giovedì, luglio 05, 2007

Proprietà

Il concetto di proprietà è un concetto delicato.

Sbuzzy Ru, in occasione del suo compleanno, ha ricevuto in regalo due macchinine di Winnie The Pooh, un bowling con pupazzetti al posto dei birilli (comprato da me e duramente contestato dalla Susy. La madre di Sbuzzy non coglie l’importanza della motricità e del coordinamento occhio-mano nell’infante), un bel libro sulle creature del mare, un papera nuotante a molla, un telefono (“fisso”) con tasti iridescenti e, da suo fratello, una apprezzatissima pallina sempre dell’intramontabile Tigro.

Tutto sommato, considerando i fasti passati di Riccardo, une modesta messe. Ma il piccolo Sbuzzy, sempre intensamente dedito alla vita interiore, era soddisfatto e, mentre cenavamo, sfogliava il suo libro nuovo rimirando le creature in 3d che sgusciavano fuori dalle pagine. Impugnando la papera a molla passava poi a colpire la palla di Tigro gettandola, nella sua empirica verifica delle intuizioni newtioniane, giu dalle scale.

Ma sul piccolo Sbuzzy, un asceta, grava l’ombra dell’esproprio. Suo fratello, malgrado abbia ricevuto diversi sacrifici, non ha placato la sua fame di possesso. La paperetta a molla è gia stata indicata come protagonista del suo pomeriggio in piscina. Il libro delle creature del mare, giudicato troppo complesso per l’asceta, requisito e consultabile da Sbuzzy solo con la supervisione del professore. La macchini di Tigro requisita, il bowling, ancora sigillato poichè verrà aperto sabato alla mia presenza, è stato definito bello e quindi in odore di esproprio.

“Riccardo, questi giochi sono di Federico!” ha tuonato Susy.
“Ma il papà dice sempre che i giochi sono di tutti! Quindi anche questi sono miei!” Nel sofisma ho dunque inserito “i giochi sono di tutti ma alcuni giochi, quelli del compleanno, sono del loro proprietario.

Sbuzzy, in attesa che il sofisma venga convertito in Legge e reso esecutivo da me e da sua madre, appena il fratello si avvicina ad uno dei giochi con cui armeggia( impellente, la necessità di giocare proprio con quelli che coglie il professore) lancia urla degne dell’aquila dalla testa bianca.

Gughi
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