sabato, aprile 05, 2008

Il dio mercato ed il dio profitto

Mercato e profitto sono le due divinità del nostro tempo. Gli illuminati liberali del nostro tempo, a seconda della convenienza, invocano l’uno e l’altro come regolatori supremi delle questioni economiche. Il mercato ed il profitto sono i migliori regolatori ed i migliori allocatori delle risorse (capitale, risorse naturali, lavoro) disponibili. Questo è il credo.

Ma non sempre è cosi. Se qualche banca in Gran Bretagna o negli Stati Uniti, patrie indiscusse del Mercato e della libera impresa, rischia il fallimento lo stato, tramite la banca centrale, si fa carico di perdite faraoniche ( vale per tutti il caso di Bearn Stearns 29 miliari di usd e Northern Rock in Uk per 25 miliardi di sterline). Queste perdite vengono poi riversate sul pubblico e quindi sui cittadini.

Le motivazioni che spingono a questo onerose operazioni vanno ricercate nel rischio che tracolli di grandi banche inneschino una reazione a catena che, in sostanza, faccia collassare l’intero sistema finanziario con ripercussioni tutte da studiare.

Sarebbe bene che le Banche Centrali, e gli altri organi preposti, impedissero a queste società di effettuare operazioni (derivati, prestiti selvaggi) che mettano a rischio la loro stabilità e quelle di migliaia di famiglie ed aziende “costrette” ad indebitarsi e a utilizzare strumenti finanziari incomprensibili e capaci di amplificare in maniera esponenziale normali oscillazioni di mercato.

Questo non è stato fatto. Senza alcun controllo, e malgrado numerosi allarmi, il mercato del credito, i prezzi delle case e l’utilizzo di strumenti derivati, sono lievitati in maniera esponenziale creando le condizioni per un crollo dalle conseguenza devastanti.

Perchè si è permesso che queste banche, insieme ad altre ancora piu’ spregiudicate, si arricchissero a dismisura, indebolendo il sistema economico, innescando spesso speculazioni e bolle nell’economia reale e nella finanza per poi scaricare debiti e rischi sul pubblico? I guadagni macinati negli anni sono stati distribuiti nel management e tra gli azionisti perchè ora devono pagare i cittadini?

Un discorso simile vale per Alitalia.

Negli corso degli anni, grazie alla complicità dei sindacati e delle forze politiche (di ogni bandiera e colore), Alitalia è stata trasformata in un carrozzone da utilizzare per favori politici e di vario genere. Ora pare che l’unica soluzione sia un ulteriore salasso per le casse pubbliche.

Ora le soluzioni sono due: il mercato (Air France o fallimento) o l’aiuto pubblico (Stato o la mitica cordata. “Almeno una fiche” dice Silvio inconsciamente denunciando l’azzardo dell’operazione).

Strano che la destra, fautrice del libero mercato, si rifugi in una ipotetica cordata che, credo, avrebbe come scopo quello di mantenere lo status quo. Il controllo resterebbe in mani italiane e consentirebbe gli eterni giochini e gli eterni scambi. L’ingresso di Air France, per quanto doloroso e traumatico, consentirebbe di salvare il salvabile e di valorizzare ciò che di buono c’è ancora in Alitalia. Se davvero Air France mettesse in atto strategie tese a penalizzare l’Italia, si aprirebbero spazi sul mercato che altri vettori (o la mitica cordata) potrebbero riempire. (Nota a margine: in un Paese normale le oscillazioni di Alitalia in borsa avrebbero meritato qualche indagine degli organi preposti)

Per ciò che riguarda i sindacati credo che, facendosi carico delle responsabilità nelle precedenti gestioni, dovrebbero mostrare piu’ realismo e comprendere che Air France, probabilmente, è l’ultima chance.

Come pare abbia detto Spinetta ripartendo per Parigi “Non è pensabile che Air France si sostituisca allo stato padre che sino ad oggi ha assistito Alitalia."


Gughi
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