma che nel suo mondo manicheo rifiuta, è che mentre le multinazionali e le grandi catene di distribuzione ci fottono in mille modi ma lo fanno su carta intestata, con carte personalizzate,con etichette variopinte e con testimonial d’eccezione il mercante da mercato è in una trincea in cui la linea di fuoco tra lui ed il cliente passa per la bilancia e lo scontro non è un cannoneggiamento anonimo ma un furioso corpo a corpo.

E Big Sandrone, in questa sporca battaglia, è un maestro.

Se il mercataro tenta di vendergli le fragole in novembre lui lo rintuzza: “No le fragole no! Ce l’hai l’anguria?”
“No!” risponde
“E allora niente…dammi due finocchi!”

Se il mercataro piange per il lo scarso afflusso di clienti lui organizza tra i presenti una colletta in suo favore.

Se dalla bancarella gli vengono proposte pesche in dicembre lui, serio, chiede al loro posto la Papaia.

Se il mercataro tenta di rifilargli 20 carciofi lui, con gesti teatrali, urla “Aho, mica ho un ristorante!”
Ed alla domanda “Quante te ne do?” “E…” risponde “ dammene una cinquantina di chili!”

Insomma uno spettacolo nello spettacolo.

Anch’io, nel mio piccolo, ho le mie strategie. Se mi servono 10 zucchine, ne chiedo due (nel sacchetto ne metterà 8). Se mi servono frutti speciali, li chiedo per ultimi, come fosse una concessione all’insistenza del bancarelliere. Se mi propongono frutta e verdure che non voglio ribatto “ ne ho ancora da settimana scorsa!” Oppure”sto facendo la spesa per due giorni perché poi settimana prossima siamo in montagna!”. A volte, quando la mia sconfitta è palese, mi rifaccio boicottando per un paio di settimane la bancarella ma poi, inevitabilmente, vista la buona qualità dei prodotti, il gioco riparte.

Ma un paio di settimane fa , l’irreparabile. Sandrone, forse qual giorno un po nervoso, ha avuto, un dissidio sul resto. Io credo, ne sono certo, che si sia trattato di un fraintendimento perché Sandrone è cliente generoso e perderlo per quattro euro sarebbe davvero da idioti.

Sta di fatto che da due settimane circa Sandrone non viene piu’ al mercato.

Il titolare è in ambasce. Uno perché Sandrone è ottimo cliente e due perché anche lui si divertiva.
Ed allora, dopo i soliti pianti e le solite recriminazioni, mi regala una cassetta di clementini per i miei (che io incamero…), una Stella di Natale enorme (che io riciclo…) o mi sconta l’ananas e le noci. Come un innamorato mi chiede “E tuo padre? Gli passerà?”

Ed io lo tranquillizzo “Ma si…mio padre deve riflettere…ma vedrai si stancherà della frutta dell’Esselunga!” ed intanto, per il mio lavoro di tessitore di pace, incasso i bonus.

Poi, verso le 9 del sbaato squilla il cellulare: “Allora? Cosa ti ha detto?”
“ma chi?” risposdo a mio padre
“Il mercataro…”

Insomma…pene d’amor perduto…

Il Maresciallo

mercoledì, dicembre 13, 2006

Favola di Natale

Babbo Natale, stravaccato su una sedia a dondolo, si grattava il petto sotto la giubba verde. Non era vestito come il Babbo Natale che aveva visto sulle lattine della Coca Cola ma, pensò Marco, che forse, trovandosi in casa, era in pigiama.

"Papi...ma perchè Babbo Natale è in pigiama?" chiese.
Senza attendere un istante riprese: “Paaaaaaapiiiiiiiiiiiiiiii!”

"Sarà in pigiama perchè sta per andare a letto...come te." rispose il padre, senza guardare il monitor ed infilando contemporaneamente la testa nello studio e nella cravatta blu, decorata con delle mimose in rilievo, che stava indossando.

"Papi ma non si sente parlare" disse Marco con tono piagnucoloso.

"Non iniziare a frignare! Basta premere qua.!"

Una delle casse cadde dalla mensola trascinando con se una cornice d'argento. Il rumore del vetro che si frantumava fu inghiottito dal tintinnio delle campanelline che esplose assordante nella stanza e dalla profonda e falsa risata del ciccione che impersonava Santa Claus.

"Abbassaaaa!" ululò la madre dal bagno cercando di sovrastare la musica natalizia che il computer adesso vomitava generosamente.

Il sito finlandese, dietro il pagamento di 8 euro, prometteva una letterina personale del panzone in persona e nella lingua del bambino.

Franco aveva digitato poco prima il suo numero di carta di credito accorgendosi troppo tardi che la carta era scaduta e che quindi il sito avrebbe respinto l’acquisto.

Il primo pensiero fu che per natale non avrebbe potuto acquistare niente su internet a meno di chiedere in fretta una nuova carta. Il secondo fu che spiegare a Marco i meandri delle carte di pagamento avrebbe ottenuto come unico risultato di scatenare una scena e di ritardare cosi l’uscita di quella sera con sua moglie. La lettera non sarebbe arrivata ma c’era tempo per inventare una buona scusa.

“Papi ma come fa Babbo Natale a sapere dove abitiamo?”

“Babbo Natale sa tutto!” disse con sicurezza Franco mentre tentava di farsi un nodo decente. La serata sarebbe stata probabilmente divertente. Sempre che Antonio, il suo collega, non si fosse ubriacato come l’ultima volta.
“Papi Giovanni ha detto che Babbo Natale non esiste...” disse Marco pensieroso e voltando i palmi della mani verso l’alto. le spalle lievemente incassate, sembrava voler raccogliere con attenzione la risposta che aspettava.
“Cosa vuoi che sappia Giovanni...e poi chi è Giovanni?” disse Franco.
“Il mio amico dell’asilo!” disse alzando un pochino le spalle e le sopraciglia.
“Ah si....adesso spegni il computer che tra poco arriva Federica. La mamma e il papà escono stasera...!”
“Papi?” disse Marco con entusiasmo.
“Quando arriva Babbo Natale?”
“Tra qualche giorno...però può essere che prima mandi qualche amico, qualche folletto, a vedere la casa. Cosi sa già, la notte di Natale, dove lasciare i regali.. Quindi questa notte dormi e non girare per casa. Ok?”

“Ok Papi!” disse con entusiasmo Marco.

martedì, dicembre 12, 2006

Telekommando

Poichè momentaneamente privo della mia copia di chiavi del box dove alloggio la mia Corolla, Big Sandrone me ne ha fornito una copia.

Insieme ad essa un telecomando potentissimo che, probabilmente, il nostro eroe alimenta con una pila ad uranio impoverito. (sto meditando di invertire i telecomandi e ridare a mio padre quello piu’ scarso che per fargli aprire il cancello è necessario scendere dalla macchina...)

Stamattina mi sono dunque recato nel box a recuperare il mezzo quando, proprio sul cancello, è comparsa una Peugeot blu attendeva di immettersi in strada.

L’autista, un uomo sulla cinquantina con cappello d’ordinanza, si è innervosito per la lentezza con cui il cancello( che ha un’apertura a scorrimento) scivolava sul suo binario.

Ero ancora ad una decina di metri quando il varco del cancello cominciava ad essere sufficiente per il passaggio della Peugeot. Non ho resistito ed ho premuto, con una certa indifferenza, il bottone della chiusura. L’autista allora, puntando il telecomando verso il cancello e con una forza che sembrava dovesse mandare in pezzi l’apparecchietto, ha riaperto il varco.

Io, che ormai ero sull’ingresso, sempre ondeggiando con indifferenza il mazzo di chiavi sul fianco, ho ripremuto il bottone...


Insomma, siamo andai cosi per almeno un minuto (il tempo di entrare nel sotterraneo e di perdere ogni contatto radio con la superficie ).Alla fine è riuscito ad uscire.

Peccato fossi in ritardo gli avrei dedicato ancora un cinque minuti....


Guglielmo

lunedì, dicembre 11, 2006

mammamia quanto la fa lunga...

Prodi si cucca tre fischi e pare si tratti di un attentato o di vilipendio delle istituzioni...
Titolone in prima pagina sul corriere, seconda e terza pagina per approfondire un concetto limpido come l'acqua: a qualcuno prodi sta sui maroni.
Non mi sembra così grave.
Ciò che però appare è quanto questo gli roda. Mammamia se gli rode: si vede che diventa nervosetto, il mortadella. Gli brucia che ci sia qualcuno che lo può fischiare: che manca di rispetto nientepopòdimenoche a lui stesso medesimo.
L'ego di prodi fa a gara con quello del suo predecessore, con la differenza che a sinistra, contrariamente che dalla mia parte, non se ne sono accorti.
E infatti, ogni qual volta prodi viene attaccatto dice che sono pazzi gli altri, che non lo capiscono, che bla bla bla...
Che tristezza..................
tec

domenica, dicembre 10, 2006

il nuovo che avanza...

ne sentivo proprio la mancanza...
tec

L'oggetto del desiderio...

Altro che Zune e IPod... questo favoloso oggettino (Nokia N95) sara' mio appena possibile!

sabato, dicembre 09, 2006

il killer dell'ipod?

non esistono dati sulla vendita di zune, l'avveneristico mp3 player che, secondo micro$oft, spazzera' via l'ipod.
Beh, con un approccio diverso, vediamo i top seller di amazon. E concediamo l'ipotesi che amazon sia poco rappresentativa del mercato.
Classifica di oggi sabato:
Zune: 72° posizione
Adattatore per caricare la batteria dell'ipod: 73° posto.
Bravo bill, hai killato il carica ipod...........
;-)

tec

venerdì, dicembre 08, 2006

Una serata tranquilla

Ieri sera Susanna è uscita con le sue amiche.

Un breve e necessario stacco dalla famiglia.

Sono dunque rimasto da solo con i ragazzi.

Al mio rientro dal lavoro Fede, stroncato da un pomeriggio di danze e balli e da abbondanti libagioni, era già stato imbarcato a letto.

Riccardo, a cui avevo promesso una serata di stravizi, mi attendeva scalpitante in corridoio già impigiamato.

Ha scelto il menu (pasta in bianco) ed abbiamo pasteggiato discorrendo io e lui di Babbo Natale, del Polo Nord e dell'abbigliamento adatto per un viaggio in quei siti.

Ad un certo punto gli ho chiesto: "Dove andava la mamma?"

"Sai" ha risposto con il tono di conosce il mondo, "in quella pizzeria dove andiamo con il Davide che prendiamo la pizza..."

Ad un certo punto, conscio della serata particolare, ha buttato li: "Basta papi. Ora vorrei un bel grissino...". Accontentato (un grissino intero però perchè quelli spezzati pare non siano ugualmente saporiti).

"Ci siamo dunque trasferiti in soggiorno dove è partita la visione di "Cars".

Ogni scena del film era accompagnata dal almeno un paio di domande o commenti alle quali davo risposte puu' o meno sensate. Nelle scene piu' divertenti ci guardavo ridendo e commentando le disavventure dei protagonisti.

Ho servito il gelato (ordinato nel pomeriggio alla Susy e comprato nella nostra gelateria di fiducia). La coppetta è stata rimandata indietro perchè presentava, all'interno del fiordipanna sgradite tracce di "Cocciolato" (assolutamente proibito dalla mamma).

Verso le 20.10 ho invitato Riccardo a prendere in considerazione l'ipotesi di andare a letto.
"Prima prepara tutto!" ha intimato.
"Si ma quando ho finito vai a letto. Va bene?"
"Va bene!"
Preparata la stanza sono tornato da lui: "A posto...andiamo?"

Con il piglio di un sergente dei Marines è partito alla volta della sua camera con la faccia imbrattata di gelato ed il pigiama ormai sfatto: "NO! NO! Manca un amico!" ha detto riferendosi al peluche con cui dormire.
Dalla sua poltroncina ha urlato "Non il Tigro..."Alla fine, non avendo piu' scuse, si è diretto verso il bagno per le abluzioni serali.
E li, come previsto, è partito il loop emotivo." la mia mamma... voglio le coccole.... dove andata... non doveva uscire"
Con pazienza gli ho lavato i denti e l'ho approntato per il sonno.Una volta sdraiatosi nulla ha impedito che l'evidente farsa si trasformasse in tragedia."la mamma..la mamma...non torna piu, non torna piu' urlava tra lacrime vere (a quel punto anch\'io cominciavo ad entrare in agitazione pensando che il piccolo fosse vittima di premonizioni infauste)."Adesso dormi" ho detto con tono suadente" io vado a sistemare in cucina..."Mentre pulivo senivo urla strazianti levarsi dalla sua camera. Ormai era sconvolto dai singulti e l'intervento che facevo (comprensivo e tenero) non sortiva effetti, anzi...

Alla fine ho capito che il ragazzo cercava certezze. Voleva essere sicuro che tutto fosse sotto controllo e che io ero sicuro che sua madre sarebbe tornata. Insomma aveva bisogno che la sua ansia ed angoscia venissero contenute.

Sono entrato in camera sua come una furia, l'ho tirato giù dal letto e, dopo aver assestato una sberla (lieve…) sul pannolino gli ho detto: “Adesso basta! Si dorme! Bevi un po d’acqua e poi a nanna!”

Poi, sapendo che non ama andare a letto lasciandosi alle spalle rancori, mi sono chinato su di lui e sena dire nulla (Ogni parola poteva far riesplodere il dramma) gli ho dato un bacio ed una carezza sulla testa.

Alla fine mi sono messo davanti alla tv con ”Il cacciatore di aquiloni” di Hosseini. Ma il Dr House, comparso all’improvviso sullo schermo, ha avuto la meglio sul Pashtun.

Dopo un’ora circa di visione, come il protagonista di “Tre uomini in barca” che sfogliando un’enciclopedia medica e giunto alla lettera “G” scopre di aver il ginocchio della lavandaia ed il gomito del tennista (pur non praticando nessuna delle due attività), anch’io ho scoperto di avere un’intossicazione da medicinali contro la gotta e una pericolosa infezione interstiziale.

Guglielmo

giovedì, dicembre 07, 2006

L'ossessione del Pil ed alcune riflessioni sull'Impero di mezzo

Non passa giorno che qualcuno non stimi, valuti, riveda, scomponga, quantifichi il Pil di un paese o dell’altro.

Il Pil è il prodotto interno lordo ovvero i beni ed i servizi che un Paese è in grado di produrre in un anno e misura di quanto un paese accresce la sua ricchezza ogni anno.

Ci sono paesi che veleggiano oltre il 7/8% di crescita annua (Cina e India in testa), altre intorno al 4% (Stati Uniti) ed altri in cronica stagnazione o crescita debole (i paesi europei).

Con stupore si guarda alla crescita esponenziale di alcuni paesi come la Cina senza però considerare i costi che quella crescita comporta.

La crescita di Cina ed India, come è noto, si basa su uno sfruttamento selvaggio delle risorse naturali, sull’assoluta mancanza di rispetto delle piu’ elementari norme di salvaguardia dell’ambiente e sullo sfruttamento di un ampio bacino di lavoratori sottopagati.

Ma anche la crescita degli Stati Uniti, il paese piu’ inquinante al mondo, si basa comunque, per definizione, sullo sfruttamento delle risorse disponibili (in primis quelle energetiche).

In economia, per definizione, è dunque felice un paese che ha una crescita del Pil costante e superiore ad almeno il 3 o il 4%.

Ma sono davvero felici paesi dove la crescita è stupefacente ma dove l’aria è irrespirabile e dove vengono letteralmente polverizzate ogni giorno le risorse naturali proprie ed altrui?

La risposta è semplice ma non considera diversi fattori. Per popolazioni che vivono nella povertà anche un posto in qualche maleodorante fabbrica, sfruttati e vessati, è meglio della fame e della mancanza di qualsiasi prospettiva per se o per i propri figli.

Di recente la Cina ha introdotto un Pil verde ovvero un Pil rettificato per l’impatto ambientale prodotto. Non è, come potrebbe sembrare, un’iniziativa verde ma nasce dalla consapevolezza che la crescita cinese può facilmente deragliare per diversi fattori tra cui anche la devastazione del Paese.

Ma altri possono essere i fattori: la limitatezza delle risorse energetiche (contese da altri competitori ugualmente agguerriti), la mancanza delle piu’ elementari norme democratiche, la sostanziale incertezza del diritto e la ciclicità dell’economia.

L’assoluto unicità della Cina (per dimensioni territoriali e per popolazione) ci pone di fronte ad caso unico mai manifestatosi nella storia dell’umanità.

Le sue peculiarità la rendono soggetta sviluppi imprevedibili che per dimensione possono coinvolgere non solo l’Asia ma l’intero globo.

L’Europa e gli Stati Uniti non possono sentirsi esclusi dalla questione pensando che la Cina sia un nemico (abbandonandosi magari a facili isterismi sul pericolo giallo) perchè la maggior parte della produzione cinese viene esportata verso di noi e perchè molte delle imprese che producono (e sfruttano) in Cina sono europee, giapponesi o americane.

Tornando al Pil dovremmo quindi chiederci se abbia un senso essere ottimisti se un paese cresce e contemporaneamente brucia risorse (Acqua, aria, energia) per definizione limitate o forse, come la Cina ha intuito ed embrionalmente applica, tutto il mondo dovrà adottare un modello di Pil verde compatibile con l'ambiente.

Guglielmo

Lingua

Spesso, ascoltando stranieri residenti in Italia parlare con i loro figli nella loro lingua madre, mi infastidisco.

Perchè, dico, non devono parlargli in italiano così che si integrino meglio?

Poi, un mio amico, mi ha detto:

“La famiglia è il luogo privilegiato dell’affettività e l’unica lingua in cui tale affettività si può esprimere è la lingua natia”.

Come si potrebbe infatti comunicare con il proprio figlio in una lingua (e quindi con una cultura) diversa da quella con cui i nostri genitori ci hanno cresciuti ed amati?

In effetti, parlando di parenti o amici che vivono all’estero, non diciamo che in casa è necessario parlargli in italiano affinché non perdano le proprie radici?

Quando sento idiomi stranieri tra genitori e figli non mi arrabbio piu’...


Guglielmo

martedì, dicembre 05, 2006

Click!

L’utilizzo dei cellulari con fotocamera integrata da parte dei giovani è la spia del rapporto tra tecnologia e contenuti.

La sorprendente ed esponenziale evoluzione tecnologica mette nelle mani di chiunque (anche con mezzi limitati) strumenti di comunicazione potentissimi.

E’ possibile comunicare le proprie opinioni e riflessioni ad un pubblico ampio o inviare foto e filmati in tempo reale di ciò che ci accade.

Ma come tutti gli strumenti di comunicazione vi è un senso solo se i messaggi che si inviano hanno un contenuto.

Ed invece, è sotto gli occhi di tutti, i contenuti sono spesso odiosi: umiliazioni o foto personali (se non intime) vengono fatte girare da cellulare a cellulare come testimonianza di presunto coraggio, vendette o semplice malvagità.

Di stamattina la notizia di una ragazzina che ha tentato il suicidio perchè il suo ex fidanzatino (un caratteriale) ha fatto girare foto di lei in bagno...

Ora dico ma quale caratteriale metterebbe in rete le foto della sua ex ragazza in bagno?

Lo stesso che, probabilmente, malmenerebbe e sevizierebbe un disabile, per mettere poi un video su internet.

Lo stesso che fotografa un corpo a terra dopo un incidente stradale o il luogo di una catastrofe.

Nel caso del ragazzi disabile Google è stata chiamata a rispondere della sua “disattenzione” nel permettere che il video si diffondesse.

Credo che chi gestisce questi strumenti debba, in qualche modo, vigilare sui contenuti piu’ estremi.

Sarebbe una salutare limitazione non della libertà ma dell’idiozia (magari stabilendo un'età minima per accedere ad alcuni servizi e prevedendo una responsabilità in capo all'utente per i contenuti inviati).

Infatti i famosi 15 minuti di celebrità sono ormai alla portata di tutti ma paio essere diventati 15 minuti di triste anonimato...

Guglielmo

HCB

"Fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà di percezione convergono davanti alla realtà che fugge: in quell'istante, la cattura dell'immagine si rivela un grande piacere fisico e intellettuale. Fotografare è mettere sulla stessa linea di mira la testa, l'occhio e il cuore. Per me fotografare è un modo di capire che non differisce dalle altre forme di espressione visuale. È un grido, una liberazione. Non si tratta di affermare la propria originalità; è un modo di vivere".

Con queste parole Henry Cartier Bresson descrive perchè fotografa. Per Cartier Bresson la fotografia non è un lusus, non è un esercizio stilistico ma è un modo per capire meglio, per addentrarsi in quello che è la realtà. Infatti Cartier Bresson non è un fotoreporter alla Capa, è un artista completo, fu anche pittore, regista, scelse la fotografia perchè era l'unico modo per catturare il "momento decisivo" in un instante. Scomparso da poco, ebbe una vita molto particolare (fu prigioniero di guerra, amico dei maggiori fotografi e artisti di questo secolo).A Milano c'è una mostra allo Spazio Forma fino alla fine di marzo si intitola “Henri Cartier-Bresson: di chi si tratta?”. Assolutamente imperdibile!

HCB

"Fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà di percezione convergono davanti alla realtà che fugge: in quell'istante, la cattura dell'immagine si rivela un grande piacere fisico e intellettuale. Fotografare è mettere sulla stessa linea di mira la testa, l'occhio e il cuore. Per me fotografare è un modo di capire che non differisce dalle altre forme di espressione visuale. È un grido, una liberazione. Non si tratta di affermare la propria originalità; è un modo di vivere".

Con queste parole Henry Cartier Bresson descrive perchè fotografa. Per Cartier Bresson la fotografia non è un lusus, non è un esercizio stilistico ma è un modo per capire meglio, per addentrarsi in quello che è la realtà. Infatti Cartier Bresson non è un fotoreporter alla Capa, è un artista completo, fu anche pittore, regista, scelse la fotografia perchè era l'unico modo per catturare il "momento decisivo" in un instante. Scomparso da poco, ebbe una vita molto particolare (fu prigioniero di guerra, amico dei maggiori fotografi e artisti di questo secolo).A Milano c'è una mostra allo Spazio Forma fino alla fine di marzo si intitola “Henri Cartier-Bresson: di chi si tratta?”. Assolutamente imperdibile!

lunedì, dicembre 04, 2006

Il monolocale delle libertà...

sabato, dicembre 02, 2006

spy story

C'è qualcosa che non torna in tutta la faccenda di Litvinenko (e di Scaramella).
Se fossero stati veramente i russi, avrebbero usato proprio un modo che porta scritto sopra da tutte le parti: made in russia?
Di modi per togliere di mezzo qualcuno il kgb, o il fsb, ne ha parecchi (basta aver letto qualche spy story), alcuni dei quali senza lasciare traccia, altri che possono essere altrettanto dolorosi, se oltre ad uccidere vuoi dare una lezione per gli altri.
A me puzza un po', e mi chiedo: a chi giova tutto questo?
tec

venerdì, dicembre 01, 2006

Joyeux Noel

Il Natale è diventato, nel tempo, un giorno gioioso perchè liberatorio. E non liberatorio dal Male e dal Peccato ma liberatorio dal Natale stesso. La fine dell’estenuante periodo pre- natalizio.

Gia qualche giorno fa un amico mi confidava: “Oggi sono stato tutto il giorno in giro per regali cosi mi sono tolto dai coglioni un po di roba!”

E questo è lo spirito dominante. (anche il mio che sono già in ansia da regalo: a quello farò un regalo? Ma sei poi lui non me lo fa si offenderà? E se lui me lo fa ed io non lo faccio?).

Nel consueto delirio consumistico spendiamo cifre esorbitanti per puttanate incredibile sforzandoci di immaginare un regalo sorprendente o utile che finirà poi dimenticato in qualche cassetto o su qualche scaffalo (l’indotto poi è mostruoso. Pensiamo agli imballi, alla plastica, ai trasporti...ogni oggetto non solo si abbatte sullo spirito natalizio di ciascuno come una scure ma anche sull’ambiente circostante).

Per riscoprire lo spirito del Natale invito dunque alla visione d Joyeux Noel.
Un film sulla notte di Natale del primo anno della Grande Guerra.

Il regista ha raccolto una serie di episodi di fraternizzazione avvenuti durante la prima guerra mondiale tra tedeschi, francesi e britannici e li ha sorprendentemente condensati in questo film.

Un film semplice con sentimenti semplici che fanno quasi sorridere lo spettatore smaliziato di oggi.

Ma piano piano il film, che inizialmente appare poco credibile, commuove proprio per la sua semplicità e purezza. Nel cuore della terra di nessuno, sporchi del fango delle trincee, lontani da casa, uomini ossessionati dal nemico e dalla paura riscoprono non solo lo spirito del Natale ma quello cristiano (e non) della fratellanza.

Inizialmente la visione della spettatore è quella del soldato. Si vede il profilo della trincea oltre il quale, da una parte e dell’altra, si sente lo sguardo rapace dei cecchini.

Ma la notte di Natale qualcosa accade. Un tenore tedesco, arruolato a forza, si ritrova sul fronte a cantare “Stille Natch” per i commilitoni. Mentre la suo voce si fa strada struggente nei cuori dei soldati e nel gelo delle trincee, dall’altro capo della terra di nessuno una cornamusa scozzese si leva ad accompagnare quella voce tonante. Da un lato e dall’altro ci si accorge che “di la” non ci sono demoni ma uomini che soffrono, provano gli stessa nostalgia di casa lo stesso orrore di fronte alla guerra.

E qui l’immagine piu’ bella. Mentre il tenore, con un albero di Natale gentile dono del Kaiser, avanza nella terra di nessuno la telecamera sale dalla trincea mostrando il campo di battaglia dall’alto per quello che è: un fazzoletto di terra, martoriato dalle bombe e cosparso di corpi.


In quel piccolo albero di natale, nella potente canzone natalizia e nella struggente cornamusa lo spirito del Natale si condensa. Gli uomini, ipnotizzati, escono dalle trincea e fraternizzano.

Alla fine la sorpresa dello spettatore non è più per la semplicità dei sentimenti rappresentati(che credo che nelle situazioni estreme come la guerra si condensino nel cuore dell’uomo) ma per l’odio che non troppi anni fa ha dilaniato l’europa.

Un film da vedere, magari nei gironi di Natale, per riscoprire lo spirito natalizio.

Un film anche oper chi pensa che in ogni uomo, oltre la linea della trincea, ci sia per forza un nemico.


Guglielmo

Ma tu guarda la vita/3

Specchi

Tanto Riccardo da piccolo era frenetico tanto Federico è pacifico.

Fede rimane sulla sua sdraietta osservando il mondo che lo circonda. Non vuole essere protagonista ma semplicemente partecipe degli eventi. Osserva suo fratello con sguardo ammirato forse capendo che è ciò che piu' a lui si avvicina e sorride a tutti, felice semplicemente di esserci.

La sua velocità di accrescimento in peso ed altezza è stupefacente e tutta la sua energia sembra infatti rivolta al nutrimento.

Pigramente osserva il mondo che lo circonda.

Riccardo, forse bombardato di stimoli, era precoce in tutto.

Alle stessa età di Fede, Ricky già si girava da solo sulla pancia. Di li a pochi mesi lo avremmo trovato in piedi nel sue lettino che si preparava ai primi passi.

Rileggendo gli appunti di Susanna l'escalation di Riccardo risulta impressionante. In una foto, che teniamo in soggiorno e che ricordo quando fu scattata, il nostro mostra non solo padronanza del suo corpo ma anche una certa consapevolezza di ciò che intorno avviene.

Qui, dunque, le scuole di pensiero divergono. Io, ammiratore del professore sin dalle prime ore della sua vita, sostengo che Federico rientri nella schiera dei bambini normali mentre suo fratello sia da ascrivere nella schiera dei precoci.

Mia madre, che reputa mio fratello una specie di genio infantile ( ed in questo concordo, solo che al termine "infantile" attribuiamo significati diversi) ogni volta che gli dico "Riccardo si girava da solo su se stesso a 4 mesi" risponde "Tuo fratello, mi ricordo bene, lo trovammo in Corso Sempione al volante di una 850 "special" che aveva circa 3 mesi!"

Ma se il piccolo e tenero Fede non brilla per iniziativa sicuramente mostra un coraggio leonino (se non usiamo iperboli per i nostri figli, per chi potremo mai usarle) ed una serenità notevole (di rado piange e quando è stanco preferisce all’abbraccio il suo lettino, dove infila la mano tra materasso e paracolpi, per addormentarsi).

Ieri ha fatto una vaccinazione. Senza colpo ferire ha osservato l’ago affondare nelle sue morbide carnine guardando accigliato sua madre. Dopo, nemmeno un gemito. Riccardo, non proprio un cuor di leone, nella medesima occasione pianse ignorandomi poi per qualche ora ritenendomi colpevole di quell’attentato proditorio.

Ma in realtà, anche ora mentre scrivo, mi accorgo che in diverse occasioni si Federico che Riccardo hanno smentito, in positivo ed in negativo, l’immagine che io ho di loro.

Osservando i nostri figli crescere ci rendiamo conto di quanto poco assomiglino al nostro progetto iniziale. Se con orgoglio li osserviamo affrontare le cose della vita come vorremmo è con lo stesso sconforto che li vediamo fallire dove noi già abbiamo fallito o dove avremmo voluto veder loro trionfare.

Sempre, o quasi, sorprendendoci.


Guglielmo
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