mercoledì, febbraio 06, 2008

A4

L’A4 alle sei e cinquanta è un fiume di acciaio sporco. Bilici ondeggiano tra le corsie. Scollinano dalla cresta della linea tratteggiata sospinti da teloni gonfi di un vento minaccioso.

L’A4 mi fa paura. Macchine tedesche lucide come armature scivolano silenziose nell’ago che inietta adrenalina nel cuore pulsante brianzolo. Una delle zone piu’ ricche e produttive d’Europa. Vodka, acciaio, porte, freni, tessuti. Tutto scorre lungo la murata sinistra della mia Toyota. La mia mangiariso avanza fiera, il portellone ancora ammaccato, incurante dei camion che stringono, sbalzano, lampeggiano. Ma io ho paura.

La Pausini mi consola dicendo che quando sta con me la stanza corre a 100 all’ora. Non le credo e continuo a guidare. Bergamo è in fondo all’autostrada.

L’asfalto della A4 è scivoloso di sangue. Cerco di immaginare dove sia morto un ragazzo con cui parlavo al Cb tanti anni fa. Si può morire, andando al lavoro come in guerra, su un autostrada del cazzo ed essere solo motivo per giustificare un ritardo al lavoro.

Ho appese lo giacca dietro. La camicia l’ho comprata in Corso Garibaldi. Detto così suona forte. Ma l’ho comprata all’Oviesse. La gamma Top, come mi ha detto un collega. Ma sempre all’Oviesse. La cravatta no. L’ho comprata in un negozio in Corso Garibaldi. Costa quanto la camicia. L’ho comprata di fianco al negozio in cui Archie si veste. Archie è un grande. Scommetto che in quel negozio fanno anche gli abbinamenti. Ti dicono: “Con questo vestito mette questa camicia, questa cravatta, questi calzini e queste scarpe”. Ho guardato la vetrina, ho sorriso pensando ad Archie che seleziona tessuti Tasmania ed abbina contrasti sulle tonalità dei ghiacciai alpini e del grigio nero del'ardesia, e sono andato oltre. La mia cravatta è proprio bella. Ho fatto il nodo che ho imparato a fare nell’Arma. Ogni volta che faccio il nodo alla cravatta penso all’Arma.

Centodieci, cento, 90,80,65…coda.

Penso a Sbuzzy. Al suo caldo odore di borotalco e saliva.. Alle sue guance gonfie da baciare. Al suo corpo compatto come un pittbull. Sbuzzy è un toro. Se lo butti giù si rialza come uno di quei birilli con il fondo convesso. Sbuzzy ha mani e piedi da guerriero. Sbuzzy ha occhi come il cielo dell’Alaska e silenzi lunghi come l’inverno. Sbuzzy ha sguardi sfuggenti. Sbuzzy ha occhi che parlano.

“Papone…ci siamo svegliati e ti cerchiamo…”

E’ Federico. Sbuzzy è al caldo. Sta facendo colazione e pensa a suo padre. Sbuzzy non è sulla A4.

Bergamo è in fondo alla strada.

Squilla il telefono. E’ Riccardo. Il professore. Riccardo ha pensieri affilati come ferri da chirurgo.

Ha il cuore di un leone. È luce che si espande. Se entra in una stanza mi sembra che tutto si illumini delle sue parole, dei suoi gesti e della sua follia (una scheggia della mia…).

La giornata di lavoro è lunga.

Ancora la A4.

Si può essere fieri di aver pescato, di aver piegato il ferro, di aver insegnato, venduto, comprato, messo mattoni, montato caldaie, vinto una causa, lavorato ad un computer, sistemato scaffali. Basta aver fatto bene il proprio lavoro, qualunque esso sia, con amore e passione. Il mondo, qualcuno ha detto, si cambia anche con il proprio lavoro. Qualunque esso sia.

Imbocco l’autostrada.

Sono fiero del mio lavoro.

Milano è in fondo alla strada.


Il Maresciallo

2 Comments:

Blogger Tecnologo ha sostenuto

per una volta che vai a bergamo!
se avessi fatto un post ogni volta che ho fatto quell'autostrada... staremmo freschi. tra l'altro ora te la fai bellamente a 4 corsie... io l'ho fatta sempre coi lavori...
tec

10:15 PM  
Blogger fracanappa ha sostenuto

Per non parlare di quando dopo Bergamo era ancora a due corsie, per cui da Dalmine a Bergamo scattava una sorta di Gran Premio per arrivare al curvone di Bergamo davanti a tutti i camion....

8:50 AM  

Posta un commento

<< Home

Creative Commons License