venerdì, giugno 23, 2006

Andrea

Qualche giorno fa mi trovavo in coda all’Esselunga con la Susy. Davanti a noi, con un casco da motocross imbottito di pelo, un golfino rosso a tema natalizio, un paio di occhiali in bachelite usciti da un catalogo postal market del 1974, pantaloni sopra la caviglia e mani che sarebbero sembrate sporche anche ad un ragazzino delle favelas, c’era un tizio.

Aspettavo che desse in escandescenza brandendo una bottiglia di birra “Fidel” rotta quando....

“Andrea!” ho urlato.

Lui mi ha scrutato come se stesse uscendo dal suo personale cosmo e ha urlato “Fermo! Non dirmi niente! Dunque....”

Roteando gli occhi pallati al ritmo dei ricordi che scartabellava, aggiungeva piano piano dettagli alla mia figura.

“Guglielmo!” ha urlato alla fine.

Io e Andrea siamo stati compagni di liceo per 5 anni. All’epoca era noto per essere un bastian contrario: nei giorni di manifestazione, se tutta la classe entrava lui stava fuori e se tutti stavano fuori lui entrava. Prendeva sempre posizione in solitaria e, se le opinioni erano due e la classe era spaccata, lui inventava una terza posizione. (alle ultime elezioni avrebbe probabilmente votato per l’annessione alla Polonia).

Il suo look era già all’epoca sopra le righe: salopette “Think Pink”, calzari alla frate Cionfoli e spesso non indossava magliette o camicie. (in inverno si concedeva una maghlietta della salute).

Alla fine del quinquennio si presentava a scuola con capelli lunghissimi e barba sfatta reduce da notti insonni passate come volontario sulle ambulanze o trascorse a pescare in Liguria.

Ho sempre pensato che la sua fosse solo una posa e che ben presto sarebbe stato riassorbito dal sistema. Quando poi mi comunicò che avrebbe intrapreso Medicina immaginai che presto, dopo aver diffuso qualche malattia ormai scomparsa dal medioevo,avrebbe comprato la sua brava Slk.

Invece era li, come lo avevo lasciato 16 anni fa, con la stessa risata esplosiva e con lo stesso disincantato entusiasmo che aveva per ogni cosa.

“Cosa fai?” ho buttato lì.
“Mi sto specializzando.”
“Come specializzando?” ho detto sorpreso, ma non troppo.
“Eh, sono tornato dall’Uganda da un paio d’anni. Li facevo il dottore. Un po di tutto...ma in particolare mi ero specializzato in ginecologia. Quando sono tornato non mi hanno riconosciuto niente ed ho dovuto iniziare da capo.”.

Con occhio esperto ha valutato la pancia della Susy e ha fatto un paio di domande tecniche.
L’ho incalzato sull’Africa.
Viveva nel bush degli altopiani dove il cielo mozza il fiato e l’orizzonte è chiuso da montagne innevate. In mezzo a guerre e pastori nomadi dal grilletto facile, cercando di imparare la lingua del posto, si è conquistato la fiducia della popolazione curando tutti senza guardare colori e bandiere.. E’ tornato in Italia perchè la moglie, con due bambini, di cui uno bisognoso di cure, non ne ha piu’ voluto sapere. Andrea, si strugge di nostalgia per l’Africa e pensa di tornare presto in Uganda.

Nel suo modo di raccontare vedevo ancora traccia di quella passata voglia di sorprendere ad ogni costo e di uscire da ogni regola e schema. Mi sono chiesto se questo suo percorso di vita sia solo voglia di stupire portata all’eccesso e se questa voglia di anti conformismo gli sia sfuggita di mano sino a diventare una malattia.

Abbiamo ricordato i tempi andati con nostalgia. Alla fine, prima di salutarci, gli ho detto:
“Pensa che mia moglie mi fa: “Guarda quel tizio col golfino con questo caldo!”. Quando ti ho riconosciuto le ho detto: “Ne ha fatte di peggio...!”

“Ti piace?” mi ha detto soddisfatto “L’ho trovato per terra qualche giorno fa!”

Caro vecchio Andrea...

Guglielmo
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