lunedì, marzo 31, 2008

Il Killer ed il Poeta

Alla fine Susanna ha ceduto. Abbiamo iscritto Riccardo ad una scuola calcio in oratorio. Cosa c’è di piu’ bello dell’odore dell’erba in primavera, del tiepido sole di primavera che scalda il volto, della stanchezza che ci prende dopo la corsa e gli scatti. Cosa è piu’ intenso di un branco di maschi che giocano a pallone? Vigilando che non ci sia troppo agonismo, troppe urla e parole ho accompagnato Riccardo, insieme a Federico, al suo secondo “allenamento” (con lui evito questa parola e mi limito a dirgli “giochi a calcio stasera?”).

“Mi accompagni fino a li?” mi ha chiesto indicando il gruppetto di ragazzi che guida i bambini.
“Perché? Mica ti mangiano…”
“Perché voglio darti un bacione!”
L’ho accompagnato sino alla porta ed ho salutato i ragazzi. Riccardo mi ha tirato a se e mi ha dato un bacio. Ha preso un pallone ed ha iniziato a parlare.
Un suo compagno di asilo gli ha chiesto: “Ma ci sei anche tu Riccardo?”
“Si. Sono già venuto ieri (in realtà sabato)”
“E non hai le scarpe da calcio?”
Riccardo è uno dei pochi a non avere la maglietta di una squadra di calcio e l’unico a non avere le scarpe adatte.
“No!” ha risposto felice “Ho queste!” ha urlato indicando le sue vecchie Nike.

Riccardo è questo. Un entusiasta. Uno di quelli che sorride sempre. Corre. Fa una capriola. Dribbla dei paletti di legno e torna di corsa. Intanto ride. Altri bambini stringono i denti, hanno la faccia tesa per lo sforzo e l’impegno. Lui sorride felice. Se segna un goal esulta felice e se il portiere all’ultimo devia il suo tiro lui esulta lo stesso: “Noooo! L’ha parata!” dice quasi ridendo della bizzarria delle traiettorie della palla e della vita. Ogni tanto interrompe tutto e corre da me e Sbuzzy. Abbraccia suo fratello e lo bacia. O si interrompe e, dopo averlo salutato, fa cenni incomprensibili a Federico che credo intendano preannunciare una prodezza . Alla fine gli ho dovuto dire: “Pensa al gioco!”.

Riccardo non ha l’istinto del killer. E’ un poeta. E’ uno che vede la bellezza in ogni cosa. Uno che si entusiasma per nulla e che lascia che la fantasia corra sfrenata. Si getta tra le onde con fiducia e coraggio.

Ho riletto un vecchio post in cui lo descrivevo che guardava sognante il mondo che lo circondava e studiava con incanto il giallo ed il rosso sgargiante di un’aiuola di tulipani. Era già cosi quando aveva poco piu’ di un anno.

Sbuzzy, invece, è un killer. Sedute al nostro fianco stavano due ragazzine. Intente a guardare i giocatori piu’ grandi (7/8 anni) e chiamando i loro nomi per metterli in imbarazzo.
“Dai Pietro!”, “Ehi Kaka” “Hai visto Alex!?” urlavano dandosi di gomito. Tra le mani tenevano il bene più prezioso che Federico potesse anelare: un pacchetto di patatine al formaggio.

Sbuzzy Boy, con il cervellino che girava a mille, ha subito capito che il pacchetto in questione esulava dalla mia giurisdizione. Ha capito che doveva cavarsela da solo. Ha iniziata a guardare la signorina al suo fianco studiandone i punti deboli. Protendendosi verso il pacchetto, ma tenendo le manine ben a posto, cercava di capire quale fosse la via piu’ rapida. Ha fissato la lunga treccia della bambina ed ha iniziato a carezzarla. Vedendo che la fanciulla non dava segni di sorta ha giocato il tutto per tutto. Ha raccolto la manina in un pugno e, con le nocche morbide e le prime falangi, ha iniziato ad accarezzare il collo della bambina proprio sotto l’orecchio. Lei, occhi verdi e lentiggini appena accennate, si è voltata sorpresa per cotale audacia. Sbuzzy, che tra quelli che lo conoscono passa per timido ma che in realtà è solo scontroso, le ha sorriso (il primo sorrise fatto ad un estraneo negli ultimi quattro giorni). Il sole, al tramonto, scintillava negli occhi piu’ azzurri che si possano vedere. Il Brad Pitt dei noantri ha piegato dolcemente il crapino.

“Come sei bello…che bei capelli…” . La fanciulla ha iniziato a passare la mano nella massa bionda di Sbuzzy. Lui, notoriamente refrattario a qualsiasi contatto, ha lasciato fare. Lei, che non ha ancora capito che al mondo ci sono maschi come Sbuzzy (che si accarezzano il collo è perché si aspettano qualcosa indietro…) è tornata alle sue occupazioni. Federico, arrendevole come un pittbull, non ha mollato la presa. Dopo aver nuovamente carezzato e studiato la lunga treccia della sua preda, ha nuovamente accarezzato dolcemente la nuca della sua bella. A questo punto lei è crollata “Ma come sei dolce! Che belle manine che hai…”. A questo punto Sbuzzy ha giocato il jolly. Ha sorriso. Le fossette di “Hollywood Sbuzzy Boy“ hanno dato il colpo di grazia. Dopo mia autorizzazione la puella ha infilato nella fornace di Sbuzzy una patatina. Fede non è uomo da un colpo e via. Ha estorto, con moine varie, un’altra patatina ed un popcorn alla di lei amica (Dio scampi le coppie di amiche dalla strada di “Nato il quattro luglio” ). Alla fine, le gambe ciondoloni dalla panchina, Federico sembrava soddisfatto. Se avrà un decimo della parlantina del fratello ritengo che nessuna donna, da qui sino agli Urali, possa dirsi al sicuro.


Guglielmo
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