lunedì, dicembre 07, 2009

Ancora Wallace....

In cosa consiste la grandezza di David F. Wallace?

Perché sul web se ne piange la morte e si parla di lui come un genio?

E’ difficile trovare la risposta. Ma sfogliando l’ultima pagina di “Tennis, Tv, trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più)” ho provato dispiacere. Come se un vecchio amico, con cui ho colloquiato per ore davanti ad una birra, si fosse deciso a pagare il conto e tornare a casa. Perché la sensazione che si prova leggendo le pagine del libro e di trovarsi con un amico che ci conosce e che conosciamo da tempo e ci racconta, per il piacere di raccontare, di qualcosa che ha fatto o visto.

E poco importa che si tratti dei film di Lynch, della televisione americana, di un tipica fiera statale del mid west e dell’Open di tennis canadese. E’ senza apparente sforzo che l’autore dispiega su pagina, con una scrittura fluida, riflessioni e descrizioni che rendono comprensibile quasi tutto. La grandezza di Wallace non risiede nella scrittura in se. E’ la sua intelligenza, la sua sensibilità e la sua umanità che gli permettono di raccontare la realtà cosi bene. David (suona strano chiamarlo per nome, ma è il primo autore che mi viene da chiamare così…) non racconta i retroscena della realtà. Si limita a raccontare ciò che è sotto gli occhi di tutti ma che nessuno è capace di guardare e comprendere. Non guarda da una posizione diversa o privilegiata. Si limita a guardare. Il privilegio, semmai, deriva dalla sua intelligenza e dalla sua capacità di analisi. Dalla curiosità con cui osserva i dettagli dell’universo che lo circonda. E’ una mente matematica che ha trovato nella parola la sua massima espressione. In uno dei racconti che ho letto (tratto da “La ragazza dei capelli strani”) parla proprio di questo. Di una mente forgiata dalla logica e dalla matematica che cerca una nuova strada nelle narrazione. Quelli di Wallace non sono rimandi che ci colpiscono da una testo all’altro. Sono solo un unico grande disegno. Ogni saggio, articolo, racconto è un pezzo di una vasta percezione dell’universo. Non ci si stancherebbe mai, se non quando arriviamo ai nostri limiti, di seguire e d ascoltare i suoi ragionamenti. Non cerca l’emozione. Cerca il reale. La scrittura è uno strumento con cui vuole comunicare. E’ come se, osservando un asso del calcio che fa un numero che pare semplicissimo, ci mettessimo in campo pensando di poterlo rifare. Non ci riusciremmo mai. Perché dietro quel gesto atletico, che pare quasi naturale, non c’è solo talento e dura applicazione. C’è di piu’. La sua scrittura è così. Ci appare semplice ma se provassimo a descrivere ciò che lui ha descritto ed ha tenere per molte pagine un filo logico coerente ed avvincente non ci riusciremmo mai.

Se parla di televisione ci mostra, lontano dai luoghi comuni, (ma mai, poi, questi luoghi comuni dovessero rivelarsi veri lui li verificherà sul campo) cosa sia questo ”mobile” che fissiamo nel chiuso delle nostre case. Con quali mezzi perpetui il suo dominio su di noi e le connessioni con il mondo della pubblicità.


Se viene inviato agli Open di tennis canadesi non ci parlerà delle superstar ( se non per mostrarcele per come sono. Senza la deformazione dello schermo televisivo e del marketing) . Ma ci racconterà dei giocatori che lottano per sopravvivere tra i primi 100 al mondo. Ci parlerà delle oscure partite dei gironi eliminatori. E lo farà con una tale passione e competenza che non potrà che coinvolgerci. Perché dietro ogni dettaglio, la pettinatura di un giocatore, la sua maglietta, uno stand che accorda racchette c’è un mondo. C’è l’umano.

E nulla, di ciò che è umano, ci può essere estraneo…

Questa è la sua lezione.

guglielmo
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