martedì, agosto 25, 2009

La Trilogia Adamsberg



Sono stato travolto da insana passione per Fred Vargas ed il suo commissario Jean- Baptiste Adamsberg, del XIII° arrondissement di Parigi.

Adamsberg è uno sbirro atipico. Il suo metodo d’indagine è basato sull’intuizione e la sensazione.

La soluzione de casi, da cui è letteralmente travolto e che vede montare pezzo per pezzo intorno a se, è come se comparisse ai bordi del suo campo visivo. Sfuggente, la soluzione, vaga nella nebbia e l’unico modo per inquadrarla è quello di sgombrare la mente da ogni impedimento smarrendosi osservando la corrente di un fiume o disegnando foglie ed alberi.

Trova una perdita di tempo vestirsi e la sue mente è l’esatto contrario dell’efficienza. Non ricorda i nomi delle persone che incontra ma è capace di inquadrarli al primo sguardo. Vede, come dice lui, trasudare il male dalle persone e dalle loro azioni.

Si muove svagato in mezzo a crimini tremendi con l’aiuto del suo vice Adrien Danglard, la sua controparte razionale, in scenari sempre diversi che la Vargas descrive sempre con pochi ma efficaci tratti.

Fred Varga è ricercatrice di archeozoologia ed esperta in medievistica e la sua opera, sempre attraversata da simboli e misteri che affondano le radici nel medioevo, è carica di suggestioni ed ironia.

Adamsberg non è un uomo tormentato.E' è un uomo che attraversa la vita con leggerezza. E’ un vincente senza esserlo. Risolve omicidi in serie ma pochi paiono apprezzare le sue capacità (difficilmente definibili). Il suo volto, il suo simbolo, è un insieme di caratteri che presi uno ad uno sono insignificanti e persin brutti ma, composti insieme, producono un effetto di bellezza innegabile.

Lui è cosi. Veste male ed in maniera sciatta. Parla a lungo e lentamente. Indispone per la sua lentezza e per la risposta che dispensa con maggior frequenza : “non so...”. Non è ne bello ne forte. Non è nealto ne atletico. Ha diverse donne ma è innamorato di Camille che gli sfugge per motivi che nemmeno lei comprende. I colleghi si domandano da dove nasca la sua folgorante carriera, della quale lui poco si preoccupa. Insomma un uomo dai caratteri mediocri. Ma questa mediocrità si miscela in un unico fenomenale che produce un personaggio con il quale ci si sente in sintonia.

La bravura della Vargas è nella costruzione dei personaggi di contorno nell’ambientazione. La trama è spesso semplice. Gli omicidi, alla fine, sono dettati da motivi comuni (“Sono quattro le motivazioni per uccidere....”), e, come detto, il meccanismo con cui Adamsberg scopre il colpevole non è mai mosso dalla deduzione e dalla logica. Ma i personaggi sono ben tratteggiati e mai banali. La trama è arricchita da dettagli che rendono credibile particolare la narrazione e da un’ironia in cui sempre la Vargas intinge la penna.

Nulla di travolgente ma ogni pagina regala un sorriso o sorprende per l’originalità.

Da leggere quando fuori è buio, le montagne incombono insieme ai latrati lontani dei cani ed ai rumori dei boschi. Da leggere alla luce di una lampadina fioca e su un vecchio cigolante letto di legno. Negli ultimi tre giorni di vacanza in Brianza mi lascerò stregare dalla Vargas ed i suoi personaggi.


Guglielmo
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