mercoledì, aprile 19, 2006

L'avventura del cavaliere

Il suo corpo caldo e morbido si accostò al mio. I suoi lunghi capelli castani, resi liquidi dalle lingue di fuoco che si alzavano dal camino, colarono sul mio petto. Poggio il capo nell’incavo del collo. Lungo la scriminatura notai fili grigi come spade. Li carezzai uno ad uno e le dissi che avrei voluto vivere al suo fianco sino a che tutti i suoi capelli non fossero divenuti argentati. Sorrise passandomi l’indice sulla guancia lasciando infine scivolare la mano verso il torace. Con la punta delle dita passò lungo la profonda ed irregolare cicatrice che scavava la mia carne dal petto sino alla spalla.

“Non credo” mi sussurrò” che vivrai tanto a lungo da vedere tutti i mie capelli grigi.”
“Quella ferita, è di tanti anni fa. Di quand’ero giovane baccelliere. Quando, solo, contro cinque sergenti..”
“Erano tre, l’ultima volta che me lo raccontasti…” disse baciandomi dolcemente.
“Erano cinque. Cinque sergenti, bada bene non nobili cavalieri, che picchiavano duro malgrado fosse un torneo secondario. Con un ignobile ferro, di quelli che in Fiandra si usano per abbattere le case dei cittadini, mi strapparono 13 maglie dell’usbergo tentando di disarcionarmi…”
“E non vi riuscirono perché tu ti ancorasti al cavallo con tanta forza che il sergente che maneggiava l’infame ferro fu trascinato a terra…” disse con occhi pieni di ironia.
“Questa di cui tu ridi è la leggenda del Maresciallo. E’ la mia leggenda…” dissi risentito come un bambino.
Scivolò su di me intrecciando le sue gambe alle mie. Mise i suoi occhi scuri nei miei.
“Lo sai quante volte ho sentito raccontare questa storia da mio marito? Lo sai quante volte l’ho sentita narrare dai menestrelli e dai tuoi cantori? Tante da arrivare ad odiarti…”
“Allora mi odi?” chiesi sorridendo.
“Ti amo..”
“A quanti cavalieri lo hai detto?” prima ancora che sulle sue labbra lessi la sua reazione nei suoi occhi. Con una forza insospettabile si sollevò dal mio corpo sollevandosi fiera e ferma in mezzo alla stanza.
“Dimentichi che sono una Regina…la tua Regina” calcò la voce sul “tua” e sul suo volto rimase dipinto un sorrise che ben prestò gelò.
“..e che il favore che godi presso Enrico lo hai conquistato anche tramite me…e forse è solo per questo che tu mi corteggi. E forse con i tuoi compagni, quando sei ubriaco fradicio dopo un torneo, ti vanti delle prodezza che fai non solo per il tuo Re ma anche per la tua Regina… ”il suo volto, a me cosi caro, era una maschera di rabbia.

“Il favore che ho conquistato presso vostro marito e vostro figlio l’ho conquistato sul campo. L’ho conquistato portando sullo scudo i colori del Plantageneto e non corteggiando voi…” mi resi conto che le parlavo come si parla ad una Regina ma lo facevo, e questo per un istante mi fece sorridere, giacendo nudo nel suo letto.

“Esci da questa stanza…”disse rifugiandosi dietro un paravento.

Scivolai fuori dalle lenzuola e mi rivestii. Ferito, non per ciò che lei pensava di me, ma per le intenzioni che mi attribuiva, raccolsi un prezioso broccato che le avevo sciolto dai capelli poche ore prima e mi apprestati ad andarmene. Prima di passare dalla porta segreta che si apriva dietro un arazzo sussurrai:
“Può anche essere che abbia cominciato a corteggiarvi per accrescere i favori che vostro marito nutriva per me ma solo un cieco può far a meno di veder quanto vi ami…e se volete ve lo dimostrerò!”

Scivolò via dal paravento, indossava una candida veste bianca su cui spiccavano i capelli castani e gli occhi neri.“L’amore” rispose “non chiede dimostrazioni…cosa pensate di fare, vincere un torneo per me? Non m’importa…vincetelo per qualche fanciulla che s’illude ancora che esistano matrimoni d’amore. Vincete per qualche dama convinta che in questa società di soldati esista spazio per amare. Trattate ogni donna come merce. Come la chiave per possedimenti di cui è erede o custode. Attendete solo che il vostro Re svenda, seguendo i capricci del momento o i delicati equilibri del potere, una vedova o un’orfana per farvi una vostra posizione tra i pochi uomini che contino qualcosa in questo Regno. Voi…un cadetto…fatto cavaliere in un’infornata unica con…quanti? Quanti sono stati fatti cavalieri con voi? Immagino…una cerimonia sommaria, alla fine della quale vi siete trovato con il vostro braccio, i vostro cuore ed un cavallo a malapena adatto alla battaglia. Andate ora, cavaliere. Andate ad accrescere la vostra leggenda…perché questo, di voi, resterà…”

“Siete ingiusta…a cosa posso aspirare se non a rari solitari istanti con voi? Cosa posso donarvi se non qualche vittoria? Cosa credete conti per me piu’ del sorriso che dipinge il vostro volto quando il nemico è schiantato al suolo da un colpo ben assestato? Cosa sapete delle segrete pene di non poter rendervi pubblico omaggio quando trionfo?”

Scoppiò a ridere e, cercando invano il broccato che avevo trafugato, raccolse i capelli con un nastro cremisi. “Come hai imparato bene…come hai imparato bene alla corte di mio figlio a recitare il ruolo del cavaliere…ma io, Guglielmo, sono una Regina…ho visto tanti cavalieri ed ascoltato tante nobile e graziose sciocchezze che nulla mi impressiona più…questa, caro il mio Campione, è solo politica. Credi che a Corte non si sappia di noi? Credi che anche questo nostro piccolo intrigo non faccia parte di un arazzo piu’ vasto a cui i Baroni e lo stesso Re lavorano giorno e notte? Ogni nostra parola, ogni nostro istante trascorso insieme potrà tornare utile, un domani, ad una qualunque delle fazioni in lotta per il potere…” sembrava che i suoi begli occhi stessero per uscire dalle orbite. Tutta la stanchezza e le preoccupazioni parevano ora raggrumarsi intorno a quegli occhi. In quell’istante non era piu’ la Regina superba capace di zittire chiunque, persino il Re suo marito, ma una semplice donna.

“Eleonora…hai detto bene. Quando mi hanno fatto cavaliere, insieme ad altri 23 miserabili come me, non ho acquisito nulla se non il potere di disporre di me stesso. L’unica cosa che so fare è battermi ed essere fedele. Fedele per quanto lo si possa essere quando si è legati in un gioco di fedeltà cosi complesso…”sorrisi e, fissandola, compresi di avere la sua attenzione “ io non ti corteggio. Mi limito ad amarti…amarti per quanto un cavaliere come me possa amare te. Lo hai detto tu, poco fa…Cosa credi che possa guadagnare da questa storia con te? Posso perdere tutto in un istante…un semplice tuo mutamento d’umore per me significherebbe la rovina…eppure sono qui…hai ascoltato tante false promesse e false parole da non saper riconoscere quelle vere…”

“Vorrei crederti Gughi…”disse avvicinandosi “vorrei credere che esista almeno uno dei cavalieri degli antichi racconti che i raffinati cantori narrano nelle immense sale di fronte ai bracieri fiammeggianti. Vorrei che esistessero davvero i cavalieri capaci di sublimi e disinteressati gesti.
Vorrei credere in quei cavalieri che errano solitari, sino quasi alla vergogna, per tenere fede alla promessa fata ad una dama. Invece è tutta finzione…è tutto in gioco in cui la posta è ben più grande del bacio di una dama o del suo amore…e lo sai anche tu…e non credo, mio bello ed audace cavaliere, che riuscirai a farmi cambiare idea…” si avvicinò ancora. La sua pallida mano carezzò i miei capelli come quelli di un bimbo e mi baciò.”le tue parole sono forse sincere ma le tue intenzioni, che sono le medesime di qualsiasi uomo in grado di guerreggiare che viva in questo Regno, sono in contrasto con queste parole…ora vai Guglielmo… “

La trassi ancora a me con forza. Oppose resistenza ma poi cedette. La baciai ancora con tutta la passione che il suo solo nome destava nel mio cuore “Non comprendi che ti amo?”

“lo so che mi ami “ disse in un sussurro che andava strozzandosi nel pianto “ sono solo una Regina vecchia e sciocca che non crede piu’ a nulla…e temo,anzi ne sono certa, di veder svanire l’ultima illusione…”

La strinsi ancora più forte “Non sei vecchia…” e le sfilai la candida veste…

Ritrovai il mio cavallo dove lo avevo lasciato e, nel cuore gelido della notte, mi diressi verso Caen con il cuore gonfio di nostalgia, per i suoi occhi scuri, l’odore del suo corpo ed il suono squillante della sua risata più sincera di cui solo io, speravo, conoscevo la timidezza…

7 Comments:

Blogger Tecnologo ha sostenuto

bellissimo!
io però aggiungerei qualche scena di sesso.
incipit:
"mostrami il tuo immane dardo..."
tec, che anche se è diventato papà rimane quello di prima

9:37 AM  
Blogger Guglielmo il Maresciallo ha sostenuto

non fare il buonista...sii polemico come di consueto!

Se non no mi viene voglia di pubblicare il seguito...
;-)

12:36 PM  
Blogger Il connestabile ha sostenuto

oddio, c'è un seguito?!

12:38 PM  
Blogger L'Architetto ha sostenuto

Molto diverso da quello che scrivi di solito ma ugualmente evocativo, a cosa dobbiamo questa incursione a meta' strada tra l'Ariosto e Ken Follet? :-)

4:23 PM  
Blogger Guglielmo il Maresciallo ha sostenuto

E' un esperimento...

2:07 PM  
Blogger L'Architetto ha sostenuto

A me sembra riuscito ma vorrei vederlo inquadrato in un racconto piu' lungo, non e' detto che una Rosa, per quanto bella da sola, stia bene in un campo di Girasoli.

4:15 PM  
Blogger Guglielmo il Maresciallo ha sostenuto

Si ma arriverà il seguito...malgrado lo scetticismo dei soliti noti...sto passanod i giornifacendo lavori pesanti...ma ho già in mente la trama...

9:18 PM  

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