lunedì, ottobre 08, 2007

"A", come Antoine

Nell’ultimo numero dell’Espresso, dalle prime pagine, emerge la pubblicità di una nota casa di orologi. Il modello reclamizzato, intuisco subito intravedendo la sagoma del Piccolo Principe, è dedicato ad Antoine de Saint’Exupery. Il noto aviatore, scopritore di rotte e scomparso a bordo di un aereo da ricognizione verso la fine della seconda guerra, avrebbe scelto sicuramente, a detta dell’azienda svizzera, il cronografo a lui dedicato per affrontare le trasvolate di cui si rese protagonista. Se solo gli amanti dello scrittore ( e gli amanti, si sa, non fanno gran uso del raziocinio) dovessero tentare l’acquisto di uno dei prestigiosi modelli (1926 0 1929 pezzi a tiratura limitata, non ricordo quanti e mia moglie, scopro ora, mi ha gettato via l’ultimo Espresso credendo fosse quello di settimana scorsa), allora il cronografo resterebbe invenduto. Uno che ha scritto ( o letto, condividendo) le prime pagine del Piccolo Principe e che ha detto “L’essenziale è invisibile agli occhi” potrebbe comprare a suon di migliaia di euro un orologio con vergata una svolazzante “A” (Antoine) sul quadrante?

Saint’Exupery era un uomo che per l’intera vita ha inseguito la sua infanzia. Ne aveva talmente nostalgia che realizzò, da adulto, il sogno di ogni bambino: incontrare un amico unico, irripetibile, purissimo, che viene dallo spazio, che ha visto mille mondi, da cui ha tratto infinita saggezza, e che, per una rosa, è pronto a far follie.

Cosi noi, forse, attraversiamo la vita inseguendo la nostra infanzia. Inseguendo, attraverso il possesso dei soldi, delle cose e delle persone, quel senso di sicurezza, invincibilità e stupore per sempre smarrito. Ogni tanto, di fronte ad un bel libro, ad un film che ricalca pezzi di sogni o ad un odore, brandelli dei primi anni della nostra vita tornano a visitarci per poi lasciarci, quasi prostrati, un istante dopo. Il cortile dove tengo la mia bicicletta è il cortile dove bambino feci i primi giri in bici e dove, con un SuperTele, feci memorabili partite con Archie. Ogni tanto, misteriosa alchimia, dal ventre della “mia” vecchia casa, dal gabbiotto in cui riposa la mia Olmo (anche la mia prima bici era una Olmo), si leva il profumo dei primi giorni della mia vita. E mi piace pensare che anche per i mie figli quell’odore, quando saranno uomini, significherà la loro prima bici e i gli infiniti pomeriggi di gioco che precedono l’estate e che, dopo mesi, declinano con il sole autunnale.

Mi accorgo, qualche volta, di volere che anche i mie bambini provino le emozioni che io ho provato. Ricordando mio padre che ci preparava le castagne e le patate al forno, quando arriva ottobre, inizio, quasi ogni sera, a preparare castagne. “E’ iniziata la stagione delle castagnette!” mi dice eccitato Riccardo.

Ricordando mio padre che tornava a casa dal lavoro con sacchetti di preziose biglie di porcellana, torno a casa con qualche pacchetto di figurine di “Dragoonball”. Li nascondo organizzando una caccia al tesoro con i ragazzi.

(Ora mia madre mi chiamerà dicendo: “E tua madre? Tua madre non faceva nulla?”)

Cerco, forse sbagliando, di dare loro ciò che di buono e che ricordo ho avuto e ciò che penso mi sarebbe piaciuto ricevere.

Stasera abbiamo mangiato castagne raccolte ieri. Mangiare il frutto ed il prodotto diretto del proprio lavoro è un privilegio che va svanendo. Io, per lavoro, sposto numeri e mangiare con i miei bambini castagne raccolte con loro lungo sentieri di montagna ha un sapore particolare. Abbiamo frugato tra le foglie a terra mentre il sole frugava tra le foglie sugli alberi cercando di scaldarci. Abbiamo lanciato bastoni nella boscaglia fingendo fossero coltelli di indiani in cerca di bersagli. Nel tappeto di foglie e ricci, nel fieno fradicio e nel fango morbido, abbiamo finto che le creature del bosco, gelose dei loro giacimenti di castagne, ci dessero la caccia indispettite dalla nostra bravura di raccoglitori.

Abbiamo atteso, per tornare a casa, che l’ombra scivolasse tra gli alti alberi e che l’invincibile freddo calasse dalle montagne dietro cui si inabissava il sole.

Sulla via di casa, affogati nel traffico, scrutando dallo specchietto della mia invincibile Toyota, ammaccata da un uomo che mai conoscerà il significato della parola “onore”, ho visto i miei bambini dormire sfiniti dalle emozioni.

Ho pensato che anche questi sono anni di sicurezza, invincibilità e stupore…


Guglielmo
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