lunedì, aprile 30, 2007

Disneyland Paris


Perche' Disneyland Parigi? Prima di tutto si e' trattata di una combinazione di miglia Alitalia in scadenza e dell'offerta sui bambini fino a 7 anni gratis, a cui si e' aggiunta la voglia di esplorare questo mondo di cui tanto avevamo sentito parlare.

Se a questo si aggiunge una insperata primavera Francese particolarmente temperata e una scarsa affluenza di pubblico data dal fatto di muoversi prima del ponte del 25 Aprile, ecco che si ha in complesso una esperienza davvero piacevole e rilassante.

Cosa mi e' piaciuto di piu'? Delle attrazioni direi:
- Lo Star Tours, disegnato da George Lucas, e' qualcosa che aspettavo da una vita.
- Il musical del Re Leone, che in 35 minuti riassume la trama del film con scenografie, coreografie e canto dal vivo di qualita' davvero eccezionale
- I Pirati dei caraibi per la qualita' delle animazioni e delle ambientazioni
- Il Volo di Peter Pan, che nonostante non sia tre le attrazioni piu' recenti e' davvero emozionante
- It's a small world, che ho fatto per ben quattro volte trovando ogni volta un dettaglio nuovo
- La parata Once upon a dream

Ma oltre a questo e' da segnalare il parco pulito, ordinato, con tanti angoli di verde e fresco per riposarsi, personale sempre disponibile e gentile e sempre qualcosa attrazione da fare o spettacolo da vedere.

Insomma, una vacanza davvero spensierata e da consigliare (ma fuori stagione!)

E ovviamente, se qualcuno cerca di superarvi mentre fate la fila, parlategli pure in italiano: 90 volte su 100 e' un paisa'...

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La volpe...

E l'uva...

venerdì, aprile 27, 2007

Ooooooooopsssssssssss!

Ma come è possibile?

Cosa diranno i soliti republicone?

Auguri!

Al (fratello) più grande.

giovedì, aprile 26, 2007

Apple un passo avanti a tutti

a furia di sentire parlare di mac mi sto convincendo che la mela è il top.
poi se escono gadget del genere....http://www.apple.com/downloads/dashboard/transportation/milantraffic.html

martedì, aprile 24, 2007

Via Satta

Ieri, per una denuncia di smarrimento, mi sono recato nel commissariato della Polizia di Stato di Via Satta. Il commissariato, ed il quartiere in cui si trova, sono il terreno su cui si muovono i poliziotti dei romanzi di Biondillo.

Come ho già scritto è stuzzicante leggere polizieschi ambientati in realtà che si conoscono. Si apprezza l’aderenza al vero dello scrittore e l’immaginazione, conoscendo i luoghi, è libera di spaziare su trama e personaggi. Insomma, la scrittura assume una consistenza diversa. Inutile dire che i grandissimi, pochi, quando scrivono non hanno bisogno di simili vantaggi. Se uno legge Steinbeck immagina i frutteti e le valli della California. Se legge Stevenson, anche solo in italiano, sente l’odore del legno marcio dei vascelli e la sabbia scricchiolare sotto gli stivalacci.

Mi sono dunque chiesto che effetto faccia la lettura dei romanzi di Biondillo ad uno che non sia di Milano e al quale “Quarto Oggiaro” non evochi nulla.

Ma ancora di piu’ mi sono chiesto che effetto faccia fare il poliziotto in quel commissariato e leggere le storie di polizieschi ambientati sul proprio “posto” di lavoro.

Con questa curiosità letteraria sono dunque entrato nell’edificio che in Via Satta amministra l’ordine pubblico.

E così, mentre osservavo le occhiaie del sovra intendente che armeggiava con la tastiera, mi chiedevo chi, tra i poliziotti che in borghese si aggirava per i luminosi corridoi della palazzina, potesse essere l’ispettore Comaschi o Ferreri. Intanto rispondevo solerte alle domande mentre il poliziotto lottava con il mouse e con la noia e la stanchezza. Fuori, oltre la finestra, il caldo surriscaldava il verde appena scosso da una brezza. Due poliziotti in borghese, manette in vista e pistole volutamente mal celate, prendevano radio e caschi da moto e, con sguardo truce, si gettavano nella mischia.

Scrutavo anche il sovraintendente in attesa di una varco nella sua concentrazione per scoccare una domanda che , ne ero certo, avrebbe spezzato il nostro balletto poliziotto cittadino.
L’avvio della stampa, una lieve vibrazione da sotto il tavolo, è stato il segnale.
“Posso farle una domanda?”
“Dica” ha detto un pò sorpreso.
Ho scelto con cura le parole.
“Una curiosità...lo sa che c’è uno scrittore, che immagino viva in zona( ho gettato lo sguardo oltre la finestra), che scrive di questo commissariato? Che parla di due poliziotti, due ispettori (non un commissario. Ma due ispettori. Vicini a lui di grado dunque), che lavorano qui?”
Gli occhi stanchi, non solo per mancanza di sonno, si sono illuminati. Un lampo di curiosità, forse di orgoglio.
“No..no...è la prima volta che qualcuno me ne parla...” non ha saputo, per l’improvvisa deviazione della denuncia, articolare altre domande ma vedevo che voleva continuare a parlare.

“Sono belli...pensavo che l’autore si fosse fatto vivo...le do il titolo?”
“Si...Si..” ha detto prendendo la bic ed un foglio bianco.
“Biondillo...editrice Tea...sono due libri. Per cosa si uccide...”

Ho restituito la denuncia firmata: “a posto...?”
“A posto...”
“Grazie...”“Grazie a lei...”

Spero che compri i libri e che sparga la voce nel commissariato. Fossi l’autore avrei regalato una decina di copie a quegli uomini.

Alla tv i poliziotti paiono sempre impegnati a fare sesso, a mettersi il gel sulla piega e ad arrestare narco trafficanti alla Miami Vice. Quello di ieri era un poliziotti di quelli veri. Che lotta con la busta paga ed intanto consuma le scarpe a furia di stare in strada. Con un pò di pancetta e la barba sfatta da turnista. Ma in quel lampo begli occhi ho rivisto l’orgoglio e la curiosità di quando, ragazzo, è entrato in Polizia.

I libri di Biondillo, con tutti i limiti possibili, riportano questi poliziotti.

In lotta con il mondo e spesso con se stessi svolgendo lavoro logorante e spesso poco gratificante, dimenticando, nella routine, che per un cittadino impaurito o in pericolo, la comparsa di una Gazzella o di una Pantera spesso significa salvezza.


Guglielmo

Un gioco

in poco più di un anno di vita, Matteo ha ricevuto parecchi giochi. Alcuni li ha solo sfiorati con lo sguardo, altri sono stati suoi compagni per qualche ora o giorno, e poi sono finiti nel dimenticatoio.
Ama alla follia lalla dei teletubbies: la chiama a gran voce quando la vede in televisione (tra l'altro a breve farò una petizione per eliminarli: NON NE POSSO PIU'!!!)., la prende, urla il suo nome (un misto di lalla e iaia), me la porge e poi la riprende per mordersela.
 
Ma nessun gioco compete con il suo preferito. Una digressione, ritengo che i giochi, soprattutto quelli che emettono musichette e suoni debbano essere dotati del tasto on-off, altrimenti è una tragedia. Il preferito di Matteo, ahimè, produce suoni. Ma di fronte alla sua passione ci passo sopra.
Ha tutte le caratteristiche del bel gioco: è solido, emette suoni, è colorato, si muove non autonomamente (così eviti di camminarci sopra inavvertitamente), ha dei punti che possono essere agevolemente essere messi in bocca, fa un discreto baccano se picchiato contro il pavimento, un vetro o la propria testa, e una solida maniglia per portarlo in giro gattonando.
E' un'ambulanzina che ha tre suoni: uno attivato dal paraurti, uno sopra per far partire la sirena, uno ai lati che dice "let's go!".
E' il gioco preferito di matteo. E gliel'ha regalato la "causa" della sua esistenza. Il mio amico Gughi.
 
Tec

venerdì, aprile 20, 2007

La caccia è finita: Richler

Sono tanti i libri che ho inseguito, e molti di più quelli che sto ancora inseguendo. Tra questi ultimi, la mitica edizione de "L'affaire moro", in prima edizione con l'incisione originale di Fabrizio Clerici oppure e meglio ancora la mitica cartella "Les Automates" di Edo janich. Questi volumi, sono non solo rari, ma anche preziosi, e ciò li rende difficilemente reperibili.

Uno dei libri che ha impegnato il mio tempo, meno prezioso, meno recente, ma non per questo meno desiderato. Il suo titolo? Scegli il tuo nemico (di M. Richler).

Contrariamenteo a quanto comunemente si pensa, Richler fu pubblicato per la prima volta in italia dalla casa editrice e/o nel 1991, con questo suo volume. ebbe scarso successo all'epoca, vuoi per l'editore, vuoi per il fatto che pubblicare nle 1991 un romanzo del 1957 è sempre un rischio. Per questo motivo, non si trova in commercio il volume.
Per chi, come me, ha amato "La verisone di Barney", era impossibile non iniziare la caccia. Difficile, perfino più di quella dei titoli più preziosi, proprio a causa della data di pubblicazione troppo recente e del fatto che sotto il profilo economico, il libro non vale nulla.

Non dirò come l'ho trovato e chi ho dovuto corrompere (un libraio di Bari ha ricevuto la sua provvigione più importante), in ogni caso ora è nelle mie mani.

"Ernst si trovava ancora nella zona orientale, a circa novanta chilometri da Berlino, quando il camion emerse dal nulla così inaspettatamente che sembrò essersi materializzato dalla pioggia. Ernst fece segno con la mano. Il camion si fermò e lui saltò su, sedendosiaccanto al guidatore.
Dove devi andare?
Berlino - disse Ernst, chiudendo la portiera
"

Comincia la lettura.

mercoledì, aprile 18, 2007

Si temono

Scontri tra cinesi ed interisti!

una storia di tecnologia

Come si sa da un po' di tempo, la tecnologia mi piace. assai.
Più di un anno fa, su un sito che si chiama Tevac, roba da fanatici della mela, venne richiesto un aiuto per dotare un ragazzo disabile di un mac. In poche ore, vennero raccolti i soldi per il computer e altri strumenti che consentissero a questo ragazzo di poter comunicare col mondo. Quando, tramite un suo amico, si trovò di fronte il mac scoppio' di gioia. Lo seguo da ottobre, dal suo primo post sul suo sito e l'ho, per così dire, tenuto d'occhio: volevo vedere se andava avanti a raccontare e raccontarsi. Non solo scrive, ma tramite il sintetizzatore vocale ha il suo bel podcast.
Il suo primo messaggio diceva, tra l'altro: "Ho 30 anni e sono sulla carrozzina, poi non parlo, ma capisco BENE, e scrivo col computer".
In questo periodo dove stiamo per sceglierci i figli geneticamente, l'esempio di come la tecnologia ci renda tutti uguali è una gran cosa.
Se volete leggerlo o sentirlo, andate qui.
tec

tocchiamo ferro

 
Sono un po' assente perchè ho cambiato lavoro: da qualche giorno infatti sono un autotrasportatore, mi trovate o sulla Torino-Milano o sulla Milano-Venezia. Oramai conosco tutto, comprese le postazioni degli autovelox...
E' un bel lavoro e si conoscono tante persone, nelle code che sono disseminate lungo la torino-venezia...
 
tec

martedì, aprile 17, 2007

Nel nome del padre

Periodicamente si ripropone il problema dei bambini maneschi e violenti. Ho sempre detto a Riccardo, trasmettendogli la mia regola di vita, di non menare le mani se non in casi estremi e lasciar perdere provocatori e violenti. Riccardo è un bambino fisico, amante della lotta e delle battaglie, ma non è cattivo (salvo quando ha tentato di annegare il cugino nella piscinetta...).

Ma la nostra vita è piena di caratteriali: il collega che nessuno frequenta e ci si accorge che è malato dopo due mesi che manca, l’amico con cui si gioca a calcetto e con cui nessuno vuole stare in squadra, il vicino che vi invita a vedere la partita su Sky ma per il quale risultate sempre all’estero per lavoro...

Riccardo, ieri, è rimasto coinvolto in un tafferuglio con uno di questi soggetti. Un caratteriale, figlio di caratteriali, si è presentato all’oratorio con un bastone raccolto per strada. Dopo un tira e molla con sua madre il piccolo ha lasciato il bastone all’ingresso dove Riccardo, noto curioso, è andato a recuperarlo.

Susanna, con fermezza, ha fatto posare l’arma a Riccardo ma a quel punto il caratteriale ne è rientrato in possesso. La madre, sudata per il primo sforzo educativo, ha lasciato correre ed è finita che il caratteriale si è riappropriato del bastone.

Riccardo, a cui non difetta il senso di giustizia ma pure la propensione a non farsi gli affari suoi, ha ripreso il bastone e lo ha spezzato in due.

Il caratteriale, per risposta, ha colpito il mio pupillo in testo con un moncone del suddetto bastone.

A questo punto del racconto, ieri sera dopo il lavoro, mi sono parecchio innervosito.

Stamattina ho parlato con Riccardo che ha confermato all’accaduto.

Visti i precedenti gli ho detto:

“Riccardo lascia perdere quel bambino. Non è capace di giocare tranquillamente con gli altri bambini. Se poi ti da fastidio tu ti allontani senza guardarlo. Se poi ti insegue allora gli dici che non vuoi giocare con lui. Se poi ti fa del male ti giri e gliele suoni. Se poi qualcuno si fa avanti per lamentarsi tu mandalo da me.”

Oggi Riccardo incontrerà nuovamente il caratteriale di ieri. Spero si attenga ai miei consigli...

Guglielmo

Non avevo...

venerdì, aprile 13, 2007

Traffico

La Fiat sta pensando, sulla nuova 500, di installare un apparecchio sul quale appaiono, a scelta del pilota, faccine, omini che ballano, saluti ed insulti agli altri autisti.

A parte che già la gente utilizza mentre guida la radio, il cellulare e fuma se poi si mette a selezionare pure le faccine sul lunotto allora diventa meno rischioso girare a Bagdad avvolto nella bandiera americana.
Già dobbiamo tollerare gli adesivi di “bimbo a bordo” (vorrei inserire anche le tendine parasole di Winnie Pooh, ma poichè le usa Archie e deve darmi un Dvd che ha comprato per 8.99 euro in Finlandia preferisco glissare).

Quale messaggio vuole dare agli altri utenti della strada un espositore di adesivo “Bimbo a bordo”?

Può essere che all’improvviso il bimbo vomiti e quindi frenerò nello spazio di 2 metri per evacuare la vettura rapidamente?

Oppure: hei non tamponatemi ad un incrocio! Non guidate ubriachi fradici nei miei pressi! Colpite quelli senza adesivo che tanto non hanno un cazzo a cui pensare. State piu’ attenti del solito. Qui ci sono bambini!

Attento perchè vado piano perchè ho un bimbo a bordo? Piano quanto? E perchè?

Oppure vuoi solo dire ad una possibile ex che incontri nel traffico: hei, hai visto, ce l’ho fatta. Ho un figlio!

O cosa? Alcuni, con due bimbi, ne mettono due. Ci sono forse sgravi fiscali di cui non sono a conoscenza?

Oppure. Attenti, guido male. Stanotte non ho dormito per il bambino ha la febbre.

Insomma la gente trova l’adesivo nel biberon e lo attacca. Senza sapere perchè.

A meno che faccia come uno che lascia la macchina nella mia via. Sul suo adesivo c’è scrtitto:

“Attenzione: bimbo a bordo. E sta guidando”


Gughi

La rivolta dei boxer

Gli incidenti di Via Paolo Sarpi sono un fulmine a ciel sereno. Non perchè non si sapesse delle tensioni della zona ma perchè era impensabile che la comunità cinese scendesse con tale virulenza in strada. Conosco la strada per averla frequentata da studente e poi da consumatore. I negozianti hanno quasi tutto ceduto alle lusinghe dei commercianti cinesi (lusinghe monetarie ma anche la percezione della progressiva ed irreversibile trasformazione della via). Da via di shopping si è trasformata in magazzino e centrale di smistamento e produzione (più o meno in regola) delle merci Made in China. La comunità cinese, nota per essere piuttosto chiusa, è restia all’integrazione ed anzi, come avviene in tutte le città del mondo, ha creato una città nella città.

A sentire Saviano i cinesi sarebbero responsabili, nel porto di Napoli, dell’ingresso di merci contraffatte, o comunque che eludono la dogana, che poi si riversano in tutta Europa. Nei laboratori cinesi bambini, donne ed uomini, in condizioni di semischiavitù, trascorrerebbero giorni e notti in condizioni malsane impegnati nella produzione di manufatti. Nel dettaglio di via Sarpi, i residenti e non sono esasperati dal traffico indisciplinato di furgoni ed auto e dal via via di carrelli e carrellini che intasano i marciapiedi rendendo esasperante la circolazione di pedoni ed automobili.

Tutto il resto fa parte del razzismo, che nessuno risparmia.

L’episodio di ieri non è stato, come sembra, casuale. La decisione, piuttosto insensata, di chiudere la via trasformandola in isola pedonale fa il paio con quella della Regione di chiudere i call center che non rispondano ad una normativa piuttosto stringente (atrio di certe dimensioni, bagno in proporzione alle cabine). Mi sembra che invece di affrontare i problemi sul terreno (infiltrazioni terroristiche nei phone center o problemi di legalità e civile convivenza in Paolo Sarpi) si pensi di dare un bel colpo di spugna con normative stringenti che piu’ che curare, soffocano il problema.

Non tenere conto dei lavoratori e dell’indotto dei phone center (grazie ai quali vivono parecchie famiglie) o pensare che all’improvviso chiudendo Sarpi i cinesi si volatilizzino spostando il loro commercio altrove (altrove dove poi? In un’altra potenziale Sarpi) è miope.

L’errore è stato quello di lasciar fare sino ad oggi e di permettere che la comunità cinese si chiudesse al punto da divenire impermeabile alla legalità. La soluzione è quella di trovare una soluzione condivisa da tutti sradicando, come diceva ieri un assessore della Provincia, la pericolosa pianta dell’intolleranza.

Detto questo, quando ho visto le bandiere cinesi sventolare per la via, quando ho letto le reazioni del Console e di Pechino (noti per la loro tolleranza e democrazia), quando ho visto i vigili (ritengo folle accusarli di aver malmenato una donna ed un bambino) assaliti e chiusi in macchina mi sono arrabbiato e parecchio e, d’accordo con la nostra Letizia (cotonatissima nell’occasione) credo che in qualunque caso non debbano esistere zone franche e comunque la violenza non sia mai la risposta.

Tornando a casa ieri ho ascoltato radio Popolare. Nettamente schierati con i cinesi e contro Ghisa, Polizia e Comune. Come detto qualche errore forse c’è, ma schierarsi con chi usa violenza non è una scelta saggia e lungimirante.


Il Maresciallo

giovedì, aprile 12, 2007

Lo scudetto 2005 lo hanno vinto sul campo...

Auguri Matteo

Il 12 aprile del 2006, pressapoco a quest'ora, mi trovavo in compagnia della mia signora, in un nosocomio, per scoprire in prima persona che i bambini non vengono mica portati dalle cicogne o si trovano agevolmente sotto i cavoli.
Il suddetto bambino poi, nonostante proprio intorno a quest'ora ci venisse prospettata un'uscita agevole, impiegò solo 17 ore per passare dallo stato di "pesce" a quello di "soprammobile rumoroso" (sarebbe passato a "bambino" intorno al settimo/ottavo mese quando ha cominciato a interagire con me). Già allora si fece riconoscere, indicando i tratti principali del suo carattere, che può essere facilmente ridotto a 5 parole: "Si fa come dico io". Se decide di travagliare per 17 ore, non ci sono minacce o preghiere che tengano. Se decide che alle 2:30 di notte vuole del latte glielo si deve dare. Se decide di vedere i teletubbies, nonostante tu stia vedendo la milano san remo, si devono vedere. Se decide che lui il cappellino non lo vuole, poco conta che fuori ci siano 5 gradi sottozero... Insomma, il nuovo capo è lui.
 
Intorno a quest'ora mi chiedevo come nascesse e si sviluppasse l'amore per un figlio, cosa che per i padri è diversa non essendoci quel legame di carne che le mamme hanno (il prezzo che pagano sono però le 17 ore di travaglio e altre cosette...). E ancora oggi non ho mica capito come si forma, cresce, pervade. So però che c'è. E tanto mi basta.
Auguri Matteo.
Tec

mercoledì, aprile 11, 2007

SHAH MAT

A volte la vita è come gli scacchi. Qualcuno ha detto: gli scacchi sono la migliore rappresentazione della vita, insieme al teatro. Facce opposte della stessa medaglia: la rappresentazione, il calcolo. La recitazione e il procedere delle pedine. La partita ha una sua vita autonoma e le 64 caselle - bianche e nere - sono il palcoscenico in cui si recita la vita. Infinite combianazioni, non una partita uguale all'altra, anche se le mosse sono le stesse. L'infinito dipanarsi dei sentieri che si biforcano e si intersecano, direbbe Borges.
l'ultima partita di Capablanca è il tema di Shah mat, ultimo incompiuto romanzo di Gesualdo Bufalino. Scrittore siciliano, fu scoperto quando aveva sessant'anni, da Sciascia che lo definì "uomo che aveva letto tutti i libri". Personaggio coltissimo, mi pare di poterlo accostare a quella schiera di singolari personaggi siciliani che stanno in attesa che qualche cosa accada, che qualcuno li scopra: Tomasi di Lampedusa, Lucio Piccolo, e così via. Siciliani pigri e orgogliosi.
Autori di grandi capolavori, tutti si riconoscono - magari loro malgrado - nella definizione che Sciascia diede della Sicilia: una terra irredimibile. Pigri perchè sconfitti, stanchi pur senza aver lottato.
Ultimamente ho conosciuto due siciliani di spicco: il Professore (e Critico) e lo Scrittore. Enrambi siciliani. Entrambi coltissimi. Entrambi settantenni.
Il Porfessore, stimato in Italia e all'estero (insegna anche a Yale) è una delle menti più lucide della critica di questi anni e, direttore editoriale di nota casa editrice, trasceglie il meglio della letteratura contemporanea e ne scrive sul Sole 24 Ore.
Lo Scrittore, dal canto suo, vanta un capolavoro assoluto, scritto al principio degli anni settanta, e altri volumi minori, olre ad una innumerevole serie di interventi giornalistici.
Ebbene, per quanto di estrazione simile, per quanto brillanti e - in definitiva - simili, lo Scrittore odia il Professore.
Feroce con le sue battute, pur sapendo che mi lega al professore un rapporto di coridale e formale amicizia, l'altra sera a cena lo scrittore mi dice (presenti altre persone): "ma Lei lo sa come abbiamo soprannominato il Professore?"
"No", rispondo io, temendo giustamente il peggio.
"Sa, per via della sua propensione a raccontare palle, lo abbiamo soprannominato il Barone di Minchiausen"
Illumianto, lo sctittore. Scacco matto.

martedì, aprile 10, 2007

Dal nostro agente in Giudea

Chi mandò a morte Gesu’ e perchè? Perchè un uomo che predicava la pace e che non si poneva a capo di una rivolta contro l’ordine costituito fu giustiziato? Quali inevitabili intrighi politici accompagnarono la vicenda terrena di Gesù?

A queste domande prova a dare risposta Mimmi Franco nel suo libro “Dal nostro agente in Giudea”.

Un libro che vale la pena di leggere solo per le domande a cui prova a rispondere.

L’autore, partendo dai Vangeli, apocrifi e non, e dai testi che riguardano il Salvatore, prova a ricostruire la situazione politica della Palestina inserita nel contesto piu’ ampio dell’Impero Romano illuminato dal lento tramonto di Tiberio e dalle lotte per succedergli.

A personaggi reali, Pilato,Caifa, Maria, i Discepoli, Nicodemo e via dicendo, si affiancano agenti segreti, sicari e poliziotti, che tessono e disfano complotti a danno e protezione dell’Uomo.

Un thriller politico insomma, dove il Nazzireo non compie miracoli ma guarigioni e dove i tormenti del Messia emergono con tutta la loro forza.

L’accuratezza con cui vengono descritti i luoghi ed i riferimenti precisi alla realtà ed ai costumi dell’epoca rendono la narrazione credibile e fluida.

Lo scrittore,riesce, secondo me, nell’impresa di accompagnare il lettore alla scoperta di una interpretazione diversa della vita di Gesù. E malgrado la visione “terrena” della vicenda il Gesù descritto, nelle pagine di Mimmi, quando declama con calma le parole riportate nei Vangeli, si anima di una forza e di un carisma immenso.

La bellezza dell’esperimento, forse nemmeno cercata, è che mettere in bocca ad un uomo le parole del Vangelo, così semlicemente, senza nemmeno il supporto dei “miracoli”, trasforma quell’uomo in qualcosa che non ha confronti ne prima ne dopo di lui. Ed il carisma e la grandfezza del protagonista sono proprio resi dal pronunciare quelle parole che l'autore, per quanto ovvio, può solo riportare senza nulla aggiungere.

La forza e la semplicità di quelle parole ci fanno comprendere quanto rivoluzionario ancora oggi sia il messaggio della Salvezza.

Ma il libro, come ha dichiarato l’autore ad una radio israeliana, è anche una chiave di lettura per l’Israele di oggi dove i protagonisti cambiano ma il risultato, l’odio, è sempre lo stesso.

“Il nostro agente” dunque nulla aggiunge e nulla toglie al credente. E’ semplicemente il tentativo di dare un’interpretazione, perfettamente compatibile con le Scritture, della crocifissione.

Il riflettere sulla vicenda terrena dell’uomo, così come visitare i luoghi in cui gesù ha vissuto e predicato, riporta con forza al messaggio dei Vangeli.

Il consocere il finale non toglie nulla al raccomto.

Per chi poi vuole approfondire il conflitto arabo israeliano suggerisco, anche senza averlo ancora letto, un libro descritto come equilibrato, scritto da BEN-AMI-SHLOMO.

Per provare a guardare la Storia con gli occhi dei giusti.


Guglielmo

venerdì, aprile 06, 2007

Il signor

Rossi...

Gughi

giovedì, aprile 05, 2007

Alla fine...

Non è colpa di nessuno.

Non di chi sui giornali mette si sputa addosso nel nome di uno o dell'altro.
Non è colpa di chi dice è contro natura e che è una malattia.
Non è colpa del bullsimo e dei nostri figli che non conoscono piu' il rispetto dell'altro e del diverso. Non è colpa dell tv o di internet che trasformano tutto in macchietta e che hanno fatto sparire il confine tra pubblico e privato tra intimo e palese e dove la Vita e la sessualità diventano usa e getta..

E colpa sua perchè era troppo sensibile...

Guglielmo

Telecom

E’ sconfortante leggere le reazioni che suscita l’assalto americano a Telecom. Nel corso degli anni, dalla sua privatizzazione, Telecom è passata di mano in mano garantendo plusvalenze di Borsa assurde ai suoi padroni e divenendo preda di affaristi che l’hanno in pratica spolpata. Le immense potenzialità che aveva sono state disperse in mille rivoli ed il risultato è che competitor che 10 anni fa erano minori oggi sono colossi.

Chi oggi, in qualsiasi parte d’Italia, si accinga ad entrare nel mondo dell’Adsl sa poi bene a quali disservizi ed a quali costi sia soggetto. Se poi ad uno, come a me, per sfuggire all’ex monopolista tenti la strada di altri operatori, si ritrova in un pantano esasperante. Telecom è nota, al momento, per i disservizi e per essere divenuta una centrale spionistica al soldo di non si sa bene chi…

Le reazioni, dicevamo. Tutti, dopo aver assistito da spettatori, nella piu’ benevola delle ipotesi, al crollo di Telecom ora si appellano all’italianità ed all’importanza della Rete. Da sinistra si arriva addirittura ad evocare il Cavaliere o le Banche incuranti del fatto che se sino ad oggi il conflitto d’interessi sia colossale domani sarebbe titanico. Se poi la proposta velata, come dicono i maligni, sia “Tieni Telecom ed esci di scena” è ancora piu’ grave.

L’appello alle Banche ha invece altre implicazioni. Sui giornali si continua a leggere che le banche italiane sono in lizza per Alitalia, Telecom, autostrade varie e cia dicendo. Ma è sano un Paese dove le banche controllano le imprese che a loro volta controllano le banche? Quale spirale si innesca in un sistema dove le banche valutano il merito di credito di una società da loro stessa controllata? Il ruolo delle Banche non è quello di amministrare e gestire le imprese. Il caso Parmalat, con Tanzi ce soci che sedevano nei Cda di Banche finanziatrici del gruppo, dovrebbe aver insegnato qualcosa.

Le ipotesi sul tappeto sono dunque poche. O lo Stato, in un rigurgito statalista che non coinvolge solo l’Italia, si fa carico della Rete (che però versa in condizione pietose) rendendola accessibile a tutti gli operatori e ammodernandola ( pare si parli di 10 miliardi di euro) oppure si cede il passo al Mercato scrivendo una normativa che garantisca a tutti l’accesso alla Rete.

La Rete, come ho scritto in passato, è strategica. Cederla è un errore. Ma se si trovasse qualcuno che all’interno di un quadro normativo chiaro e vantaggioso per la libera iniziativa (non quella che piace a Silvio o ad An) fosse disposto ad investire perché no? Qualcuno ha parlato di questo con i Messicano o con i ragazzi dell’At&T (se ci devono intercettare che almeno lo facciano i ragazzi di Langley che almeno sventano attentati e non si fanno i cazzi altrui a gratis…)?

Alla fine, temo, finirà tutto in mano alle banche. I Cavalieri Bianchi che già hanno “lavorato “ su Telecom ricompariranno come vassalli delle grosse banche e si metteranno nuovamente all’opera.

La vera attività di quelli che oggi si chiamano imprenditori è la Borsa. Fateci caso. Nessuno parla di piani industriali. Nessuno parla di cosa fare delle Rete.Tutti parlano di Golden Share, opzioni, patti di sindacato, patti controllo, catene di controllo e via dicendo. Con poche semplici Leggi, che riducano ad esempio le assurde catene di controllo che permettono con pochi euro di controllare colossi, si potrebbe rendere il Mercato di Borsa piu’ trasparente e l’economia reale piu’ rivolta al profitto e meno alla plusvalenza borsistica. I furbetti del quartiere, che oggi languono nelle patrie galere o che ammiccano da Verissimo, hanno fatto in modo artigianale quello che i Big della finanza fanno dal ponte dei loro vascelli fotografati sull’Espresso.

L’intreccio di interessi e potere( a destra e a sinistra) degli ultimi 10 anni ha impedito che venissero varate leggi ed iniziative per rendere questo Paese moderno. Ci scanniamo sui Dico e sugli embrioni, ci accapigliamo sulla Privacy e simili ma poi sui problemi veri cala una cappa plumbea.


Una nota a margine. Sino a ieri in Italia non si parlava che delle brutalità con cui Yukos è stata strappata al suo “legittimo” (sempre che in Russia esista qualcosa di legittimo) proprietario (che ora sverna in Siberia a spese dell'amico Putin). Oggi che Enel ed Eni si sono impossessati di frammenti dell’energia russa tutti in piedi ad applaudire…



Gughi

mercoledì, aprile 04, 2007

Deve essere dura fare il giornalista....

Scrivere

Ho finito di leggere l’ultimo di Avoledo “Breve storia di lunghi tradimenti” e “Con la morte nel cuore” di Biondillo.

Due bei libri, appassionanti, che tengono inchiodato il lettore alle pagine per capire cosa accadrà.

Avoledo è un bancario che lavora nello studio legale di un banca del Nord Est mentre Biondillo, un architetto, è nel mondo della sceneggiatura e della saggistica. Insomma non proprio due scrittore puri, sempre che la scrittura sia una professione.

Avoledo scrive bene. Fotografa la realtà con precisione ed arricchisce la trama con dettagli che rendono la narrazione credibile e coinvolgente. Avoledo, come nei suoi precedenti romanzi, narra in crescendo. Il protagonista sprofonda in una situazione assurda ritrovandosi coinvolto in un complotto planetario. Dubbi ed enigmi si aprono davanti al lettore affascinandolo. Alla fine però tutto resta aperto. Con un colpo di teatro la vicenda si chiude ma il lettore ha la tentazione di rileggere le ultime 50 pagine perchè resta con l’impressione di aver perso qualcosa. Ed in effetti molte domande restano senza risposta.

Biondillo invece è piu’ scontato. Alcune pagine paiono delle fotografie o, meglio, gli schizzi di una architetto. I suoi romanzi, ambientati nella Milano di Quarto Oggiaro, narrano le avventure di un poliziotto del commisariato di Quarto. L’intreccio, come detto, è semplice ma cattura. Il punto di forza, i personaggi ben delineati e la descrizione di Milano delle periferie e delle zone centrali. La debolezza, la trama semplice.

La scrittura, forse, è proprio una professione.


Gughi
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