sabato, aprile 22, 2006

Eleonora

Trascorsi tre giorni nell’inattività. Al mattino del terzo giorno giunse nell’accampamento un contadino che chiedeva di me. Lo accolsi nella mia tenda chiedendogli cosa volesse.

“Una dama, mio signore, mi chiede di condurvi, da solo, in un luogo presso il fiume…desidera incontrarvi al riparo…”

Erano tempi oscuri quelli, inganni ed agguati si celavano ovunque. Decisi di seguire il villano e, dopo aver avvisato Giovanni, mio fratello d’armi, presi la spada. Il villano, vedendomi porre al fianco il fodero, si impaurì e dovetti faticar non poco nel convincerlo che non gli avrei torto un capello.

Giunti nel luogo stabilito, dal riparo di un boschetto sorse Aude. Aude era la dama di compagnia piu’ fidata di Eleonora e credo che tra di loro scorresse un sentimento di amicizia sincera.
Era scortata da due soldati della guardia personale di Eleonora che si tenevano a distanza. Mi accolse sorridendo. Diedi qualche moneta al villano e lo congedai.

“Guglielmo, Eleonora vi manda un messaggio…” i messaggi che Eleonora mi inviava, per timore che venissero intercettati, non erano mai scritti. Aude li imparava a memoria e spesso, ne ero certo, aggiungeva al messaggio stesso una sua personale interpretazione che, il piu’ delle volte, sconfinava nell’epico.

Si schiarì la voce e, con sguardo sognante, inizio la sua recita: “Guglielmo Caro, mi avete detto di esser pronto a darmi prova del vostro amore, bene vi chiedo dunque ciò che una Regina non chiederebbe mai ad un cavaliere al suo servizio…Volete mostrami il vostro amore…perdete…perdete il prossimo torneo singolare in cui vi batterete…” il sorriso di Aude, ironico ed dubbioso, era lo stesso, ne ero sicuro, che Eleonora aveva sfoggiato quando era stata certa che Aude avesse ben capito il senso del messaggio.

“Dite ad Eleonora che ubbidirò alla donna che mi chiede questa prova…e spero sappia bene cosa mi chiede…” Aiutai Aude a risalire a cavallo e tornai sui miei passi pensando a quale sarebbe stato il prossimo torneo. Al momento, ne ero sicuro, si trattava di un torneo di infimo ordine che si sarebbe tenuto in Aquitania. Avrei partecipato e , onorevolmente, perso. Non sempre però, il programma dei Tornei di primavera è così chiaro…

La voce, portata di villaggio in villaggio dagli araldi, si era propagato come fiamma in Francia, Fiandra, Borgogna, Poitou, Tourennam, Angiò, Normandia e Bretagna, incendiando i cuori di tutti i cavalieri.

I capo casata con i loro servitori e le loro squadre di cavalieri, i baccellieri in cerca di ingaggio o i semplici cavalieri erranti in cerca di gloria, al richiamo, si erano lentamente avviati, nel cuore della primavera del 1173, verso a Saint-Pierre-sur Dives, nei pressi di Caen,

Quel villaggio nel Ducato di Normadia era, all’improvviso, divenuto il teatro di uno dei piu’ memorabili tornei che la Storia ricordi. Un ampio tratto di campagna era stato di fatto svuotato dai contadini che lo abitavano. Furono recintate le inviolabili lizze dove i cavalieri, durante la battaglia, si sarebbero potuti riposare e rifocillare. Quel particolare tratto normanno, provvisto di innumerevoli boschetti dove i cavalieri avrebbero potuto fuggire o, alla bisogna , tendere agguati e con qualche assembramento di case ineguagliabile per organizzare piccoli capisaldi dove resistere agli urti dei nemici o attendere che gli avversari si sfiancassero in campagna, sembrava creato per torneare.

Da circa 3 anni, cioè da quando ne avevo 25, militavo nell’hotel di Enrico il Giovane. Enrico , Re d’Inghilterra, ma Re insieme a suo padre Enrico II, che l’unica cosa disposto a cedere ai figli era al momento solo il titolo di Re, era il piu’ generoso e liberale signore dedito ai tornei. Aveva lasciato l’Inghilterra, avara di tornei degni di tal nome, da diversi anni con la benedizione del padre che preferiva rifornirlo continuamente di denari piuttosto che vederselo poltrire e tramare al di qua della Manica.

La fama degli inglesi, ben meritata, era di essere ben al di sotto dell’abilità dei Francesi, dei Normanni ed invero di chiunque si definisse cavaliere.

Quando gli inglesi giungevano sul campo di battaglia i cavalieri avversari si spartivano, tra le risate di scherno, le loro bardature piu’ preziose e si contendevano gli ostaggi da conquistare sul campo e per i quali chiedere poi lucrosi riscatti.. Ma questo accadeva prima che io entrassi al servizio di Enrico. In pochi anni la fama degli inglesi fu capovolta ed i migliori cavalieri di ogni nazionalità ambivano a combattere sotto i colori del Plantageneto.

Io ero , per disposizione di Enrico II, mentore e maestro di Enrico il giovane, e proprio io, cadetto senza terra e dalle oscure origini, lo avevo investito, durante una delle numerose crisi con il padre, cavaliere.

I primi gruppi di cavalieri giunsero un paio di giorni prima dell’inizio del torneo. I Baroni si stabilirono a Caen mentre torme di cavalieri si accamparono ne pressi del campo di battaglia. Insieme a loro giunsero gli artigiani, i trafficoni, le prostitute ed i mercanti e, non ultima, l’intera Corte di Enrico II….

Guglielmo
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