martedì, gennaio 19, 2010

Giu, al confine...

La zona in cui vivo non è una zona centrale. E’ un paese che lentamente è affondato nella città. C’è un monumento dedicato non ai Caduti di Milano ma a quelli del paese che era prima che questo piatto pezzo di terra venisse innestato come un organo e collegato alle vene della città.

Ma, conoscendolo bene, è possibile definire con certezza i confini di questo angolo di città.

La vecchia trattoria in fondo alla via, che credo fosse dei miei bisnonni, e che sembra uscita da un film degli anni ‘70 (qualche sera uscirò di casa e ci andrò, con il piglio dello scrittore, a berci una birra. Resta da definire se sia piu’ rischioso andarci armato o meno. Cosa troverò? Assi polverose? Botole affacciate su bui scantinati ? piatti cucinati in vecchie cucine trasudanti grasso rappreso? Innominabili traffici?).

I giardini, a volte abbandonati a volte trasformati in orti, che d’estate splendono di odori e di verde selvaggio.

La trama delle case si sfilaccia in cortili, capannoni e fabbriche. Volendo, indossando un casco coloniale, ci si può addentare nelle vie che irrorano di rare auto il viale che delimita il quartiere (è una delle vie di accesso a Milano): portoni scrostati socchiusi su vecchi cortili, panni stesi, parabole e ringhiere. Diverse case risalgono agli inizi del secolo. Non sono orrendi palazzoni di periferia ma case dai colori tenui, dai tetti di tegole rosse,dalle cantine odorose ed umide e dai cancelli arrugginiti e scardinati.

Tra ritagli di muri, inaspettati scorci di alberi, edicole dagli affreschi ormai scrostati e cortili segreti. Ci sono ancora alcuni rari negozi in cui i vecchi si siedono per ore a parlare con i negozianti e se li si incontra in piazza del Duomo ( i vecchi) si fermano a parlare come farebbero due viaggiatori che si incontrino alla foce del fiume Volga.

Vecchi e grigi edifici liberty vuoti giacciono abbandonati (invitano all’esplorazione in attesa che vane promesse di riqualificazione si concretizzino) e sovrastati da nuovi palazzi che svettano verso il cielo con la loro corte di negozi ed un centro commerciale sfavillante.

Ogni tanto vago per la zona a piedi cercando di vedere i segni del passato. Cercando di immaginare la vita 60 anni fa, immaginando come sarà quando la furia dell’Expo si abbatterà sulla città passando da queste vie e cercando di capire quali vite scorrano dietro le persiano socchiuse.

Spero che dalla furia di cemento di questi anni ne esca una città migliore. Con piu’ verde, piu’ piste ciclabili, meno traffico e piu punti di aggregazione per tutte le generazioni.

Intanto mi limito ad immaginare cosa accade dietro le vetrine della trattoria, giù, al confine.

In attesa di quella sera in cui prenderò il coraggio a due mani….

Gughi

1 Comments:

Blogger sibilo ha sostenuto

Non credo sia più così! Ma, all'immagine di botole affacciate su bui scantinati e di piatti cucinati in vecchie cucine trasudanti grasso rappreso (è l'immagine che io bambina rivivo) puoi aggiungere la tua bisnonna che prepara un risotto fatto con il brodo di carne e il midollo, gli ossi buchi, i lessi, i piatti tipici milanesi, mentre il tuo bisnonno al banco mesce il vino tratto da una vasta e buia cantina.

8:31 PM  

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