sabato, agosto 23, 2008

L'evoluzione di una stella

Da piccolo (lo è ancora, ma a volte, guardando i suoi sguardi e la lunghezza delle gambe sottili mi sembra entrato in una nuova fase della sua vita) era una Supernova. Sprigionava energie impensabili e sembrava che un mondo intero si animasse nel suo petto.

Come tutte le stelle è passato ad una nuova fase: il buco nero.

Riccardo è dunque un misterioso campo di energia che tutto assorbe.

Se non è impegnato in qualcosa (in genere lo si deduce dalle urla sue e di suo fratello che si gettano, ad esempio, allo sbaraglio sul trenino delle Chicco) il nostro pretende di essere alimentato da energia. Nel dettaglio la mia.

“Papi, facciamo una partita a bocce?”
“Si..:”
“Quante ne facciamo?”
“dodicimilaseicentoquarantasette partite!” dico tutto d’un fiato.
“davvero?” dice ridacchiando tra l’ingolosito e l’ironico.
Tira fuori le bocce e, ordinatamente, le dispone sul prato
“Papi…è tutto pronto!” urla se tardo.
La partita ha inizio.
“Che carezza!” dico per sottolineare un mio bel tiro.
Ogni tanto si dimentica il colore delle sue bocce o discute sulla distanza dal pallino tentando, in buona fede, di appropriarsi di punti non suoi. Discutiamo e poi, a spanne, risolviamo la questione.
Se fa un bel colpo alza le braccia al cielo. Se io lo supero si getta teatralmente a terra sconfortato. Quando vince o è in vantaggio mi dice “Aspetta..:”e corre in casa per comunicare a sua madre il trionfo. Se una delle mie bocce si pone sulla traiettoria del boccino lui, disinvoltamente, la sposta di fianco perché “Così non vedo il boccino!”


Finito il torneo di bocce, con Sbuzzy che scaglia pericolosamente sfere di plastica a destra e manca convinto di partecipare all’evento, si parte con il calcio. Il prof si piazza in porta (quella del Decathlon ricevuta al compleanno) e, gettandosi a destra e manca, cerca di parare le mia cannonate.
“Parata di pisello!” Urla soddisfatto se viene colpito nelle parti basse.
Io cerco di piazzarla nei buchi che lui lascia scoperti. Se gli suggerisco di piazzarsi meglio in porta mi guarda insospettito come se tentassi di fregarlo. Per movimentare la cos ogni tanto mi fermo,guardo alle sue spalle, e dico d’un fiato cose tipo:”guardaquelmattosultettoconuncoccodrillonellorecchio!”

Lui si gira subito ed io lo infilo. Allora ride ma pretende che il goal venga annullato.

Finita la partita tento di guadagnare il giornale. Ci mettiamo sul lettone, mentre la Susy sistema in cucina o mette a letto Sbuzzy, ed io leggo il giornale e lui Topolino. Se lo si chiama non risponde fingendo di non sentire. Osservo allora le sue labbra incresparsi lievemente soddisfatto del suo scherzo. Finito il Topolino torna all’assalto:“Papà mi racconti una storia?”
A questo punto ci sono due opzioni. La prima consiste nel dire: “Riccardo lasciami un attimo tranquillo! Sto leggendo il giornale!”.
“Ma se è tutto il giorno che sei lì bel tranquillo!” dice dimenticando che le ultime ore sono trascorse al suo servizio.

Oppure inizio a raccontare una storia di pirati e cavalieri punteggiati di episodi piu’ o meno reali che coinvolgono Governatori, navi, fortezze, tesori, castelli e via dicendo. In genere ci addormentiamo insieme ma non prima che lui mi abbia detto una paio di volte. “tieni gli occhi aperti….”. Se superiamo anche la storia allora si gioca l’arma finale.
“Ma ancora non mi hai letto le storie!” dice stizzito riferendosi alle “Fiabe Italiane” di Calvino.

Quindi, descrivendo a modo suo la trama, ne specifica una.

Il bello è che la sera, prima di addormentarsi dai nonni, dove risiede con suo fratello durante la settimana, si addormenta piagnucolando: “Mi manca la mia mamma…”.


Guglielmo
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