giovedì, maggio 04, 2006

1219

Non rividi Eleonora per 17 anni. La sua ostinata politica di ribellione al marito, che si palesava nel sostegno e nell’incitamento alla stessa ribellione dei figli Enrico, Goffredo e Riccardo, giunse sino al punto di scatenare una guerra. Il Re d’Inghilterra portò guerra ai figli ed al Re di Francia, di cui era vassallo, e sotto la protezione del quale Enrico il giovane, su consiglio della madre, si era posto.

Eleonora fu sorpresa a Chartres dagli uomini dl Re ed imprigionata. Per 17 anni fu tenuta segregata in vari castelli in Inghilterra. Poco dopo la sua cattura i figli, sconfitti, fecero atto di sottomissione al padre. Eleonora fu cosi condannata alla cattività.

Enrico, il vecchio Re, che forse, unico con Eleonora, aveva compreso il mio gesto, accusandomi ingiustamente di una tresca con la moglie di Enrico il Giovane, mi allontanò dalla corte costringendomi ad errare come un cavaliere degli antichi Contes. Solo dopo qualche anno, stanco di privarsi d un cavaliere valoroso quale ero, mi richiamò a Corte. Per cancellare quell’onta della quale ero, ingiustamente in quel caso, accusato, minacciai di sfidare a duello il migliore dei suoi cavalieri sottomettendomi cosi al giudizio di Dio.

Per 17 anni non potei contattare Elelonora e solo dopo un lungo meditare compresi che quella mia voluta sconfitta non aveva accelerato un processo in atto già da lungo tempo. Per 17 anni mi interrogai se qual giorno, sotto il piu’ inclemente cielo normanno di cui ho memoria, avevo fatto la scelta giusta.

Nel 1189 Enrico II, malato e stanco, venne sconfitto da Riccardo e da Filippo Augusto, Re di Francia, e morì nel castello di Chinon solo ed abbandonato. Riccardo, divenuto Re, mi ordinò di raggiungere la madre e liberarla.

La raggiunsi, già libera, al Castello di Winchester. I lunghi anni di prigionia non avevano per nulla sminuito il suo fascino e la sua dignità.

Ancora bella come la ricordavo mi accolse con quel sorriso ironico e dolce che le conoscevo.

Mentre restavo immobile al suo cospetto attendendo che parlasse, nella sala si precipitò Riccardo con il suo seguito.

Resi omaggio al mio nuovo Re e mi ritirai in disparte.

“Madre.” Disse il Re gettandosi ai piedi della madre e lasciando che lei gli carezzasse il capo.

“Siete di nuovo libera e da oggi siete sotto la mia protezione. Sotto la protezione del Re d’Inghilterra” disse fieramente.

“Alzati Riccardo…” disse lei carezzandogli il viso.

“Per 17 lunghi anni” riprese “ho vissuto sepolta tra le mura aspettando questo momento. Aspettando che qualcuno giungesse a liberarmi. Ed ora i due cavalieri piu’ ricchi in fama della loro epoca giungono contemporaneamente…dopo 17 anni!” il suo sorriso, che aveva probabilmente esercitato in ognuno di giorni di prigionia in attesa di quell’istante, sfolgorava ironico al pari degli occhi scuri.

Riccardo, imbarazzato, tacque ed io, che anche volendo non avrei potuto intervenire, lo imitai.

La Regina ci congedò ma, prima che varcassi la soglia, mi si avvicinò prendendomi la mano.

Percepì il tocco delle sue fresche dita lungo la schiena.

“Guglielmo” mi disse traendomi a se. I suoi occhi nocciola si velarono di lacrime. Non l’avevo mai vista piangere cosi indifesa e ne rimasi sconvolto. “Ho atteso tutti questi anni sapendo che un giorno saresti venuto. Quando quel giorno ho visto comparire nella tua mano il panno che mi avevi sottratto ho capito che avresti perso per me.”

Sorrise dolcemente. “E nemmeno per un istante ho rimpianto il ducato di Guienna che perdevo. Il mio cuore era in tumulto, come quello delle stupide dame dei racconti, perché un cavaliere aveva compiuto, per me, un gesto superbo…La fedeltà e l’amore che hai mostrato alla donna verrà ripagata dalla Regina. Ormai sono una donna vecchia e stanca e ciò che posso offrirti è solo la mia protezione.”

Avrei voluto cingerla come quella lontana notte e sussurrarle ancora “Non sei vecchia…”. Ed invece anch’io ero divenuto vecchio. La strinsi a me tenendole la testa mentre piangeva silenziosa. Le bacia il capo.

Riccardo intanto, non vedendomi arrivare, era tornato sui suoi passi. La madre, con un cenno del capo, lo fece allontanare.

“Ho temuto” trovai la forza di dire” di aver sbagliato a perdere e di non averti saputo, così, proteggere. Ho sperato che Enrico ti perdonasse ed alla fine ho solo sperato che morisse…non ho potuto fare di piu’…”

“Hai mantenuto fede ai giuramenti fatti al tuo Re, ma hai mostrato a me, nell’unico modo che ti è stato concesso dal destino, il tuo amore. Senza di te, Guglielmo, sarei morta da diversi anni….”

Eleonora è morta ormai da 15 anni ed il suo corpo giace a Fontevrault. Per diversi anni, in mancanza di Riccardo, governò come Regina e quando Riccardo fu catturato dal Duca d’Austria e poi ceduto ad Enrico VI, Eleonora raccolse, faticosamente, la somma del riscatto e, a 72 anni, intraprese il lungo viaggio per riscattare il figlio. Io, grazie anche ai suoi favori ed alla fedeltà mostrata a tutti i Re d’Inghilterra che ho servito, sono divenuto un potente Barone e, alla fine della mia vita, il custode di Enrico, figlio di Giovanni, orfano e Re a soli 9 anni.

Tra poco raggiungerò Eleonora. Non a Fontevrault, dove giacciono solo Re e Regine, ma al cospetto di Dio. Prima però devo liberarmi, per intraprendere in purezza questo lungo viaggio, di tutti i miei beni. Ho ceduto le mie terre ed i miei diritti ai mio figlio. Ho sistemato gli altri i mie figli e le mie figlie. Ho tratto dal mio forziere tutti miei beni piu’ preziosi e li ho suddivisi tra gli amici, i cavalieri ed i servitori che in tutti questi anni si sono mostrati fedeli. Ho disposto che, alla mia morte, i poveri delle mie terre possano banchettare per un giorno intero sino ad essere satolli. Ormai l’ordine è screditato, ma per mantenere fede alla parola data tanti anni fa, indosso la veste Templare. Muto d’abito nella vana speranza che il Giudice supremo non scorga nella mia anima i peccati, d’orgoglio e lussuria in particola modo, a cui cedetti con troppa facilità.

Giovanni, piangendo, oggi mi ha chiesto quale è stato il bene piu’ prezioso di cui mi sia stato fatto dono.
“Non saprei…” ho risposto “ma credo che una donna, un tempo, mi abbia regalato la possibilità di diventare cavaliere…”

Non credo abbia capito ma, forse, quando leggerà queste mie ultime memorie, comprenderà.

I cantori, quando sarò morto, mi ricorderanno per la Guerra del Maine quando, di fronte alle mura di Montmirail, aggirai lo steccato che separava la cavalleria dalla fanteria posta a difesa del ponte levatoio e, solo, lancia in resta, mi scagliai al galoppo sul ponte a schiena di mulo scavato nella roccia. La lancia si infranse al primo assalto e, dopo aver scaraventato sulla roccia viva del fossato diversi fanti, il mio cavallo si impennò e per poco non precipitò nel vuoto trascinandomi con se. I mie compagni presero coraggio e si gettarono dietro di me nella mischia. Ma non è per questo che vorrei essere ricordato…

Nessuno, sono sicuro, di quelli rimasti vivi, mi ricorderà per quella giostra che si svolse nei pressi di Caen nella primavera inoltrata del 1173, il giorno in cui mi fu regalata una possibilità…


Guglielmo
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