lunedì, maggio 25, 2009

Nel bosco

I bambini sciamano intorno all’autobus. I genitori, un po emozionati, aspettano di vedere i loro bambini salirci sopra. Riccardo, con lo stesso sguardo con cui osservava un tulipano o un vecchio motorino abbandonato da piccolo, osserva la scena. Da lontano, senza che si accorga, lo guardo. Osserva, con interesse, i bambini che corrono. E’ perso nei suoi pensieri. Mi sembra che non conosca nessuno e questo mi preoccupa. Orbita a distanza da noi, come se sapesse che a breve io e sua madre non saremo piu’ li. Si siede sui gradini dell’autobus. E’ impaziente di partire. Gioca un po con Icus e poi, quando viene dato l’ordine di salire, parte come un razzo.

“Riccardo! Non ci saluti?” gli urlo.

Torna indietro. Ci abbraccia e bacia e, senza ombra di dubbi o ripensamenti sul viso, parte.
Una mamma piange. Giriamo intorno all’autobus per vederlo dai finestrini. Lo troviamo. Sollevo Federico fino all’altezza dei sedili. Icus batte sui vetri. Ridono e si salutano. Mi sento un po stupido, ma mi viene un po di magone. Tra lui e la realtà non ci sarà il filtro che noi ogni giorno poniamo. Le difficoltà, le paure che dovrà affrontare nelle successive ore, saranno solo sue. Forse non ne incontrerà.

Lo immagino ragazzo che va via da casa e mi sembra di aver individuato nel mio cuore la porzione che si staccherà quando accadrà. Relego il pensiero nel futuro remoto ma, per esperienza, so che le cose che fingiamo lontane prima o poi capitano. Mi consolo pensando di riuscire a godermi i mie ragazzi piu’ che posso oggi.

Il bus parte e noi tre restiamo li, sull’asfalto già bollente. Icus, spirito pratico, si gode da figlio unico la sua mamma ed il suo papà. Per ogni cosa che ottiene, una paletta da mare ed una bottiglietta d’acqua dai nonni, si preoccupa di prenderne una per suo fratello. Anche a lui manca il suo filtro alla realtà.

Domenica alle 16.00 siamo in montagna. Appena ci vede, ci corre incontro felice. Mi abbraccia forte e mi stringe. Lo metto per terra. Indossa il cappellino verde. Subito si ricompone. Con una voce che mi pare un po forzata dall’emozione e dall’orgoglio, ci mostra la struttura. Come se si fosse preparato il tour ci mostra le stanze, i bagni e gli animali della fattoria attigua. Ci racconta cosa è successo e cosa ha fatto. Ha capito anche lui che ha fatto qualcosa di diverso.

“E’ andato tutto bene. La torcia è andata bene. Non l’ho rotta!”
Lo abbraccio ancora forte e gli carezzo la testa. Quasi mi sento in colpa, ma poi capisco che orgoglioso di aver mantenuto fede all’impegno di curare la mia torcia e della fiducia che gli ho accordato.

Saliamo in macchina e partiamo.
“Cosa ha detto la Simona? Mi sono comportato bene?”“Si...io e la mamma siamo fieri di te. Hai dimostrato che la fiducia che ti abbiamo dato era giusta.”
“Posso venire ancora?”
“Certo...come è andata la gita nel bosco di notte?”
“Era buio...avevo paura ad entrare...ma poi mi sono fatto coraggio e sono entrato. Ero mano nella mano con un altro bambino ma correva. Io andavo piano perchè volevo vedere i folletti...ho visto un grillo...”

Guglielmo
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