giovedì, dicembre 07, 2006

L'ossessione del Pil ed alcune riflessioni sull'Impero di mezzo

Non passa giorno che qualcuno non stimi, valuti, riveda, scomponga, quantifichi il Pil di un paese o dell’altro.

Il Pil è il prodotto interno lordo ovvero i beni ed i servizi che un Paese è in grado di produrre in un anno e misura di quanto un paese accresce la sua ricchezza ogni anno.

Ci sono paesi che veleggiano oltre il 7/8% di crescita annua (Cina e India in testa), altre intorno al 4% (Stati Uniti) ed altri in cronica stagnazione o crescita debole (i paesi europei).

Con stupore si guarda alla crescita esponenziale di alcuni paesi come la Cina senza però considerare i costi che quella crescita comporta.

La crescita di Cina ed India, come è noto, si basa su uno sfruttamento selvaggio delle risorse naturali, sull’assoluta mancanza di rispetto delle piu’ elementari norme di salvaguardia dell’ambiente e sullo sfruttamento di un ampio bacino di lavoratori sottopagati.

Ma anche la crescita degli Stati Uniti, il paese piu’ inquinante al mondo, si basa comunque, per definizione, sullo sfruttamento delle risorse disponibili (in primis quelle energetiche).

In economia, per definizione, è dunque felice un paese che ha una crescita del Pil costante e superiore ad almeno il 3 o il 4%.

Ma sono davvero felici paesi dove la crescita è stupefacente ma dove l’aria è irrespirabile e dove vengono letteralmente polverizzate ogni giorno le risorse naturali proprie ed altrui?

La risposta è semplice ma non considera diversi fattori. Per popolazioni che vivono nella povertà anche un posto in qualche maleodorante fabbrica, sfruttati e vessati, è meglio della fame e della mancanza di qualsiasi prospettiva per se o per i propri figli.

Di recente la Cina ha introdotto un Pil verde ovvero un Pil rettificato per l’impatto ambientale prodotto. Non è, come potrebbe sembrare, un’iniziativa verde ma nasce dalla consapevolezza che la crescita cinese può facilmente deragliare per diversi fattori tra cui anche la devastazione del Paese.

Ma altri possono essere i fattori: la limitatezza delle risorse energetiche (contese da altri competitori ugualmente agguerriti), la mancanza delle piu’ elementari norme democratiche, la sostanziale incertezza del diritto e la ciclicità dell’economia.

L’assoluto unicità della Cina (per dimensioni territoriali e per popolazione) ci pone di fronte ad caso unico mai manifestatosi nella storia dell’umanità.

Le sue peculiarità la rendono soggetta sviluppi imprevedibili che per dimensione possono coinvolgere non solo l’Asia ma l’intero globo.

L’Europa e gli Stati Uniti non possono sentirsi esclusi dalla questione pensando che la Cina sia un nemico (abbandonandosi magari a facili isterismi sul pericolo giallo) perchè la maggior parte della produzione cinese viene esportata verso di noi e perchè molte delle imprese che producono (e sfruttano) in Cina sono europee, giapponesi o americane.

Tornando al Pil dovremmo quindi chiederci se abbia un senso essere ottimisti se un paese cresce e contemporaneamente brucia risorse (Acqua, aria, energia) per definizione limitate o forse, come la Cina ha intuito ed embrionalmente applica, tutto il mondo dovrà adottare un modello di Pil verde compatibile con l'ambiente.

Guglielmo
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