domenica, marzo 09, 2008

Il cielo di Lombardia

Il sole è tramontato da poco, portandosi via una delle rare giornate in cui un’ottimista, particolarmente in forma, può pensare che Milano sia un bel posto per vivere. Un vento deciso, di cui Aurelio non conosce il nome, ma è sicuro che nessuno gli abbia mai dedicato un verso o una canzone, ha spazzato l’aria e trascinato via nuvole ed umidità. Una di quelle giornate in cui Aurelio avrebbe salutato i colleghi in ufficio con un “Oggi si vedono le montagne!” dimenticando, come ogni abitante della città, che le prime increspature dell’arco alpino sono a poche decine di chilometri di Milano e che è strano non vederle piuttosto che il contrario.

Dall’arco delle prealpi pare essere giunta sino in città un’aria carica di odore di terra, foglie e di qualcosa di indefinibile e fresco che spinge a respirare sino a gonfiare il petto ed i polmoni a scoppiare. Mentre aspettava inutilmente di veder comparire Marianna, Aurelio, guardando senza mai saziarsene il cielo blu profondo graffiato da filamenti bianco latte, ha ripensato al cielo di Lombardia di cui parlava il Manzoni nei promessi sposi. Ha ripensato, con nostalgia, alla scuola. Alla sua professoressa d’italiano. Alle scelte, che parevano prive di significato e conseguenze, che ha iniziato a fare in quei giorni ed a come ognuna di esse lo abbia portate a quel preciso istante. A quel preciso stato d’animo. Si è sorpreso a sperare che la vita, come i romanzi, dia sempre una seconda, una terza e forse una quarta possibilità. O che almeno dia una possibilità di riscattare tutto.

Ha guardato il Casio e si è incamminato verso il McDonald. Ha costeggiato il fiume d’acciaio sporco (si ricorda di aver letto qualcosa di simile in un racconto da qualche parte e di essersi stupito che l’autore avesse avuto la stessa percezione del traffico che decine di volte lo ha inghiottito quando percorreva quell’autostrada piu’ volte al mese per lavoro) seguendo l’odore di patatine trascinato a folate dal vento.

Lo sbirro ha occhi tristi. Aurelio ripensa ai Ray Ban da pilota da caccia ed immagina li indossasse per non mostrare la tristezza. Come ogni volta che si relaziona con qualcuno che non viva nell’inferno in cui vive lui, Aurelio cerca di comportarsi come se la sua situazione non trapelasse da ogni dettaglio del suo abbigliamento, della sua cura personale e, per i piu’ attenti, della sua anima.

Luca sfila la mano sinistra dal giubbotto di panno grigio che indossa e la porge ad Aurelio.
“Ciao, Luca…”
“Buonasera, Aurelio…”
Luca ha circa venticinque anni. Forse meno.. È abbronzato da lampada e non porta la pistola fuori servizio. Aurelio lo deduce dal giubbotto troppo corto che il poliziotto porta aperto.
“Hai fame?”
“No…no…” cerca di dire senza troppa convinzione Aurelio.
Si sente offeso dall’inizio della conversazione sino a quando Luca riprende:
“Io non ho ancora mangiato. Mi fai compagnia?”

Il barbone annuisce come se accettasse per educazione.
“Non pensavo saresti venuto.” dice Aurelio.
“Non si mangia poi così male qui…” sorride Luca.

Lo stomaco del barbone si contare e dilata appena vengono investiti dal calore del locale gravido di odori di grasso e sapori forti.
“Cosa vuoi? Non offenderti ma offro io…prendi quello che vuoi…per favore…”

Aurelio cerca di fare il pieno di proteine, carboidrati e zuccheri. Luca prende un panino ed una coca.
“Allora…come è la storia di Rosanna…raccontami” dice facendo un sospiro tra lo stanco ed il triste.

“Marianna…Marianna…” dice Aurelio stringendo un panino enorme. “ veramente è un nome che le ho dato io…”

Lo sbirro sorride, aspira come un ragazzino la coca cola dalla cannuccia e spara: “E dove abita?”

“Non lo so. La vedo solo alla montagnetta”risponde secco Aurelio temendo un tranello. Fissa il ragazzo che gli ha offerto il pranzo aspettando una reazione o un’altra domanda insidiosa.. Ma Luca non è un investigatore e si limita a fissare il barbone in attesa del seguito.

“E’ come ti ho detto. Una ragazza che vedo correre spesso. Tre giorni alla settimana. Sempre lo stesso percorso circa nello stesso tempo. Quando è in forma. Ieri è successo qualcosa. Non ha completato il giro. Le è successo qualcosa…nessuno ha denunciato nulla?”

“No. No…ho chiesto anche oggi quando sono rientrato al commissariato. Niente. Nessuna denuncia di scomparsa che corrisponda. Secondo me ti preoccupi troppo. Magari ha solo preso una storta. Ha incontrato un amico. Un’amica. Si è ricordata di un appuntamento. Non conosci nemmeno il suo nome….”

“Io la conosco!” risponde Aurelio in un modo che sorprende persino lui. Subito si pente temendo che Luca lo scambi per un pazzo o un ubriacone. Sono due giorni che non beve…
“Io la conosco…” riprende con piu’ calma” non ha amici che corrono. Non prende mai impegni che interferiscano con la corsa. E se si fosse fatta male sarebbe tornata alle sbarre a fare comunque stretching…e non credo che qualcuno, se sparisse, farebbe denuncia…”

“Non ti sembra di aver dedotto un po troppe cose su di lei? Non ha una madre? Un Padre? Qualche collega che la cerchi…” Luca solleva il polsino della camicia e guarda l’orologio. Estrae il cellulare dalla tasca del giubbotto che ha appeso alla sedia e fissa il cellulare in cerca di un segnale che, Aurelio stabilisce osservando i suoi occhi, non pare esserci.

“Ascolta, io sono un barbone. Sono un ubriacone. Non ho piu’ niente…se non quella donna. Posso dirti quando ha avuto una giornata storta al lavoro. Posso dirti quando esce con un uomo per la prima volta e quando ha appena chiuso una storia. Posso dirti quando si sente sovra peso e quando un leone. Posso dirti quando passerà un sabato sera mangiando pizza da un cartone e vedendo un Dvd noleggiato. Tutto questo…da come corre. Da come fissa la strada di fronte a lei. Dalla maglietta che indossa e da come ha raccolto i capelli…ho solo questo…solo questo…a quella donna è successo qualcosa” dice sorridendo amaramente. Subito si pente di quella sincerità. E’ quasi certo che Luca si alzerà, inventerà un scusa, gli lascerà qualche euro e sparirà.

“Io sono un poliziotto da pattuglia. Non sono un investigatore. Cosa posso fare? Non posso fare indagini o una denuncia. Cosa vuoi che faccia? Anche ammesso che quello che dici sia vero. Non pensi di esagerare un po’? non voglio offenderti ma non credi di credere di conoscerla un po troppo? Non credi di aver immaginato un po troppo su quella donna? Di averla magari pensata troppo… “ Si passa la mano sui capelli corti strofinando con forza e sorride. Aurelio capisce che ha pronunciato quelle parole sforzandosi di non ferirlo.

“Ti sembro uno che ha qualche illusione dalla vita o che tempo per coltivarne?”

“No…direi di no…” dice il poliziotto ridendo dolcemente. “Ascolta…facciamo così…” si gira frugando nelle tasche del giubbotto mettendo sul tavolo un cellulare ed un cavo. “Ti lascio questo cellulare. Me lo ha appena ridato la mia ragazza…la mia ex ragazza…” dice con un tono di ironia che cerca di trasmettere con gli occhi ed un sorriso tirato “ la scheda è intestata a me. Non farci cazzate. Se vuoi venderlo e bertelo promettimi almeno di rompere la scheda. Se però lo fai, per me la questione è chiusa. Mostrami che ci tieni a questa faccenda. Io continuo ad informarmi al commissariato. Se ho novità ti chiamo. Se ne hai tu, se la rivedi, se scopri qualcosa mi fai uno squillo e ti richiamo. Dovrebbero esserci una decina di euro di telefonate ancora. Se hai bisogno te lo ricarico. Non rispondere alle chiamate, se non alle mie….che dici?”

“Va bene…va bene….” Il cellulare, al di la delle parole, gli sembra un impegno.

“Ora devo andare…” riprende Luca. “Finisci di mangiare con calma…un’altra cosa…non voglie sentirti che hai bevuto o per me è chiusa. Su questo non transigo…”

“Va bene…Va bene…grazie…”

Luca scrive il suo numero di cellulare sullo scontrino della cena. Nel darlo ad Aurelio trova il modo di dargli anche 20 euro. Alzando la sinistra livemnete e scuotendo la tersta rifiuta ringrazimenti e proteste.
“Hai qualche posto dove caricarlo?”

Aurelio annuisce. “Grazie…”

Luca viene inghiottito dal buio in agguato fuori dai vetri spessi e puliti.

Non è piu’ il solo a preoccuparsi per Marianna.

Osserva il Casio. Sono quasi due giorni che non beve. Finalmente ha un motivo per non farlo…
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