venerdì, novembre 28, 2008

la talpa

per puro caso, avendo la tv accesa la sera all'ora di cena, ho seguito la talpa. quel trash forse-finto reality su Italia1. Ieri sera ho visto il finale. Una persona, fra tutte mi ha colpito (a parte qualche "topolona" galattica...): il trentalance. Un pornodivo. Un tizio che ti aspetti superficiale, con una cosa fissa in testa (possiamo biasimarlo?), gretto.
Invece mi ha proprio colpito perchè, nel vederlo lì, dava l'idea del personaggio tranquillo, culturalmente nella media (sopra?), simpatico.
Ieri sera, quando nel finale ha detto di essere la talpa, ha fatto una cosa che mi ha colpito e che si è sentita poco: prima ha detto ai suoi compagni che tutto ciò che ha fatto era parte del gioco e che questo non andava ad inficiare la stima che provava per loro, poi ha abbracciato gli ultimi con i quali era rimasto e ha chiesto loro: "mi avete capito?"... 
Se ha finto, lo ha fatto molto bene... ma non penso l'abbia fatto: alla fine gli attori porno maschi, sono gli unici che non fingono! 
;-)

tec

venerdì, novembre 21, 2008

Houston, Texas.

Se proprio Dio mi avesse voluto giocatore di calcetto, mi avrebbe fatto piu’ basso, con le braccia piu’ corte, i piedi piu’ piccoli ed una coordinazione ed una resistenza di fondo maggiore. Al dunque si invece orientato su un giocatore di basket. Era chiaramente distratto. Per fare le cose fatte bene avrebbe dovuto darmi una ventina (ma anche 25…) centimetri in piu’, caviglie piu’ forti, maggior coordinazione e la pelle di un colore diverso. Oggi sarei il centro dei Rockets (ormai prossimo al ritiro) e vivrei a Houston, Texas (Per circa 10 minuti della mia vita le possibilità di trasferirmi a Houston, Texas, sono state fortissime. Almeno sino a quando, circa 12 anni fa, non ho strappato il biglietto su cui la mia insegnante di inglese, che veniva da Houston, Texas, aveva scritto, in lacrime per la fine delle lezioni, il suo numero di telefono. Mentre mi abbracciava, nell’imminenza della sua partenza, mi disse che avrebbe avuto piacere, al suo ritorno da Houston, Texas, di mangiare una pizza con tutti suoi alunni. Il dettaglio che la sua classe si riducesse a me solo, all’epoca, fu giudicato insignificante. Con la maturità ho dato a quell’episodio un significato diverso.)
Malgrado quindi nel mio Dna non sia tracciato il profilo del calciatore, mi piace giocare. Con un gruppo di amici, padri di famiglia, è da circa tre stagioni che affittiamo un campetto per giocare il mercoledì sera. La mia stagione a volte si interrompe bruscamente a causa di infortuni fisici o quando il desiderio di picchiare gli avversari si fa urgente (è allora che riscopro il silenzio avvolgente del nuoto e la solitudine del ciclismo). Al momento, però, la mia stagione è ancora in corsa. Da lunedì comincio a scrutare con lieve ansia le adesioni dei giocatori e le previsioni su meteo.it. Martedì iniziò ad ascoltare il mio corpo: Tosse ? Naso chiuso? Polpaccio destro che mi duole? Schiena? Mercoledì mattina, a seconda del tempo, ragiono sull’abbigliamento e sui possibili colpi da copiare dai campioni della domenica (da qualche settimana sto lavorando ad una finta/tiro che ho visto fare a Totti e ad uno stop di Ibra. Mi è ormai chiaro che il terreno di gioco non è congeniale a quel tipo di gioco e mi sto quindi orientando verso un paio di colpi che ho visto fare in Nuova Zelanda-Isole Samoe Occidentali di rugby.) Finalmente arriva mercoledì. Se lavoro sino a tardi prendo un’ora di permesso spiegando i segreteria che devo partecipare ad un Congresso di Neuro chirurgia in vista di una seconda laurea. La cosa in genere sorprende molto le colleghe addette, piu’ che altro perché all’oscuro che ne possieda una. Alle 21, messi a letto i bambini (il denominatore comune, salvo un eccezione, è la paternità) i giocatori si presentano in campo. Quelli con i figli piu’ grandi in genere rubano a quest’ultimi maglie e scarpe . Alcuni si presentano con tute che probabilmente utilizzavano alle medie per fare ginnastica mentre un paio ho il sospetto che vengano direttamente in pigiama. Sulle scarpe esistono poi diverse scuole di pensiero. Ginocchiere, cavigliere, occhiali alla Jabbar e fasce varie si sprecano. Fatte le squadre (ho fatto uno studio: fare due squadre equilibrate probabilmente entrerebbe in contraddizione con la teoria dei Quanti e con paio di postulati del Teorema sui gas di Avogadro) si inizia a giocare. La palla scivola sul campo sintetico (bellissimo) come una biglia sul tavolo da bigliardo. I ragazzi si scatenano. C’è quello che si immola su ogni tiro nemmeno fosse “The Final” e quello che appena la sfera prende velocità si scansa perché teme danni fisici. Il campionari di professioni è variegato. Un paio di ingegneri (di cui uno convertito al marketing, che è come mettere uno specializzato in escavatori a restaurare una Madonna di Raffaello), una spruzzata di rappresentanti, un ricercatore universitario ( percorre la fascia come un treno e scarica bordate impressionanti), un appartenente alle forze armate, qualche impiegato, un artigiano, un ottico (l’anno scorso gli ho tirato una pallonata nell’orbita sinistra. Un paio di giorni dopo sono andato a trovarlo in negozio e sembrava reduce da una rissa. Un paio di suoi dipendenti, quando hanno scoperto che ero stato io, si sono complimentati) ed infine due scrittori (io e il Bolla. Gino, sul campo, pare uscito dal film “I pesci” con Julius Erving).

Sul campo si vede di tutto. Alcuni appena hanno la palla tra i piedi la sparano via. Altri non la stoppano nemmeno se gliela metti tra le mani. Un paio appena hanno la sfera tra i piedi la tirano in porta mentre altri crossano nemmeno in area ci fosse Luca Toni pronto a buttarla in rete. Io, come Ibra, mi diverto di piu’ facendo segnare che non segnando. Come Ibra mi incazzo parecchio quando perdo (le similitudini si fermano qui) e sono sempre convinto che il mio passaggio fosse millimetrico. Comunque finisca la partita resta sempre la sensazione di aver trascorso una bella serata con amici e di aver affrontato, come legionari romani, gli elementi atmosferici e di aver riscoperto il piacere di darle e prenderle.

Il giorno dopo mi lazo sempre con la stessa sensazione. Il polpaccio destro mi fa male. Mi sembra di avere due chiodi arroventati dentro le caviglie, un incudine gelata tra polmoni e diaframma ed un cassettone sui lombi. Mentre mi trascino nei corridoi dell’ufficio (piuttosto fiero della mia zoppia) immagino i ragazzi sul posto di lavoro. Li vedo sornioni spiegare a clienti, colleghi, segretarie che “ieri sera una partita incredibile. Ho preso una botta sulla coscia e stamattina quasi non mi alzavo”. Come veterani innalzano le occhiaie per la stanchezza come ferite di guerra.

Appena riesco vi farò avere una cronaca di un match.

Per ciò che riguarda la faccenda di Houston, Texas, nel caso vi venisse in mente di chiedermi chiarimenti, fatelo via mail e non davanti a mia moglie. Conosce la faccenda nel dettaglio ma, come dice Sean Connery ad un Alec Baldwin che, in “Caccia a Ottobre Rosso”, si avventura nel ventre nucleare del Classe Tifone alla ricerca del cuoco: “Stia attento con quella pistola. Quello che c’è qua dentro non reagisce tanto bene ai proiettili…”


Guglielmo

mercoledì, novembre 19, 2008

Siate sobri....ma non troppo!

L’economia rallenta. Siamo in recessione tecnica. Un modo freddo per dire che il mondo ha prodotto meno “roba” di quanta ne abbia prodotta nel trimestre precedente. La questione è seria. Più seria di quando diciamo che il nostro pianeta ha risorse limitate e che noi le consumiamo con troppa disinvoltura. E le due questioni, per chi non abbia partecipato al G20, in prima o per interposta persona, a Washington, sembrerebbero in contrasto. Ma a Washington hanno stabilito che non esiste una seria alternativa all’economia di mercato. Lo hanno capito anche i paesi comunisti. Inutile tentare di controllare un Paese con l’ideologia ed i carri armati quando è possibile farlo trasformando la propria popolazione in prostitute, forza lavoro e consumatori. Insomma abbiamo stabilito senza fallo, malgrado la crisi che squassa il sistema, che non esiste alternativa ad un sistema che riduce buona parte della popolazione mondiale in stato di semi schiavitù mentre l’altra parte viene dedicata al consumo. Già, perché l’unica soluzione seria a questa crisi è: consumare. Per fortuna a breve cadrà il Natale e quindi potremo gloriosamente radunarci intorno alla capanna con le carte di credito in fiamme per far ripartire il. sistema

Questa crisi, i cui effetti in realtà ancora non si vedono ma che a breve arriveranno, è l’occasione per riflettere e rivedere il mondo in cui viviamo. Per la ricchezza di pochissimi, sparsi in ogni angolo del globo, abbiamo consumato e prodotto. Proviamo a produrre solo ciò di cui necessitiamo. Distribuiamolo anche a chi, proprio, non ne ha. Proviamo ad immaginare un mondo in cui lavoriamo meno ore, abbiamo piu’ tempo per noi e dove non sia necessario trivellare l’Alaska per far girare in città in pianura Suv più adatti alla Patagonia. Proviamo.

Da parte mia ho stabilito un piano di riflessione sui desideri. Ho preso i miei desideri piu’ pressanti e li ho ridotti al lumicino. Li ho smontati e rimontati sino a coglierne l’essenza. Mi sono convinto, nell’ordine, di non aver bisogno per Natale di:

Hamilton Kahki copia fedele di quello utilizzato dall’esercito americano durante la Seconda Guerra Mondiale;
Un cellulare Nseries della Nokia o similare;
Un computer portatile;
Una maglietta della nazionale di calcio statunitense;
Una maglietta dei New England Patriots (anche se mi è rimasto qualche dubbio).

Non sono riuscito però a togliermi di mente che sarebbe bellissimo, e si adatterebbe moltissimo al mio personaggio, possedere una Ferrari California nera e arrivare a posseder quattro serie di Magnum P.I.

Poiché mi risulta che la California sia in prenotazione solo per consegne oltre il 2009 ho ripiegato sull’essenziale. Tramite Ibs, approfittando di uno sconto spettacolare riservato solo a me ed altre 8, 5 milioni di famiglie, acquisterò la terza e la quarta serie di Magnum. Darò il mio piccolo contributo al rilancio dell’economia.

La crisi incalza. Sarà occasione per un ripiegamento introspettivo. E quale miglior guida di Thomas Sullivan Magnum?

Per Natale, in particolare mi rivolgo al Tecnologo, fate così. prendete i vostri desideri, analizzateli, assaporate le emozioni che vi darebbe possedere quel bene per qualche giorno e poi decidete.

Se riuscite ad accantonare il desiderio, la smania, allora vi siete liberati. Sarete allora pronti, nella settimana precedente al Natale, a partecipare alla “Maratona Magnum” che si terrà nella mia magione.

Per non farmi mancare nulla, seguendo l’invito alla sobrietà del nostro Arcivescovo, mi sono procurato un Sony 32 pollici 100 hertz che è un vero gioiello (il mio vecchio televisore, sempre un Sony che io guardavo ormai con sufficienza , è rinato a nuova vita andando a dissetare gli occhi di un nucleo di studenti privo totalmente di tv color). La visione di Magnum sarà quindi arricchita da dettagli mai colti prima da occhio umano.

Riguarda all’invito sulle riflessioni ai consumi consiglio ad alcuni di voi, Archie in testa, a non prendere proprio alla lettera il mio invito. Se proprio vi tenta un Pioneer 86 pollici Blue Ray a scansione digitale costante (“S.D.C.”)e riflesso illuminante concentrato (“R.I.C.”) ed analisi stetoscopica dell’immagine non esitate. Non vorrei proprio vi tornasse in mente di riprendervi il vostro Sony 32 pollici 100 hertz.

Altrimenti tutta la mia riflessione sulla sobrietà andrebbe proprio a farsi fottere…

Gughi

domenica, novembre 16, 2008

Un Walter Zenga, c'è solo un Walter ZENGA!!!!

Sarà, ma a me Walter è sempre stato simpatico!
Varriale, ammesso che potesse avere ragione... non poteva citare l'uscita a vuoto di Zenga durante il mondiale...
Tec

sabato, novembre 15, 2008

Tra la vita e la morte

Ciò che ognuno in cuor suo dovrebbe sapere, è che non esiste una risposta al quesito che la vicenda di Eluana ci pone.

La questione di Eluana è stata spostata dal piano umano a quello filosofico, etico, religioso, tecnico, medico e, per non farci mancare nulla, politico.

Il nocciolo della questione, una vita umana confinata in un letto, un padre stremata da una vicenda capace di piegare persino un’anima in titanio, è stato spostato da una stanza di ospedale verso gli scranni, i pulpiti e le aule.

Alla radio, in televisione e sui giornali ormai si filosofeggia mentre quel corpo, quell’anima, vivono in uno stato che mente umana non può nemmeno immaginare. Nel traffico, mentre alla radio si discettava e ci si scandalizzava dall’una e dall’altra parte, ho immaginato a come ci si possa sentire (sempre che ciò accada…) a vivere a quel modo per 17 anni. O come il padre, il cui tempo residuo per forza di cosa potrebbe essere piu’esiguo di quello destinato alla figlia, possa sentirsi immaginando di morire e lasciando la figlia in quelle condizioni. Sola. E cosa possa pensare Dio, di fronte alla messe che ogni giorno la Morte raccoglie su questa terra, di un’umanità che si accanisce a trattenere un corpo ed un’anima interrogandosi su cosa sia Vita e se l’alimentazione e l’idratazione siano accanimento terapeutico o meno. Un’umanità che si volta dall’altra parte di fronte alle tante vite umane che precipitano, senza senso e senza dignità alcuna, nella fornace ma che si esalta e crede di redimersi ed elevarsi nel discutere di una sola vita.

Il problema, irrisolvibile oggi, non è adesso. Il problema è stato quando qualcuno ha deciso di sospendere il processo che portava alla morte di quella donna per lasciarla sospesa in un limbo. Il problema è stabilire sino a dove un medico si può spingere non per salvare una vita ma sospendere la morte. Già da come è formulata la domanda si comprende come la risposta possa avere una serie tale di gradazioni da divenire un quesito privo di risposta (se non per quelli muniti di un credo e di una fede monolitici).

L'unica cosa che auguro ad Eluna e a suo padre è che presto cada su di lei e la sua umana vicenda un manto di silenzio. E che oltre quella porta, sulla soglia della quale forse troppo a lungo è stata trattenuta, possa trovare una nuova Vita.


Guglielmo

sabato, novembre 08, 2008

Discorso conclusivo di Mc Cain

Grazie, amici miei, per essere venuti qui in questa bella serata in Arizona.
Amici miei, siamo giuntialla fine di un lungo viaggio. Il popolo americano si è espresso, e lo ha fatto chiaramente. Poco fa, ho avuto l’onore di chiamare il senatore Barack Obama per fargli le mie congratulazioni per la sua elezione a prossimo presidente del paese che entrambi amiamo.In una sfida lunga e difficile come è stata questa campagna elettorale, il suo successo da solo merita il mio rispetto per la sua capacità e la sua perseveranza. Ma il fatto che sia riuscito a fare questo suscitando le speranze di così tanti milioni di americani che una volta credevano erroneamente di contare poco o di avere poca influenza nell’elezione di un presidente americano è qualcosa che ammiro profondamente e mi complimento con lui per averlo raggiunto.
Questa è un’elezione storica e io riconosco il significato speciale che ha per gli afroamericani, e l’ orgoglio particolare che devono provare stanotte.
Ho sempre creduto che l’America offrisse opportunità a tutti coloro che hanno operosità e volontà di coglierle. Anche il senatore Obama lo crede. Ma tutti e due riconosciamo che, anche se abbiamo fatto molta strada dalle vecchie ingiustizie che un tempo macchiavano la reputazione della nostra nazione e negavano ad alcuni americani la piena benedizione della cittadinanza americana, i ricordi di esse avevano ancora il potere di ferire.
Un secolo fa, l’invito a cena alla Casa Bianca del presidente Theodore Roosevelt a Booker T. Washington fu preso come un oltraggio da molti. L’America oggi è lontanissima dalla crudele e altezzosa intolleranza di quei tempi. Non c’è prova migliore di ciò dell’elezione di un afroamericano alla presidenza degli Stati Uniti. Non lasciamo che ci siano ragioni per qualsiasi americano per non avere a cuore la cittadinanza in questa nazione, la più grande della terra.
Il senatore Obama ha raggiunto un grande traguardo per sé stesso e per il suo paese. Io lo applaudo per questo e gli offro le mie sincere condoglianze perchè la sua amata nonna non ha vissuto abbastanza da poter vedere questo giorno. Anche se la nostra fede ci assicura che sta riposando alla presenza del suo Creatore e che sia molto orgogliosa dell’uomo che ha aiutato a crescere.
Il senatore Obama ed io abbiamo avuto le nostre differenze e ne abbiamo discusso, e lui ha prevalso. Non c’è dubbio che molte di queste differenze rimangano. Questi sono tempi difficili per il nostro paese. E io gli prometto stanottedi fare tutto ciò che è in mio potere per aiutarlo a guidarci attraverso le tante sfide che dobbiamo affrontare.
Esorto tutti gli americani che mi hanno sostenuto a unirsi a me non soltanto nel congratularsi, ma offrendo al nostro prossimo presidente la nostra buona volontà e i più sinceri sforzi per trovare modi per riunirci al fine di trovare i compromessi necessari per colmare le nostre differenze e aiutare a ristabilire la nostra prosperità, difendere la nostra sicurezza in un mondo pericoloso e a lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti un paese più forte e migliore di quello che abbiamo ereditato.
Qualsiasi siano le nostre differenze, siamo concittadini americani. E vi prego – credetemi - quando dico che nessuna associazione di parole ha mai significato di più per me di quella.
È naturale stasera provare delusione. Ma domani dobbiamo andare oltre e lavorare insieme per far sì che il nostro paese vada ancora avanti. Abbiamo lottato, abbiamo lottato duramente quanto abbiamo potuto.
E se anche ci sentiamo giù, il fallimento è mio, non vostro.
Sono profondamente grato a tutti voi per il grande onore che mi avete concesso con il vostro sostegno e per tutto quello che avete fatto per me. Avrei voluto che il risultato fosse stato diverso, amici miei. La strada è stata difficile fin dall’inizio, ma il vostro sostegno e la vostra amicizia non hanno mai vacillato. Non posso esprimere in modo adeguato quanto vi sono profondamente debitore.
Sono in maniera particolare grato a mia moglie Cindy, ai miei figli, alla mia cara madre, a tutta la mia famiglia e tutti i vecchi e cari amici che sono stati al mio fianco attraverso tutti i molti sali e scendi di questa lunga campagna. Sono sempre stato un uomo fortunato, e non lo sono stato mai così tanto grazie all’amore e all’incoraggiamento che mi avete dato.
Lo sapete, le campagne spesso sono più dure per la famiglia del candidato che per il candidato stesso, e così è stato per questa campagna. Tutto quello che posso offrire come risarcimento sono il mio amore e la mia gratitudine e la promessa di sereni anni a venire.Sono anche, naturalmente, molto grato alla governatrice Sarah Palin, una delle migliori candidate che abbia mai visto e una nuova voce di peso nel nostro partito per le riforme e i principi che sono sempre stati la nostra forza più grande. Sono grato a suo marito Todd, ai loro cinque bellissimi figli per la dedizione instancabile alla nostra causa e per il coraggio e l’eleganza che hanno mostrato nella baraonda di una campagna presidenziale. Possiamo guardare tutti con grande interesse al servizio che Sarah Palin renderà in futuro all’Alaska, al Partito repubblicano e al nostro paese.
A tutti i miei compagni della campagna elettorale , da Rick Davis a Steve Schmidt e Mark Salter, fino all’ultimo volontario che ha combattuto così duramente e valorosamente, mese dopo mese, in quella che in alcuni momenti è sembrata la campagna più combattuta dei tempi moderni: vi ringrazio tantissimo. Un’elezione persa non significherà mai per me più del privilegio della vostra fiducia e della vostra amicizia.
Non so che cos a avremmo potuto fare di più per cercare di vincere queste elezioni. Lo lascerò decidere ad altri. Ogni candidato commette degli errori, e io sono sicuro di aver fatto la mia parte di sbagli. Ma non passerò un attimo del mio futuro a rimpiangere quello che avrebbe potuto essere.
Questa campagna è stata e rimarrà il grande onore della mia vita, e il mio cuore è pieno di null’altro se non gratitudine per l’esperienza vissuta e nei confronti del popolo americano per avermi ascoltato con imparzialità prima di decidere che il senatore Obama e il mio vecchio amico, il senatore Joe Biden, avrebbero dovuto avere l’onore di guidarci per i prossimi quattro anni.
Non sarei un americano degno di questo nome se dovessi rimpiangere un destino che mi ha concesso lo straordinario privilegio di servire questo paese per mezzo secolo. Mezzo secolo. Oggi, ero candidato alla carica più alta del paese che amo così tanto. E stanotte resto suo servitore. Questa è una benedizione sufficiente per chiunque, e ringrazio i cittadini dell’Arizona per questo.
Stanotte, più che ogni altra notte, il mio cuore non racchiude altro che amore per questo paese e per tutti i suoi cittadini, che abbiano sostenuto me o il senatore Obama. Auguro buona fortuna all’uomo che è stato il mio avversario e che sarà il mio presidente.
E chiedo agli americani, come spesso ho fatto durante questa campagna, di non disperare per le nostre difficoltà attuali, ma di credere, sempre, nella promessa e nella grandezza americane, perché nulla qui è impossibile..
Gli americani non mollano mai, non ci arrendiamo mai. Non ci nascondiamo mai dalla storia. Noi facciamo la storia.
Grazie, che Dio vi benedica, e che benedica l’America.

mercoledì, novembre 05, 2008

Change Can Happen...


Ovunque si può cambiare...

martedì, novembre 04, 2008

Dio bendica l'America

Oggi, negli Stati Uniti, si vota.

La forza degli americani è nella loro capacità di riconoscere un leader e di seguirlo. Nei momenti piu’ cupi della loro storia hanno avuto la forza di seguire le idee di un uomo e di uscire dall’impasse in cui erano piombati. Sono stati in grado di mettere in discussione le loro idee e le loro convinzioni e di affrontare il futuro. Dal Paese dilaniato dalla Guerra Civile e dalla questione della schiavitù sono usciti seguendo la via tracciata da Lincoln. Quale nazione, dopo essere stata devastata da una simile guerra fratricida (la Guerra Civile americana è il conflitto nel quale è morto il maggior numero di americani) sarebbe restata unita trovando, pur tra mille difficoltà e contraddizioni, una via comune?

Tra il ’29 ed ’44 gli Stati Uniti affrontarono la duplice sfida di superare la Grande Depressione e di trasformarsi da una nazione isolazionista e di fondo pacifica (con un esercito ridotto ed una limitata capacità militare) in una potenza capace di combattere su due scenari lontani e differenti (Europa e Pacifica) uscendone vincitrice ed imponendo un modello (con tutti suoi limiti e le sue storture) capace di garantire pace e prosperità per una buona parte del Mondo.

Quale nazione si sarebbe sollevato da una sconfitta non solo militare come quella del Vietnam?

La capacità di raggrumarsi intorno ad uomo, ad un’idea e rivolgere lo sguardo verso un’ideale. E’ questa credo la forza di questa Nazione.

Washington, Lincoln, Roosevelt, i due Kennedy, Martin Luther King, Malcolm “X” e tutti gli uomini del Pantheon americano hanno contribuito a formare la coscienza e la fibra di questa nazione e sono stati gli uomini intorno a cui i dubbi, le paure e le incertezze del Manifesto Destino si sono raggrumati ed hanno trovato risposta.

Ciò che percepiamo in Italia, leggendo i nostri giornali, è limitato al colore della pelle di Obama, al fucile della Palin ed alla prigionia di McCain.

Dietro c’è di piu’. C’è un modello economico e sociale in crisi da diversi anni che cerca una risposta. C’è un problema di Leadership mondiale venuta meno. C’è il problema del pianeta che muore che esige risposte forti ed immediate (Silvio ha già detto che sono piu’ importanti un paio di punti di Pil rispetto alla questione degli alberi. Al limite pianteremo un po di cactus in giro e risolveremo il problema) e c’è una nazione che fatica a riconoscersi in Bush ed in ciò che l’America stessa è divenuta.

La risposta di questa Nazione in perenne cammino la scopriremo stanotte.

Obama non è un guaritore o un santone. E’ un uomo che ha una visione. Ciò di cui oggi tutti, anche chi non vive tra Messico e Canada, abbiamo bisogno.


Guglielmo

Alltop

Ho promesso al mio amico Guy che avrei fatto pubblicità ad Alltop...
Ho messo uno sticker qui a destra e la raccolta di italy.alltop.com.
Dateci un occhio: vi costa pochi istanti ed è interessante.

tec

ps: se poi avete letto "the art of the start", non potete farvi mancare Reality Check

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Il bollettino della Vittoria

"La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta."

In ogni borgo, paese, città c'è un qualcosa che ci fa sentire parte di una stessa Nazione. Non parlo della solita lapide che ricorda il soggiorno o il caffè bevuto da Garibaldi (ogni volta mi stupisco: come diavolo ha fatto Garibaldi a dormire in tutti i paese/paesini italiani?).
Mi riferisco piuttosto al Bollettino della Vittoria.
Il Bollettino, per chi lo ha letto con attenzione, si conclude con: "Firmato Diaz" (che poi secondo wikipedia non ne fu l'autore..).
Il grado di analfabetismo in Italia era altissimo (35% nel 1920). E tanti nostri connazionali, per lo più contadini, pensando che "Firmato" fosse un nome, chiamarono il loro figlio proprio così:"Firmato".
Oggi, insieme a chi perse la vita nella Grande Guerra (compreso un bisnonno...) voglio ricordare questi Italiani, che per amore di patria, condannarono i propri figli ad un nome sbagliato.

tec

lunedì, novembre 03, 2008

quanto mi piacerebbe...

 E lasciamo che i fricchettoni di LA e i radical chic di NY si lamentino...
peccato che non sarà così!
Tec

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