lunedì, agosto 20, 2007

Diana

In una vecchia e nobile villa coperta di muschio vive una cagnetta da caccia di nome Diana. Sulla strada che percorriamo per andare da casa a comprare il gelato si affaccia il cancello di ferro battuto da cui è possibile vedere una piccola porzione del giardino di quella elegante casa.

Riccardo, che in genere teme i cani, percorre rispettoso il vialetto di accesso cosparso di ghiaia e, sporgendosi verso il cancello, con un tono dolcissimo chiama: “Diaanaaa, Dianaaaa”.

Quando lo ascoltiamo a me ed alla Susy viene da ridere ma ci commuove anche il modo con cui chiama Diana. Non ordina e non prega. Come qualcuno che si affacci alla casa di un altro lui chiama dolcemente la sua amica come dicendo : “Sono qui, Se hai voglia di qualche coccola ti aspetto”. Qualche volta Diana non compare. Ed allora Riccardo, senza insistere, si ritira , dicendo “E’ a nanna” oppure “ non c’è” o “sta mangiando”. Ed allora, comunque lieto, torna sui suoi passi.

A volte invece, dopo il primo richiamo, Diana compare da dietro un muro di pietra. Ha gli occhi nocciola ed i fianchi agili di chi corre per vivere.
Si affianca al cancello ed aspetta che, prudente e rispettoso, Riccardo poggi la mano sulla sua testa o sul suo fianco. Dopo qualche coccola e qualche parola affettuosa Riccardo torna sulla strada asfaltata. Lei, fissandolo, rimane immobile. Lui allora, sempre con quel tono e agitando le manine al cielo. “Devo andare! Ciao Diana, vai dal tuo papà!”

Ci sono frangenti della vita dei nostri bambini che ci rimangono impressi nel cuore. Ed a queste immagini che ci rifacciamo quando pensiamo a loro. Crescendo, immagino, resteranno indelebilmente impresse nei nostri ed a queste, anche quando saranno grandi faremo riferimento per definire come i nostri figli sono.

Di Riccardo, piccolissimo, serbo questi ricordi. Lo porto all’asilo. Posso quasi sentire il rumore delle rotelline del sua cervello mentre fissa la strada che scorre al suo fianco. Di li a poco sparerà qualcuna delle sue domande. Di li in poi, fino a che non ci saluteremo, mi sommergerà di domande e di sue riflessioni. Lo vedo in mare, questa estate in Toscana. Le onde, per lui, sono possenti ed alte. Incurante, i braccioli di Cars, si getta tra i flutti. Il mare lo scuote, lo rovescia, lo allontana da me e dal materassino. Lui, lo sguardo verso le onde, continua ad avanzare improvvisando stili di nuoto sempre diversi. Sembra non stancarsi e non scoraggiarsi. Continua a risalire sul materassino, sbalzato in aria sprofonda in acqua per poi tornare ad emergere. Tossisce, spazza via l’acqua dal volto e torna a muoversi. Io lo guado e gli urlo per incoraggiarlo : “Richard!”
“Le proud’homme!” risponde lui sapendo che significa “coraggioso”.

Guglielmo
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