giovedì, agosto 24, 2006

Munich

Ieri sera, per un pubblico ristrettissimo (io), ho organizzato la visione di “Munich” di Spielberg.

Un film bello ed intenso. Un film d’azione durante il quale, mentre l’adrenalina scorre, si intravedono le prime crepe che lentamente si aprono nell’anima del protagonista.

Al protagonista, da bambino abbandonato dalla madre in un kibbutz, viene affidato il compito di vendicare, al di fuori di ogni legge, la strage delle Olimpiadi di Monaco.

Un elenco di 11 obiettivi, 4 compagni d’avventura e soldi illimitati sono gli strumenti con cui si avventura in un mondo di segreti e sangue.

Lentamente le certezze iniziali dell’agente del Mossad (“Tu pensi che Israele sia tua madre” dice la moglie ad un certo punto del film) iniziano a svanire. Alla fine di un lungo percorso, durante il quale vede morire uno ad uno i suoi colleghi, si rende conto che lui non è strumento di giustizia (“voglio le prove del coinvolgimento degli uomini che ho ucciso !” ingiunge al suo capo alla fine del film) ma di vendetta.

Il gruppo del Mossad viene coinvolto in un gioco in cui i giocatori non sono piu’ solo i palestinesi ma la Cia, il Kgb ed agenti a contratto.

Mentre il rivolo di sangue inziato a Monaco, e forse prima, si ingrossa tra vendette e contro vendette, sequestri di aerei ed attentati, gli agenti del Mossad inziano a smarrirsi. Perdono la loro anima ed il senso di essere giusti (“Siamo ebrei. Essere ebrei significa essere giusti. Non è la persecuzione millenaria che ci rende giusti, ma gli insegnamenti ricevuti. Se perdo questo, perdo la mia identità...” dice l’artificiere del gruppo poco prima di partire per l’ennesimo assassinio non previsto.)

Eric Bana, il protagonista, è talmente corrotto dal mondo nel quale è stato scagliato dal suo Paese, che diviene paranoico. Braccato perde fiducia nello stesso Israele convincendosi che i suoi stessi colleghi tramino per eliminarlo.

Il finale del film è emblematico. Spielberg non vuole rispondere alla domanda se sia giusto o meno ciò che Israele ha fatto e fa. si limita a mostrare l’ultimo confronto tra il protagonista ed il suo capo.

Le ultime battute dei due uomini, sotto il cielo grigio di New York , sono incontrovertibili. Sono due modi opposti di vedere lo stesso problema. Uno vuole giustizia ed immagina che la violenza non porterà a nessuna pace, l’altro vuole vendetta ed immagina che la guerra sia l’unica risposta e il oivello dello scontro, ed il numero dei morti, è semplicemente destinato a crescere sino alla vittoria del piu’ forte.

Le due posizioni, pur avendo come obiettivo la salvezza di Isarele, sono semplicemente inconciliabili. I due infatti si lasceranno rifiutando di “spezzare insieme il pane”.il protagonista abbandonerà la terra natia per vivere in esilio in America mentre il suo capo tornerà a Tel Aviv per continuare la sua guerra.

Sullo sfondo, mentre scorrono i titoli di coda, resta lo skyline di New York. Nel cielo triste, a monito di cosa porta la spirale d’odio, le Torri Gemelle.


Guglielmo

2 Comments:

Blogger L'Architetto ha sostenuto

Ok le recensioni del film ma spoilerare il finale quello NO!

Odio quando lo fanno sul Corriere, non facciamolo anche qui!

Concordo invece sul contenuto: ottimo film (che ti ho suggerito d'altronde!) ottimamente recitato.

3:59 PM  
Blogger Guglielmo il Maresciallo ha sostenuto

Meno male che me lo hai suggerito tu perchè da solo non avrei mai pensato di vederlo.

Avevo ancora la trilogia di Bombolo e Cannavaro...

9:20 AM  

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