venerdì, febbraio 29, 2008

Una modesta proposta

Per far tacere Fracanappa:

Tec lo caccia. Soluzione impraticabile perchè evidente la svolta a destra di Fracanappa e la voglia di compiacere lo Scelba del Conciliabolo.

Mi alzo e gliele suono. Difficile perchè alcuni colleghi tenterebbero di fermarmi.

Lo disconnetto dalla Rete. Non potrebbe piu' lavorare e dovrei farlo al suo posto.

Gli rubo l'agenda. Ottima soluzione. Attanagliato dall'angoscia passa le prossime 5 ore cercando l'agenda.

Procedo

Gughi

Otto marzo

Tra due domeniche sarà l’otto marzo, la Festa della Donna.
Quest’anno cade in piena campagna elettorale, ed in piena polemica sull’aborto.
Non esprimo posizioni sull’argomento, ma voglio raccontarvi un piccolo episodio.
L’anno scorso una televisione privata, non mi ricordo più quale ma tipo Antenna 3, sempre in occasione dell’ otto marzo ha dedicato la puntata della sua trasmissione di approfondimento alla tematica del lavoro femminile, della discriminazione nelle carriere ecc. ecc.
In studio vi erano quattro persone: il moderatore (uomo), il presidente dell’Associazione Capi del Personale (uomo), un rappresentate sindacale (uomo), e la segretaria generale della Funzione Pubblica della Camera del Lavoro di Milano (donna).
Meno male che era la festa della donna.

giovedì, febbraio 28, 2008

Gazzetta.it

Devo dire che da quando la gazzetta è stata presa in mano dall'ex direttore di Vanity Fair qualcosa è cambiato, un po' più di spazio al gossip, un po' più di spazio alle wags, un paio di foto con tenniste super sexy ma soprattutto la possibilità di fare commenti agli articoli.
Quando leggo l'articolo di solito mi gusto sempre anche i commenti e se i primi meritano me li leggo proprio tutti, fatelo anche voi per piacere, è bellissimo, mi rincuora. Mi rincuora constatare che chi segue il calcio e legge la gazzetta è solitamente ignorantissimo, ma proprio ignorante della lingua italiana. Ogni post ha almeno un paio di errori, di quelli gravi, tipo "nazzionale" e poi sono il regno del luogo comune, della zuffa da bar. E' come se tutti i commentatori dei vari programmi sportivi si fondessero in un unico supertifoso che per mettere qualcosa di proprio fa un paio di errori grammaticali. Poi si riconoscono i tipi umani: il super tifoso, l'italiano all'estero, lo straniero che segue il calcio in Italia e i mentitori cioè quelli che fanno i post per confondere le acque tipo :" da uno juventino, cmq l inter e troppo forte quest anno, la roma meritava di perdere perchè non a saputo kiudere la partita".
Godibilissimi

Nessun Tigro in lista? E’ malainformazione

Walter Veltroni liquida come «malainformazione» il titolo pubblicato da un quotidiano che denunciava l'assenza di candidati tigro nelle liste del Partito democratico, «come se ci fosse nel nostro partito un carattere discriminatorio».
Il leader del Pd ha voluto rispondere ad un episodio di «malainformazione. Ho letto su un grande giornale (Il Corriere del Bosco Incantato, titolo "Pd strappo con i tigro, nessun nome in lista", Ndr) con un titolo a nove colonne, che il Pd non avrebbe portato tigro in Parlamento, come se tra noi ci fosse un atteggiamento discriminatorio. Non si sa di che cosa si parla- conclude Veltroni- vi invito a non inventare notizie perchè non serve.
La scelta di Winnie the Pooh come candidato capolista, scelta che per gli avversari è scaturita dalla palese somiglianza con il candidato Primo Ministro, è dovuta al fatto che, come lo stesso Tigro ama ripetere:” non sono nè lento nè pigro, di Tigro al mondo ce n’è soltanto me”....
Da “L’Unità” on line del 28/02/2008.

Perchè San Remo è San Remo

In lista Pd anche lavoratrici call center e Asl

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 28 feb - Il Partito
democratico chiede a tutto il Parlamento la rapida
approvazione dell'ultimo articolo della delega sulla
sicurezza sul lavoro. "Ci auguriamo - afferma Walter
Veltroni in una conferenza stampa - che non si trovino
resistenze da altre forze politiche". Veltroni osserva che e'
in atto una "autentica guerra" che ha lasciato sul terreno,
solo nel 2007, oltre mille morti e che si svolge con
"responsabilita' da una parte sola, dall'altro ci sono
solamente le vittime". Il ministro del Lavoro Cesare Damiano
aggiunge: "Mi auguro che si creino le convergenze
necessarie, il Paese ce lo chiede".
E per ribadire l'attenzione del Pd ai problemi e alle
urgenze del mondo del lavoro Veltroni presenta nuove
candidature per le prossime elezioni provenienti anche dal
precariato. Accanto al superstite della tragedia della
Thyssen, Antonio Boccuzzi, Veltroni annuncia la presenza
delle liste del Pd di Franca Biondelli, dipendente di una
Asl piemontese, e della palermitana Loredana Ilardi,
dipendente di un call center con uno stipendio di 700 euro
al mese.

E per avvicinare la politica al mondo dei più giovani in lista Topo Gigio, Winnie the Pooh, e i Power Ranger.

Aiuto!!!!!

mercoledì, febbraio 27, 2008

spiegatemi una cosa...

perchè quando calderoli parlo' di castrazione chimica per i pedofili, si levo' un coro di "noooo" e di beceri insulti, mentre ora che ne parla ualter ueltroni non si ha la stessa risposta?
comunque, qualora ualter mutuasse altre proposte della destra, potrei anche pensare di votarlo... mi riferisco per esempio alla proposta di abolire la festa del 25 aprile (sostituita con il 21 aprile), alla nazionalizzazione delle acciaierie, all'annullamento della XII disposizione transitoria (sic) e finale della costituzione...
tec

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martedì, febbraio 26, 2008

Aurelio e Marianna

Aurelio barcolla lungo il marciapiede che costeggia la montagnetta di San Siro. Le macchine sono rasoiate che sollevano onde di gelo spumose di gas. Un furgone bianco lascia una nube nera e le macchine che seguono si gettano al suo interno creando piccoli vortici gassosi. Aurelio ha occhi sgranati e grigi. Intorno all’iride piccole pietre dorate. Pagliuzze visibili solo da vicino. Ha una bottiglia di vino in mano. La tiene stretta per il collo con la mano senza guanto. La destra accarezza il cilindro della bottiglia sentendo la lana strisciare sul bordo dell’etichetta. Ha già bevuto a canna due bicchieri abbondanti e tutto sembra piu’ leggero. Ha imparato che anche un alcolizzato ha bisogno di temperanza. Bere una bottiglia tutta d’un fiato da un sollievo temporaneo. Poi solo mal di testa e dolori e quando ci si risveglia non si ricorda di nulla. Bere poco alla volta, prolungare i sorsi, permette di conquistare un’euforia poco piu’ che passeggera. E’ quasi marzo. C’è ancora luce e l’aria, malgrado i cavalloni di gelo che arrivano dalla strada, ha un retrogusto di primavera che nemmeno il vino riesce a cancellare. E’ in ritardo. Accelera il passo e beve un altro sorso. Gli fa male la milza e gli viene da vomitare. Controlla ancora una volta il Casio da bambino che tiene nella tasca interna della giacca di velluto. Rallenta un poco. Le macchine continuano ad aumentare. Tra poco saranno tutti imbottigliati. Al sicuro tra le lamiere delle loro auto, convinti che nulla possa toccarli. Tutti convinti di avere in tasca la carta vincente. La risorsa estrema che può tenerli al riparo da ogni avversità. Un talento. Un’eredità. Una proprietà. Un titolo. Aurelio sorride. Un sorriso sgangherato sotto il berretto rosso e giallo di lana appoggiato sui capelli stopposi. Sorride perché sa che tutto, in un istante, può essere spazzato via. Nulla ha la solidità di ancorarti bene alla vita se finisci nella tempesta. La sua vita, un buon lavoro, una laurea, vacanze puntuali, sport, l’aspirazione ad un figlio, tutto travolto in un anno. Meno, forse. Sua moglie con il suo capo. L’alcool. Il lavoro perso. I debiti. La morte di sua madre e di suo padre subito dopo. Ed alla fine la strada. Ed in fondo alla strada, ancora l’alcool. Solo l’alcool. Sbuca tra le siepi. Il rumore della macchine attutito. Si siede sulla panchina.

Eccola.

Marianna corre lungo il rettangolo verde costeggiato da alberi spogli e cemento. Ha circa 35 anni, pensa Aurelio. Tre meno di lui. Marianna ha occhi azzurri che scintillano sul volto pallido. I capelli biondi raccolti sopra la nuca. La coda ondeggia al ritmo della corsa. È alta circa un metro e settantotto. È miope (una volta l’ha vista fermarsi perché aveva perso una lente) ed è una donna pratica. Non porta anelli, braccialetti, collane. Una felpa grigia con cappuccio, con il logo di un’università di Boston, le cade lungo i fianchi coprendole il sedere. Non ha segni di gravidanze, non ha lo sguardo che solo le madri hanno, e non ha un uomo. L’ha vista correre il giorno di San Valentino, il sabato, la domenica. Non porta mai il cellulare. Non abita molto lontano. Viene sempre a piedi. Si è imposto di non seguirla mai al di fuori dei tracciati della Montagnetta. Non vuole spaventarla, non è un maniaco, non è guardone, solo un uomo che osserva una donna. Due mondi, distanti, che si intersecano tra le panchine e gli alberi del parco. In quello spazio comune Aurelio può guardare Marianna correre senza sentirsi a disagio.

La corsa è un misto di tecnica, testa e cuore. Anche avendo due di queste doti in abbondanza nessuno può dirsi un buon corridore. E’ necessario, per ciascuno, trovare il giusto equilibrio. La perfetta combinazione fa il buon corridore. Cosa è mancato a lui? Si chiede Aurelio. Beve un altro sorso dalla bottiglia e continua a fissare le gambe forti di Marianna fasciate nei pantaloni attillati della Nike. Un paio di calze nere di spugna aderiscono alle caviglie sottili. Marianna ha trovato il sue equilibrio tra cuore, testa e gambe. Indossa un G-Shock nero da uomo che non guarda mai se non quando mancano meno di cinque minuti alla fine del suo allenamento. In quei ultimi cinque minuti respirare le è quasi doloroso. I muscoli della gambe sono gonfi di acido lattico e la testa è annebbiata. In quegli ultimi cinque minuti Marianna corre solo con il cuore. E’solo per quegli ultimi cinque minuti che lei corre i precedenti 52. Quando smette di correre continua a camminare e sorride, per un istante infinitesimale, felice. Felice, sino quasi a piangere, immagina Aurelio. Le gambe si possono irrobustire, imparare la tecnica, ma il cuore, quello, ti viene messo nel petto da bambino e quello resta.

La nostalgia si fa strada nel ventre di Aurelio. Stringe ancora la bottiglia ormai quasi vuota. Può sentire il profumo di borotalco che scivola lungo la schiena di Marianna e gli ricorda qualche estate di quand’era ragazzo. Getta un ultimo sguardo alle sue gambe lunghe che paiono appena toccare terra.

Scompare dietro la curva ed Aurelio si arrampica sul versante nord della montagnetta. Se lo vedesse probabilmente Marianna si spaventerebbe ed allora, sdraiandosi su un giornale che stende sulle foglie marce, si accuccia nel punto in cui il terreno è stato livellato. La tosse minaccia di farlo scoprire. Cerca di ricacciare i singulti nel torace e scruta l’orologio. Oggi non è in forma. Ci ha impiegato un minuto piu’ del solito. Aurelio la guarda in volto. È pallida piu' del solito. Le braccia non sono fluide. Continua a guardare il nulla di fronte a se, la testa persa tra le cuffie dell’I.pod. Appena scompare dietro il culmine del sentiero, Aurelio, scrutando intorno per esser certo che nessuno lo stia guardando, si rimette in piedi. Un piede scivola sulla merda, che il barbone spera essere di un cane, e d allora Aurelio rotola verso il sentiero di ghiaia sottostante. Si graffia il volto su un ramo che sporge dal tappeto fradicio di foglie e riesce a fermare la sua caduta aggrappandosi alla radice di un albero. Malconcio, piu’ per il vino che per la botta, torna verso la sua panchina. Mancano 3 minuti. Oggi forse ne impiegherà 4. Assapora i minuti che lo separano dalla sua apparizione come se avesse un vero appuntamento. In fondo, pensa stordito e la bocca ormai impastata, lo è. Oggi proprio non è in forma: 4 minuti e 35 secondi. A 5 minuti e 10 secondi decide che qualcosa non va. Marianna, ma davvero si chiamerà così, pensa in un istante di lucidità, è un corridore abitudinario. Non corre mai meno di 57 minuti, sempre sullo stesso percorso, sempre gli stessi giorni (Mercoledi, sabato e domenica)
e sempre alla steesa ora (le 17.30). Si alza a fatica in piedi. Getta la bottiglia. Il cuore gli batte in gola. Qualcuno le sta facendo del male, urla una voce nella sua testa. Si passa la mano sporca sul volta per ritrovarla imbrattata del sangue che sgorga dal quello che non è un graffio ma un taglio. La vista del sangue prima lo atterrisce e poi gli da nuova energia. Inizia a correre ma il vino confonde gli ordini che il cervello cerca di dare alle gambe. Inciampa negli scarponi pesanti che lo proteggono dal freddo del cavalcavia della stazione delle Nord di Quarto Oggiaro. Sbatte e striscia prima il naso e poi la faccia nella ghiaia polverosa e gelida. Bestemmia. Perché Dio mi hai lasciato? Urla dentro di se. Vorrebbe piangere ma imparato che non serve a nulla. Fatica a respirare e sente qualcosa comprimergli il petto e la schiena. Si ferma. Ha paura di morire e ha paura che qualcuno faccia del male a quella donna. Cerca di alzarsi. Ricade e si graffia rabbioso la faccia sulla terra. Si accendono i lampioni, l’odore di primavera si dissolve in una lingua di gelo pare scivolare dalla cima della montagnetta.

Poi, solo silenzio…

nulla di tutto questo

nelle Sue parole, nella sua Parola
non c’è nulla di tutto questo
nelle parole di Gesù
quelle scritte dette tramandate
raccontate a mio figlio
prima della nanna
non c’è nulla di tutto questo
nella Parola del Cristo
non c’è nulla di tutto questo
nulla di tutto questo

nulla

lunedì, febbraio 25, 2008

5

Tra pochi giorni Riccardo compie 5 anni. Come ogni compleanno mi viene da fare un bilancio di questi anni trascorsi con lui. Il suo carattere è cambiato molto. Leggo con nostalgia quello che scrivevo qualche anno fa su di lui e del rapporto che avevamo. Inevitabilmente, e giustamente, non sono piu’ il suo unico punto di riferimento. Se di ogni cosa che diceva e pensava conoscevo l’origine, oggi i suoi pensieri fluiscono in maniera sorprendente.

A volte, molto piu’ spesso di quando non accadeva un paio d’anni fa, mi fa arrabbiare. Spesso finge di non comprendere ciò che gli viene chiesto e sono costretto ad alzare la voce. Questo rende i nostri rapporti piu’ difficili e simili al rapporto che forse, inevitabilmente, si crea tra padre e figlio.

Quello che in Riccardo non è cambiato è la sincerità. Continua a raccontare ciò che gli capita e le marachelle che combina. Accetta i rimproveri e ragiona su questi cercando di capire le motivazioni delle cose. Se mi chiede un gioco o un film capisce quando gli spiego che non sempre si compra ciò che si vuole ed aspetta allora con pazienza il momento in cui potrà comprare un libro, un film o un gioco che desidera.

Susanna mi accusa di essere troppo pressante con lui ma penso che essere padre non sia il ruolo piu’ popolare del mondo.

Quello che continuo a vedere in lui è la sua voglia di scoprire e capire le cose. L’affetto e la delicatezza con cui si avvicina ad ogni forma di vita. L’entusiasmo e la serenità con cui affronta le sue giornate. Domenica siamo stati a Cremona a vedere una mostra di dinosauri. Si è entusiasmato per tutto. Ha voluto pranzare in Autogrill mangiando quella che chiamava “focaccina” ma che altro non era che un toast. Mentre facevo la coda per la pizza lo vedevo ridere e giocare con sua madre, abbracciare, ricambiato con pari affetto, suo fratello.

A volte lo vedo spiegare le cose a Federico e preoccuparsi che non faccia cose pericolose. In ogni situazione pensa a che ruolo avrà suo fratello. Ogni tanto litigano e si fanno i dispetti ma vederli fare i briganti insieme è una gioia. Prima di fare il bagno insieme (un’”eccezione” del sabato e della domenica)si mettono nudi e correre per casa. E più intimo loro di andare in bagno, piu’ corrono per casa facendo i matti incitandosi l’un l’altro. Ogni tanto, il loro speciale rapporto, emerge. Quando si abbracciano forte picchiandosi forte la schiena con i palmi aperti, quando si sussurrano cose incomprensibili o quando insieme girano per casa sullo stesso triciclo in cerca di guai.

Quando lo guardo, i lineamenti del viso non più dolcemente paffuti, vedo che cresce. Vedo dietro agli incerti tratti del volto, il bambino ed il ragazzo che sarà. Ripenso allora ai sui primissimi istanti di vita, al suo cuore, un puntino bianco che pulsava su uno schermo nero, e mi commuovo.

Ripenso ai pochi anni passati, che mi paiono pieni di mille avventure e ricordi, e a quando il suo mondo era tra le pareti di casa. Oggi il suo orizzonte è un po’ piu’ vasto e destinato a accrescersi ogni giorno ma quando lo guardo, dietro qui lineamenti che cambiano, quelle braccia e gambe sempre piu’ lunghe, vedo ancora quel puntino bianco che batteva sullo schermo nero.

Guglielmo

non vendo sogni ma solide realtà

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domenica, febbraio 24, 2008

spacca!

mai vista una squadra di ciclismo con un simbolo così:


Voglio maglietta e pantaloncini, costi quel che costi...
più info qui: www.rockracing.com
Ah, è la squadra di superMario.
tec

giovedì, febbraio 21, 2008

That's football guys, that's all it is... (ogni maledetta domenica)

ieri sono stato a roma. una bella giornata: aereo comodo al mattino, un altro, mooolto scomodo, la sera.
un pranzo (du' panini...) a fiumicino, aeroporto mica la ridente località di mare. un meeting da un cliente per piazzare il nostro prodotto.
e due telefonate.
la prima la ricevo nel primo pomeriggio. un ex collega mi chiama. penso, mentre sto per rispondere, che bello... mi chiama per salutarmi. no... mi chiama per dirmi che poche ore prima gli hanno consegnato la lettera di licenziamento. un fulmine. a ciel sereno. sentire un uomo di vent'anni più grande di te, piangere al telefono non e' bello. cosa dirgli? poche parole di conforto... e la promessa di un aiuto.
mezz'ora dopo risquilla il telefono. un altro ex collega. un mio ex capo. "oh mamma.." penso io, intuendo il motivo della telefonata.
in quel posto in una settimana hanno fatto fuori un numero impressionante di persone.
il pomeriggio è stato un susseguirsi di email di colleghi scampati al primo giro...

queste sono le aziende oggi.
prima capiamo le regole del gioco e prima non ne verremo schiacciati senza capire perchè...
questo è la vita, ragazzi (Tony D'amato - Al Pacino).

tec

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lunedì, febbraio 18, 2008

Tec is back

Dopo due settimane di intenso lavoro... ecco il riassuntone dei post che avrei voluto fare:
  • long weekend in terra teutonica. 4 giorni di lavoro da venerdì a lunedì. sono rientrato in una discoteca dopo almeno 10 anni. mi ha fatto piacere sentire che la musica è ancora quella dei miei tempi (young men! there's no need to feel down...). I tedeschi bevono poco, dovreste vedere i russi e gli svedesi.
  • riesco a bere 4 pinte di birra tedesca senza cantare. però devo ballare mezz'ora per farmi passare un senso di smarrimento.
  • viaggio andata/ritorno a Roma. in giornata. in macchina. se fossi gughi avrei scritto un post chilometrico... se per un milano/bergamo ha scritto seimilarighe di post... in ogni modo, non mi era mai capitato di fare da bologna a melegnano senza che nessuno mi sorpassasse.
  • ho rivisto un mio compagno di classe dopo circa 20 anni. era stato cacciato. non aveva mai aperto un libro. oggi fa l'imprenditore. fattura milioni di euro. proprio vero: i primi a scuola non sono i primi nella vita
  • casini: avete già scritto voi... mi piace il commento del bach.
  • valter: gughi, mantieni la promessa, per favore... niente post sulla campagna elettorale
  • ferrara: il merito di giulianone è di aver dimostrato come si possa parlare di Etica senza dover scomodare la Religione.
  • un pedofilo esce per decorrenza termini e combina quel che combina. Io sono per la castrazione chimica.
  • malpensa. sugli schermi sparsi per l'aeroporto ci sono cochi e renato che cantano una canzone tristissima... e poi ci stupiamo che chiude?
tec

sabato, febbraio 16, 2008

Superman

In un sistema elettorale concepito per il bipolarismo sorprende vedere che tutti, tutti tranne Fini, uno che pare facile al cambiamento di opinione, corrano da soli.

A questo pensavo, cedendo alla passione politica, mentre mi sintonizzavo su “Annozero” giovedì sera. Volevo restare fuori dalla campagna. Seguire con l’occhio del disincanto le vicende che coinvolgono il Circo Barnum della nostra politica. Ed invece in me, mai sopita, si è riaccesa la voglia di polemica.

Vedere un uomo di 72 anni (che alla fine di un ipotetico mandato ne avrebbe 77. 3 meno di 80!!!) che confida di vestirsi da Superman per i nipotini e sciorinare una serie di affermazioni quantomeno parziali mi ha dato un nuovo vigore. L’odore di stantio, che spero di non essere il solo a sentire, che emanava la performance di Silvio a “Porta a Porta” mercoledì sera mi ha dato nuova speranza.

Il coraggio e l’onestà con cui Casini ha dichiarato che correrà da solo mi ha dato nuova energia.

Walter, duramente attaccato da Giordano perché anni fa dichiarò che sarebbe andato in Africa a fine mandato romano ( e mi consola sapere che l’unica arma che i giornalisti dipendenti del candidato premier dell’attuale opposizione abbiano sia proprio questa…), ha carte da giocare.

Sorpassa Berlusconi promettendo Bonus fiscali e riduzioni di punti di Irpef come buoni sconto da catalogo e comunica come , se non meglio, del leader della Pdl.


Fa un po tristezza paragonare la nostra campagna elettorale con quella americana. Negli Stati Uniti, uomini davvero venuti dal nulla combattono colpo su colpo con le idee. Fanno sognare un mondo diverso e disegnano nuove strategie che coinvolgano il globo intero. Da noi l’azzardo piu grande riguarda l’Ici. Veri eroi di guerra, prigionieri per anni nella giungla vietnamita, e uomini che in situazione drammatiche hanno mantenuto il sangue freddo, cercano porzioni di consenso con minuzie programmatiche ed ideologiche. In Italia mercivendoli battono la penisola promettendo posti da bidelli e da spazzini ad un popolo che pare ridotto alla fame e che invece si vende per una pompa di benzina o una casetta in campagna (una campagna peraltro intossicata dai liquami).

In Usa uomini e donne irreprensibili devono difendersi con orgoglio e dignità da accuse ridicole.

Alcuni politici italiani, con conti all’estero girati a politici d’altri tempi, con mogli inquisite o condannate, con sulle spalle sentenze di mafia o con amici e compagni di partito collusi, parlano di moralità e pulizia.

Giornalisti che non conoscono la vergogna attaccano Prodi sulla scuola e sull’energia fingendo di dimenticare che il fratello del loro editore è stato per 5 ( cinque) anni al Governo di questo Paese.

Insomma con amarezza constato che la solita macchina della disinformazione prezzolata è stata avviata a pieno regime con la consapevolezza che stavolta o si vince o si muore.

Io non mi farò raggirare da chi vorrebbe bruciare voti nel rogo dell’astensione di protesta.

Io voterò Walter. Lavorerò ai fianchi tutti quelli che conosco e se convincerò solo una o due persone a votare Pd avrò fatto il mio sporco lavoro. Non avrò in cambio posti di lavoro, pompe di benzina o altro. Mi sentirò però di aver fatto qualcosa di giusto per evitare che questo Paese precipiti ancora per 5 anni nelle mani di Superman.


Sorprendente per quale ministero pare corra Formigoni….la Sanità….



Gughi

ma cosa mi sta succedendo?

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venerdì, febbraio 15, 2008

aiuto

Sono esterrefatta.
Cosa si fa quando delle persone che tu credi Amici (notare la a maiuscola) si rivelano per quello che sono, ovvero dei ragazzini immaturi con tre neuroni al posto del cervello di cui uno salta e due fanno girare la corda?
La risposta più logica sarebbe lascia perdere, non ne vale la pena...
Invece no, non ne sono capace. Per quanto fango gettino su di me continuo comunque a dispiacermi.
E' arrivato il momento di diventare cattiva, tirare fuori le unghie e i denti e sbranare tutti.
Visto che delle volte qui sembra una giungla, mi aiutate voi?

giovedì, febbraio 14, 2008

dubbi quotidiani

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martedì, febbraio 12, 2008

Mille cose a cui pensare!

La Cei riflette...

I prossimi temi trattati:

"Perchè Mancini gioca con il rombo a centrocampo?"

"Con i crauti va bene la birra friulana?"

"Basta con le gomme da neve in Liguria"

"No ai contatti accidentali ed impropri tra nuotatori di sesso diverso e di vasche diverse."

Gughi

L'organigramma

In una grossa azienda la chiave su cui tutto poggia è l’organigramma. L’emissione dell’organigramma è attesa come un’epifania. Una manifestazione di un volere superiore. Una asettica mappa del potere aziendale. Passioni, pulsioni, intrighi, giochi di potere, tutto si sintetizza in quell’esercizio di insiemistica. Righe tratteggiate, cerchi in grassetto, doppie righe sanciscono la linea tra la vita e la morte. Tra il dipendere e il coordinare. Uomini scompaiono, come sospesi in un limbo, per poi reincarnarsi dopo qualche mese in posizioni di assoluto rilievo o di infima prospettiva. Saper leggere un organigramma è come saper leggere un mappa. Brulicanti uffici di uomini vengono annessi da voraci dirigenti con semplici tratti di penna. Il Kaiser Guglielmo guardava con minor appetito la mappa dell’Europa di quanto un dirigente ammiri una polposa sezione di organigramma.

Uomini e donne ritenuti normodotati perdono ore del loro tempo ad chiosare e vaticinare su un organigramma. Ore trascorse a capire chi dipenda da chi e chi decida per chi.

I quel turbinio di sigle e parole di matrice austro inglese una sola questione può rimbombare nella mente di un soggetto sano: ma questi, cosa cazzo fanno?

La risposta, a pie di nota dell’organigramma, cioè nel temuto mansionario è: “Si occupa delle connessioni di rete del service al client interno, della businnes development nella matrice geodiale, dello sviluppo delle tecniche di auditing interno ed esterno con particolare riferimento alla clientela estera e quella prospect. Risponde direttamente a Tso(tiesseo), Tsu (tiesseu), CCI (da leggere:sisiciai).

Se non conoscete almeno uno degli appartenenti alla struttura mansionata è facile immaginare di poter incontrare un essere con quattro braccia, una connessione anale Adsl in fibra di carbonio, montato su un motore Evinrude da 520 cavalli.
:
Un umile impiegato deve sapere a chi appartiene: “Sono il maniscalco del Duca Corrado di Franconia!”, “Sono arciere del Duca di Sassonia!” si usava dire 1000 anni fa.

Oggi, nelle mail che invio o quando mi addentro telefonicamente in territori ostili, dico: “Sono Guglielmo il Maresciallo, CTU, Buss. Dev.”. Non so esattamente cosa significhino le parole che scandisco dopo il mio nome ma dentro c’è il mio capo ed il capo del mio capo ed in sostanza il mio peso nel mondo.

Quando ero a militare una domanda ricorrente, che decideva di un week end a casa o di guardia in garritta, riguardava la scala gerarchica. Dalla mia branda sino alla bandiera sapevo chi comandava cosa. Per evitare gaffe venivamo forniti di fotografie dei superiori in maniera tale che, incontrandoli per il mondo, potevamo scattare come folgorati da un cavo Enel. Ma i superiori erano 5 o 6 e comandavano qualcosa di piu’ grande che stava sopra a quello che stava sotto.

Ora, se già mi chiedono chi sta sopra il capo del mio capo, ho serie difficoltà nel ricordare se sia uomo o donna. Alcuni invece, amanti delle raccolte di figurine e dell’esegesi, parlano nei corridoi in questi toni:

“Scherzelloni, di Tso, è finito sotto Bargaglioni e Cardafulli. Hanno scorporato TTI (da leggere titiai) che finito in IT. E’ andata bene alla Frangipane che ora ha sotto tutta la Divisione di ITT (ititi)”.

Qualche giorno fa il mio capo mi ha braccato insieme ad un mio collega ed ha iniziato: “Visto…che vi dicevo…hanno preso TTI, hanno scorporato la divisone di Bragazzaroli, fuso con Girchella e Cardafulli ed ora è tutta una struttura autonoma!”. Il tutto condito da una mimica che disegnava per aria il nuovo organigramma e che sembrava piu’ adatta ad un mago di Las Vegas.

Ci ha sorriso come se avesse appena risolto il cubo di Rubik.

Io, che so stare al mondo, l’ho guardato ammirato come se avesse appena risolto il cubo di Rubik ma non ho saputo sillabare parola. Chi cazzo fosse quella litania di nomi e servizi resta a tutt’oggi un mistero privo della benché minima soluzione.

Ma lui deve essere stato soddisfatto della mia reazione perché mi ha guardato complice.

Il mio collega, un passo avanti a tutti, lo sguardo rapito da cotanto sapere ha gettato li con noncuranza. “ Eh si… alla fine basta poco” ed ha riso di gusto.

L’ho ammirato per tanta sagacia. Dopo qualche minuto, un po’ in imbarazzo, gli ho chiesto: “Ma di cos’è che parlava?”

“Che ne so…si capiva che fingevo? Ho buttato li quella frase che….” ha sintetizzato” mi sembrava buona per tutte le stagioni”


Guglielmo

mercoledì, febbraio 06, 2008

A4

L’A4 alle sei e cinquanta è un fiume di acciaio sporco. Bilici ondeggiano tra le corsie. Scollinano dalla cresta della linea tratteggiata sospinti da teloni gonfi di un vento minaccioso.

L’A4 mi fa paura. Macchine tedesche lucide come armature scivolano silenziose nell’ago che inietta adrenalina nel cuore pulsante brianzolo. Una delle zone piu’ ricche e produttive d’Europa. Vodka, acciaio, porte, freni, tessuti. Tutto scorre lungo la murata sinistra della mia Toyota. La mia mangiariso avanza fiera, il portellone ancora ammaccato, incurante dei camion che stringono, sbalzano, lampeggiano. Ma io ho paura.

La Pausini mi consola dicendo che quando sta con me la stanza corre a 100 all’ora. Non le credo e continuo a guidare. Bergamo è in fondo all’autostrada.

L’asfalto della A4 è scivoloso di sangue. Cerco di immaginare dove sia morto un ragazzo con cui parlavo al Cb tanti anni fa. Si può morire, andando al lavoro come in guerra, su un autostrada del cazzo ed essere solo motivo per giustificare un ritardo al lavoro.

Ho appese lo giacca dietro. La camicia l’ho comprata in Corso Garibaldi. Detto così suona forte. Ma l’ho comprata all’Oviesse. La gamma Top, come mi ha detto un collega. Ma sempre all’Oviesse. La cravatta no. L’ho comprata in un negozio in Corso Garibaldi. Costa quanto la camicia. L’ho comprata di fianco al negozio in cui Archie si veste. Archie è un grande. Scommetto che in quel negozio fanno anche gli abbinamenti. Ti dicono: “Con questo vestito mette questa camicia, questa cravatta, questi calzini e queste scarpe”. Ho guardato la vetrina, ho sorriso pensando ad Archie che seleziona tessuti Tasmania ed abbina contrasti sulle tonalità dei ghiacciai alpini e del grigio nero del'ardesia, e sono andato oltre. La mia cravatta è proprio bella. Ho fatto il nodo che ho imparato a fare nell’Arma. Ogni volta che faccio il nodo alla cravatta penso all’Arma.

Centodieci, cento, 90,80,65…coda.

Penso a Sbuzzy. Al suo caldo odore di borotalco e saliva.. Alle sue guance gonfie da baciare. Al suo corpo compatto come un pittbull. Sbuzzy è un toro. Se lo butti giù si rialza come uno di quei birilli con il fondo convesso. Sbuzzy ha mani e piedi da guerriero. Sbuzzy ha occhi come il cielo dell’Alaska e silenzi lunghi come l’inverno. Sbuzzy ha sguardi sfuggenti. Sbuzzy ha occhi che parlano.

“Papone…ci siamo svegliati e ti cerchiamo…”

E’ Federico. Sbuzzy è al caldo. Sta facendo colazione e pensa a suo padre. Sbuzzy non è sulla A4.

Bergamo è in fondo alla strada.

Squilla il telefono. E’ Riccardo. Il professore. Riccardo ha pensieri affilati come ferri da chirurgo.

Ha il cuore di un leone. È luce che si espande. Se entra in una stanza mi sembra che tutto si illumini delle sue parole, dei suoi gesti e della sua follia (una scheggia della mia…).

La giornata di lavoro è lunga.

Ancora la A4.

Si può essere fieri di aver pescato, di aver piegato il ferro, di aver insegnato, venduto, comprato, messo mattoni, montato caldaie, vinto una causa, lavorato ad un computer, sistemato scaffali. Basta aver fatto bene il proprio lavoro, qualunque esso sia, con amore e passione. Il mondo, qualcuno ha detto, si cambia anche con il proprio lavoro. Qualunque esso sia.

Imbocco l’autostrada.

Sono fiero del mio lavoro.

Milano è in fondo alla strada.


Il Maresciallo

Dichiarazione di voto

questo post, rimosso dall'autore, verrà sostituito con disegni d'autore...o del tutto cancellato

martedì, febbraio 05, 2008

Permesso...

Ciao a tutti,
dopo lungo tempo sono riuscita ad entrare a far parte di questo tanto agognato team...

Spero di rivelarmi all'altezza del contesto e di dare un degno contributo!

Grazie a tutti e a presto con il mio primo post vero e proprio,

Moose

lunedì, febbraio 04, 2008

In Bolla

Gino è stato reinvitato da "Scelba" Tec.

Tec, da signore qual è, ha chiarito i opunti di attrito.

Con Fracanappa, Moose e il Bolla il Conciliabolo diventa un Dream Team!

Il post di Archie, poi, il piu' lungo di sempre, non solo ha commosso ma ha interrogato sul perchè mio nonno non mi abbia insegnato trucchi matematici o a risolvere i quesiti della Susy....

E allora via, verso una nuova stagione indiana....


Gughi

benvenuta alcetta...

visto che si è chiesta a gran voce una po' di presenza femminile, un applauso a Goose, nuova contributoress del conciliabolo.
insieme a gughi si occuperà del "femminile del conci"... una nuova sezione dedicata alle nostre lettrici. Perchè c'è dentro anche gughi, direte voi? perchè nel giochino di star wars, è venuto fuori come leia..........
tec

chissà poi perché

I am a Jedi Knight...



E cosa altro poteva uscire? :-)

dopo i post toccanti

un po' di scemate, giusto per iniziare la settimana così...
che personaggio di star wars sei?

mi aspetto ovviamente che l'architetto posti il suo:



how jedi are you?
:: by lawrie malen


tec
ps: non ricordo più dove l'ho trovato.... sorry

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domenica, febbraio 03, 2008

Ricordi del Nonno

Non ho mai parlato con nessuno di cosa ha significato per me la scomparsa di mio nonno. E' curioso che a quasi 21 anni di distanza ne parli con mio fratello via blog, ma visto che, come detto, chi ci ha preceduto prosegue nei nostri racconti, forse non c'e' niente di meglio che lasciare qui in forma scritta qualcosa di lui.

I ricordi per me sono piu' netti: anche a me ha insegnato gli scacchi ma sopratutto ad amare i numeri, tanti trucchi per fare somme e moltiplicazioni che mi porto dietro ancora oggi e che durante gli studi alle superiori mi sono pure messo a dimostrare per capire cosa ci fosse dietro.

Credo che nella scelta di fare ingegneria ci sia un po' della sua influenza, lui che mi osservava con curiosita' usare il computer e a cui orgoglioso facevo vedere i primi programmini che scrivevo. Mia nonna d'altronde dice sempre:"Il nonno e' tutto contento che tu sia un ingegnere da lassu'!"

Ogni tanto penso che, finora, sono stato fortunato: la "Dolce Signora" ha sfiorato diverse volte la mia famiglia ma ha colto solo lui. Pero' tante volte penso che quel giorno qualcosa se ne e' andato con lui... per non provare dolore ho imparato a "isolare" le parti piu' sensibili di me; questo ha significato soffrire di meno la sua partenza ma ha anche colpito la mia capacita' di provare certe emozioni...

Mi restano come per Gughi i ricordi delle tanti estati in montagna tra i gelati e i regali che ci stupivano sempre, le gite alla Lazzaroni di Saronno e da Rachelli in Piazza Gramsci, della Settimana Enigmistica fatta assieme (I quesiti della Susi e l'Aneddoto cifrato, che ad oggi quando mi capita quella rivista tra le mani faccio sempre in sua memoria), dei suoi ultimi anni in pensione con sempre meno energia ma con la volonta' di non lasciarsi andare.

Ma il ricordo piu' forte e' di quando, qualche anno dopo la sua dipartita, ero nel salotto di casa sua e ho completato il mio primo enigma scacchistico ("Il bianco muove e vince in quattro mosse"): ho alzato la testa con il cuore che batteva chiamandolo... Il tempo di realizzare che non era piu' li' e un groppo mi e' salito in gola... e sale anche adesso...

conversazioni famigliari

Marta: "Matteo, sai perchè la mamma ha questa ferita?", indicando il segno lasciato dal cesareo.
Matteo: "ee botteee!"

tec

Durante la navigazione

Ieri, a spasso con Sbuzzy Boy, ho fatto una puntata da mia nonna. Il discorso, non so bene come, è finito su mio nonno Peppino.

Che ricordi ho di mio nonno? Vaghi. Mi ha insegnato gli scacchi, l’amore per la Storia e per l’Inter. Mi ricordo le mance, i regali e il carattere duro e spigoloso.

Avevo 10 anni quando si ammalò. Credevo bastasse rinunciare a qualche puntata di cartoni animati, dire qualche parolaccia in meno e Dio lo avrebbe salvato. Non poteva morire non perché lui fosse immortale ma perché a me non poteva capitare di vederlo morire.

Una mattina di sole, tornato da scuola, pranzavo da mia nonna. Un peso sul petto. Squillò il telefono. Era una delle mie zie che si trovava con lui in ospedale: “Veniamo a casa…” disse.

In quella frase c’è la fine di un’epoca. La fine della mia infanzia e della mia intangibilità. La fine della magia che avvolgeva il Natale, della sosta sul lago a comprare la torta che avremmo mangiato la sera nella casa in montagna e di mille altre cose. Se una cosa non era realizzabile mio nonno l’avrebbe fatta. Ad una festa di parrocchia scatenò un’asta(forse l’ho già scritto..) per comprare a me e mio fratello una bicicletta che il vincitore non aveva ritirato.

Una volta gli chiesi della Guerra. Mi racconto qualcosa. Gli chiesi se avesse ucciso qualcuno. Fece finta di non sentire e riprese a leggere il giornale. Io non trovai il coraggio di riformulare la domanda.

Mia nonna ieri sera era piu’ lucida del solito. Ricordava di un robot, un Mazinga enorme, che mio nonno ci regalò. All’improvviso ha ricordato un’altra cosa. Un sogno, che avevo rimosso, che facevo da bambino dopo la sua morte. Inseguivo un uomo che mi sembrava lui. Sfiancato lo abbracciavo per scoprire che non era lui. Mi svegliavo affranto. Accendevo la luce e guardavo la sua foto di quand’era soldato.

Le lacrime, mentre mia nonna ricordava, mi sono salite agli occhi.

Sono tornato a casa rise. Triste per tutte le partite a scacchi che non abbiamo fatto. Triste per le domande che non gli ho potuto fare sulla guerra e sul fascismo. Triste per i consigli che non gli ho potuto chiedere e triste per le partite dell’Inter che non abbiamo visto insieme.

In un istante, nel racconto di mia nonna, un iceberg di ricordi è riemerso nella gelida notte oceanica.

Ho sospeso la navigazione per ammirarne il malinconico scintillio…

Guglielmo

Ancora sul Bolla

L’intolleranza è una brutta bestia. L’intolleranza per le idee lo è ancor di piu’. Gino Bolla è un uomo scomodo. Diretto. Provocatorio. Durante alcune partite di calcetto il Bolla mi ha fatto perder le staffe. “Ho avuto paura mi volessi picchiare!” mi ha detto una volta.

Nel giro di due post è entrato in conflitto con i poteri forti del Conciliabolo e si è ritrovato fuori.

Un Fracanappa ammorbidito, la sua unica preoccupazione pare sia lo stato della giacenza della corrispondenza nel nostro Paese, è rientrato dall’esilio provato e pronto a flirtare con il Ministero dell’Interno del Conciliabolo: “Scelba” Tec.

La campagna elettorale incombe. Le elezioni americane pure. Il Conciliabolo, strumento di evangelizzazione, giace in uno stato vegetativo. L’innesto del Bolla, provocatore anarcoide, era proprio il tentativo di un ritorno alla vita. Chiamiamolo, per così dire, un progetto Lazarus in grado di resuscitare i repubblichini vandeani del blog.

SuperWalter, che ribalterà le sorti del tenzone elettorale (lo scrivo qui e mai piu’ lo rifarò), ha dichiarato che le elezioni non le vuole nessuno. Non la Confindustria e non il Vaticano….

Vorrei scrivere a Walter per dirgli che dell’opinione del Vaticano, su questo tema, non dovrebbe preoccuparsi. E nemmeno su altri. Al limite senta la voce dei cattolici che lo votano. L’opinione di questi non è detto che coincida sempre con quella di Roma.

Ecco. In questo Paese c’è bisogno del Bolla. Delle sue idee e dei suoi ragionamenti. Si può dissentire, ma se il Gino ha un pregio è proprio quello di indurre al ragionamento. Obiettando, incalzati dalla sua logica mefistofelica, si scoprono falle nel proprio pensiero e si affilano tesi ed ipotesi.

Per questo io lo rivoglio. Il Bolla, appunto, ha posto condizioni inaccettabili.

Le scuse di Tec, la promessa che entro tre mesi ammetteremo due donne nel Conciliabolo ed un post sulla gnocca (dopo il quale Tec lo caccerà definitivamente).

Inutile dire che il Tecnologo non chiederà mai scusa. Inutile dire che non troveremo mai due donne che entro tre mesi decidano di postare (io farei un eccezione solo per una che scegliesse come nickname “Eleonora d’Aquitania”).

Quindi?

Chiedo una tregua!

Il Maresciallo
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