domenica, febbraio 04, 2007

Lincoln a Gettysburg

Tra il 1° ed il 3 luglio del 1863 Gettysburg, in Pennsylvania, fu lo sfondo di una delle battaglie piu’ cruente della Guerra Civile americana (secondo le guide del locale museo vi fu la carica di fanteria piu’ grande della storia dell’uomo…) Le truppe confederate, aggirando le difese unioniste, tentarono di aprirsi un varco da nord verso Washington . L’Armata del Potomac, corsa in soccorso della capitale, riuscì ad opporsi alle forze del Generale Lee. Sul campo di battaglia restarono circa cinquantamila morti. Per capire la portata della battaglia basti pensare che la stessa cifra di soldati è stata persa dagli Stati Uniti nell’intera campagna del Vietnam e che la Guerra Civile americana è il conflitto nel quale gli Stati Uniti hanno perso il maggior numero di soldati.

L’aria del campo di battaglia, alla fine di quei tre giorni, che coincisero con il Giorno dell’Indipendenza dalla Corona Britannica ( 4 luglio), non era impegnata solo dal dolciastro odore delle carcasse degli animale e dei corpi dei soldati insepolti, ma era ammorbata da qualcosa di piu’ tremendo: l’odio tra fratelli (fratelli di sangue si trovarono faccia a faccia sotto bandiere diverse) che dilaniava l’Unione.

Nel novembre dello stesso anno, all’inaugurazione del cimitero rurale approntato per accogliere i caduti, fu organizzata una manifestazione per commemorare i morti. A margine della cerimonia (a margine perché all’epoca lo stato federale contava meno dei singoli stati) fu chiamato ad intervenire Abramo Lincoln, Presidente degli Stati Uniti d’America.

Il discorso, 272 parole per circa tre minuti di declamazione, che Lincoln fece in quella fredda ma luminosa mattina è ricordato come uno dei dieci documenti che ha forgiato l’America ed uno esempio per i discorsi di tutti i politici che seguirono.

In quel testo Lincoln raggiunse il suo apice oratorio e mostrò ai suoi concittadini ed ai posteri la potenza della parola.

Gli americani di quell’epoca avevano un culto per la Dichiarazione d’Indipendenza ma anche un pregiudizio a favore della schiavitù. Il Presidente sosteneva che tra le due idee (“Tutti gli uomini sono creati uguali” ed hanno “certi inalienabili diritti fra cui la vita, la libertà e la ricerca della felicità”) vi fosse un’incongruenza.

Il pregiudizio a favore della schiavitù poggiava sulla Costituzione (che evasivamente approvava la schiavitù) e sul fatto che l’autore della Dichiarazione, Thomas Jefferson, avesse continuato, malgrado la mobilissima dichiarazione, ad avere schiavi al suo servizio.

Con il proclama di emancipazione Lincoln, qualche mese prima, aveva liberato tutti gli schiavi che avevano preso le armi contro i sudisti. Ma questo solo negli stati ribelli e non sotto il controllo militare dell’Unione. Quello che Lincoln sapeva era che come Presidente non poteva violare la Costituzione liberando gli schiavi in tutti gli Stati Uniti, ma poteva, come Capo Supremo Militare liberare gli schiavi disposti combattere l’insurrezione sudista (per tutta la durata del conflitto Lincoln non usò mai le parole “ribelli” o “nemico” limitandosi a trattare la questione come un insurrezione che tentava di minare l’indissolubilità dell’Unione). In questo modo non violava lui stesso la Costituzione come gli insorti ( per abolire la schiavitù alla fine della guerra fu necessario un emendamento della Costituzione: il 13°) ma si limitava per esigenze militari estreme (eventualità prevista dalla Costituzione stessa) a sospendere i diritti sugli schiavi previsti dalla Costituzione.

Il dibattito sul conflitto verteva inoltre su un tema spinoso. Secondo i sudisti erano nati prima i singoli stati, che poi avevano aderito alla Costituzione e quindi all’Unione ed era dunque fatto salvo per ciascun Stato la possibilità di staccarsi dagli Stati Uniti aderendo cosi ad una nuova Confederazione.

Con queste premesse ci si attendeva che il Presidente facesse un discorso che citasse la schiavitù (uno dei moventi della guerra), il Proclama di Emancipazione, l’odiato Sud ribelle e l’Unione.

Lincoln non fece nulla di tutto ciò.

Lincoln trasformò, con poche parole, gli Stati Uniti d’America in un esperimento dell’Umanità. Un esperimento, iniziato 87 anni prima con la Dichiarazione d’Indipendenza, volto a creare “una nazione concepita nella libertà e guidata dal principio che tutti gli uomini sono creati uguali”.

La Guerra Civile, e Gettysburg stessa, non sono quindi che una prova che riguarda la possibilità di una nazione cosi concepita di “sussistere a lungo”. La Storia degli Stati Uniti non è che un cammino che partendo dalla Dichiarazione d’Indipendenza , e passando attraverso una Costituzione imperfetta, porta all’ideale democratico. Porterà, anche attraverso una guerra sanguinosa, “con l’aiuto di Dio, una nuova nascita nella libertà, e che il governo del popolo, attraverso il popolo, per il popolo non scompaia dalla terra”.

Con poche parole affermò la superiorità della Dichiarazione sulla Costituzione, il rispetto per la Costituzione che solo democraticamente può essere emendata anche nei suoi errori e limiti, e l’indissolubilità dell’Unione (per Lincoln la dichiarazione d’Indipendenza aveva dato vita agli Stati Uniti e poi ai singoli stati componenti e da qui l’impossibilità di staccarsi dall’Unione).

Il testo, analizzato approfonditamente da Garry Wills nel suo “Lincoln a Gettysburg” (gli è valso un Pulitzer), è ricchissimo di rimandi e citazioni e la sua apparente semplicità è, secondo me, una vetta del pensiero umano.

Leggendo il libro di Wills ho risposto ad una domanda che da qualche settimana mi ronzava in testa. Perché amo tanto gli Stati Uniti e sono appassionato dalla sua storia e dalla sua società?

Perché, ho capito, è un paese che ha fatto suoi i principi più alti concepiti dall’uomo e nel tempo, tra mille errori ed orrori, ha cercato di difenderli e elevarli. Perché è un paese che ha espresso persone come Lincoln. Politici che si scrivevano i discorsi da soli e quando parlavano e ragionavano aprivano i cuori e le menti delle persone alla speranza.

Oggi politici così non se ne vedono e l’America pare essersi scordata del suo passato.

Sino alla Guerra Civile The United States era plurale (“The United States are a free government”, gli Stati Uniti sono un governo libero). Dopo Gettysburg divenne singolare The United States is a free government.

Potenza della parola.


Guglielmo, il Maresciallo

2 Comments:

Blogger Tecnologo ha sostenuto

Bel post!
(nota a margine: mi piacerebbe un paragone con la guerra civile italiana. Ma forse è chiedere troppo: alla fine è facile fare i finocchi con il sedere degli altri...
Spiegami un po', però come mai quando si parla dell'Italia le stesse cose non valgono?)

9:53 AM  
Blogger Guglielmo il Maresciallo ha sostenuto

Non mi pare che la Guerra Civile Americana sia paragonabile alla presunta guerra civile italiana.
La prima riguardava l’insurrezione di una parte di un Paese democratico nel quale democraticamente era stato eletto un Presidente. In Italia, durante la Seconda Guerra, si trattava, mi pare, di uno scontro tra un regime agonizzante, appoggiato da una feroce dittatura, ed un gruppo di insorti appoggiati dal nemico.

Due situazioni diverse. Nella prima uno Stato sovrano e riconosciuto lottava per la sopravvivenza nel secondo caso il caos del tutti contro tutti.

10:43 AM  

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