giovedì, gennaio 04, 2007

L'apprendistato di Duddy Kravitz, di M. Richler

Sono passate diverse settimane da quando ho terminato di leggere "L'apprendistato di Duddy Kravitz", di Mordecai Richler e solo ora riesco a scriverne.
L'inizio, come anticipatomi dal Tecnologo, è lentissimo, per chi ricorda la prosa de "La versione di Barney", ma passate le prime 100 pagine, il romanzo comincia a correre e volare.
Il titolo promette e poi mantiene: è la storia dell'apprendistato di un ragazzo con mille problemi e una ossessione. La famiglia è un peso, una condanna, la città - il paese - i tempi - in cui vive non sono altro che barriere e catene, ma una frase, quasi un karma, lo sprona ad andare oltre a non ammuffirsi: "un uomo senza terra non è nessuno". Ed ecco allora che alla prima occasione Duddy si lancia a testa bassa e usa tutto e tutti, disperatamente, per raggiungere il suo obiettivo. Naturalmente ci sono nel libro momnenti divertenti, puro stile Richler, e momenti di grandissima pietà. Duddy non dimentica la sua famiglia, non dimentica il padre e il fratello, anzi fa di tutto per aiutarli.
Questo il succo della storia. E' uno di quei romanzi che mi vien da definire "di avventura, di altri tempi" perchè di questo proprio si tratta: una volta si rischiava - buttarsi in una impresa! - mentre ora siamo tutti sazi e disperatissimi, a cercar il posto fisso, a ragionare di nulla. Certo la spasmodica ricerca di Duddy ha dei costi, non lo metto in dubbio (e non voglio svelare nulla), però...
meglio di certo piattume!
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