martedì, ottobre 23, 2007

Rosso

Non amo la Formula Uno e la seguo pochino. La trovo noiosa ed ingessata. Ma la rimonta della Ferrari e di Raikkonen mi ha appassionato. Vedere la tecnologia italiana trionfare su quella anglo tedesca è stato bello. Vedere le due Rosse, bellissime, acquattate ai piedi del podio mentre suonava il nostro Inno è stato il trionfo del lavoro e della correttezza sulla solita furbizia (per una volta non italiana). A parti invertite ci saremmo flagellati per anni su come gli italiani siano furbi e scorretti. Avendolo fatto gli inglesi (ma chissà perchè poi nessuno la chiama McLaren- Mercedes) si trattava di spy story.

Penso lo spionaggio faccia parte di questi sport dove il mezzo conta quanto il pilota. Ma credo anche che Hamilton e il suo team abbiano esagerato.

Il segreto della vittoria io l’ho trovato nelle immagini della tarda notte di domenica. Baldisserri esce dalla torre della pista. Nel petto la gioia della vittoria e la certezza del titolo stretta tra le mani. Potrebbe gigioneggiare davanti alle telecamere. Indugiare in commenti polemici o semplicemente celebrare la vittoria. Invece, indemoniato, continua a ripetere: “devo dirlo ai ragazzi”.

Si precipita verso la ripida scaletta in ferro e a passo spedito corre vero il box Ferrari. Si vede che vorrebbe correre ma la telecamera che lo infilza alle spalle lo impedisce. Tentano di bloccarlo con altre domande ma lui, invasato, continua: “devo dirlo ai ragazzi”. Alza un pugno vero il cielo. Il team, i meccanici, ululano di gioia.

“Dentro! Dentro! Porta dentro i ragazzi” ordina. Sotto la tettoia di cemento, lontano dalla telecamere, Baldisserri ha urlato qualcosa (Credo “Siamo Campioni del Mondo!”) e il team ha esultato di gioia. Quello è un capo. Un uomo che ha ottenuto il massimo da ogni singolo elemento della squadra e sa che “si perde insieme e si vince insieme”. Proprio per questo, dopo una vittoria così sofferta, il primo pensiero è di condividere la gioia ed il trionfo con “i ragazzi”.

Dal rosso Ferrari al rosso della fontana di Trevi. L’imbrattatore è ora definito un genio. Il suo, un gesto dadaista sublime. Vedere la Fontana di Trevi, cosi carica di riferimenti simbolici (Totò che cerca di venderla, la pluricitata Ekberg ), completamente tinta di rosso è scioccante. Colpisce l’immaginario. Come vedere il duomo dipinto di verde o la Gioconda sfregiata da una coltellata. Ma è un gesto sublime? Un gesto “dadaista”? o solo il culmine della diffusa abitudine di stupire ad ogni costo?

Attendiamo gli emulatori.


Guglielmo
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