sabato, aprile 22, 2006

Domani nella battaglia...

Il giorno precedente il Torneo, che avevo comunque deciso di perdere, l’intera squadra di Enrico il Giovane fu invitata a corte. Ci recammo dunque a rendere omaggio al nostro Re ed a ricevere i giusti incitamenti per il confronto imminente. I tornei, all’epoca, non erano semplici giochi. Erano vere e proprie battaglie dove casate e Re si sfidavano nell’unico gioco che conoscevano: la guerra. In un tornei come quello era facile perdere la vita e la fortuna cosi come era altrettanto facile ingraziarsi i favori dei potenti. Per ciò che mi riguarda, nei tornei della mia gioventù, finita il confronto sul campo, ottenuti i riscatti dei cavalieri fatti prigionieri, ero un uomo ricco. Quando mi coricavo, a notte inoltrata, dopo aver pagato bevute, i debiti con maniscalchi, cerusici ed armieri ed gareggiato in liberalità con i miei compagni, ero piu’ povero dell’ultima alba che avevo visto e mi svegliva prestissimo per poter sfuggire ai creditori giunti troppo tardi.

Un cavaliere viveva nelle tensione del denaro. Se era necessario avere la borsa ben provvista per ben bruciare denaro in atti di liberalità ed amicizia accrescendo così la rinomanza acquisita in battaglia era ugualmente necessario, quasi un obbligo, disprezzare il denaro e tutte le forme di adorazione ed accumulazione che la borghesia gli dedicava. Sarebbe stata una vergogna, per un cavaliere, prestare ad interesse ad un compagno imprevidente in difficoltà o peggio cercare alleanze ungendo con la moneta. Sarebbe stato come nascondersi dietro steccato per non combattere. Ma erano quelli gli anni del massimo fulgore della cavalleria. Di li a poco anche i Re sarebbero diventati schiavi della moneta imparandone le potenzialità dai commercianti e dai banchieri. Di li a poco, la vergogna di restare dietro lo steccato, si sarebbe trasformata in astuzia…

Giungemmo di fronte al Re e, sotto la cotta che indossavo, il cuore iniziò a tumultuare quando mi avvidi che, al fianco di Enrico , stava, fiera ed indomita come di consueto, Eleonora. Il Re fece il suo solito discorso sulla superiorità inglese nel torneare (discorso che sino a pochi anni prima si sarebbe ben guardato dal fare…) ed io, che conoscevo a memoria il pezzo tanto da poterlo interrompere per concludere io stesso, cercavo di intercettare lo sguardo della Regina. Lei, non avevo dubbi, non mi degnava di uno sguardo cercando, in parte riuscendoci, di farmi innervosire. Ma sul più bello il Re si interruppe e mi nominò….
“Guglielmo!” disse Enrico” ha scelto voi….”
“Maestà! “
“Ascoltavate, Guglielmo?”
“Certo maestà, stavate ricordando Hastings…” dissi io con fermezza.
“Questo era il mio ultimo discorso…”disse il Re bonario.
“Stavo dicendo” riprese” che io e la Regina abbiamo deciso di fare una scommessa sul Torneo…Abbiamo deciso di affidare ad uno singolare scontro tra cavalieri, ai margini del torneo di domani, i dritti sul ducato di Guienna. Io ho scelto il Signore di Lusignago, Eleonora invece, a cui ho concesso di scegliere per prima, ha scelto voi…”
Il cuore mi si fermò nel petto. Sulle prime pensai che fosse tutta una montatura di Enrico per smascherare la mia tresca con sua moglie ma, notando che il viso del Re continuava ad essere benevolo, mi tranquillizzai.
“E per incitarvi alla battaglia ho pensato ad un premio anche per voi…concederò la vincitore la mano di Isabella di Clare…”
Isabella di Clare era, al momento, il miglior partito per un cavaliere. Significava possedimenti e rendite tanto da non dover piu’ temere per il futuro e tanto da entrar a far parte della ridotta schiera di uomini vicini al Re. Avrei vinto per la Regina, che avrebbe conservato il ducato di Guienna (ducato che il Re voleva per se ma che lei non aveva mai acconsentito a cedere) ed avrei ottenuto la mano di una donna non solo bella ma anche favolosamente ricca. La Regina, con uno sguardo a dire il vero freddo, mi investì del ruolo di suo campione. Considerai dunque superata la promessa fatta ad Aude. Era consuetudine che una dama, nel nome della quale un cavaliere combatteva, donasse un panno da issare nel momento della battaglia. Prima di ritirarmi omaggia dunque la Regina promettendole il massimo impegno per il giorno seguente. Lei, con un sorriso, lasciò scivolare nelle mie mani un panno cremisi e mi congedò cosi: “Ho scelto voi, Maresciallo, perché certa che servirete la vostra Regina con il massimo della lealtà e della fedeltà…”
Tornai all’accampamento e, poco prima di coricarmi, sistemai il panno che la Regina mi aveva donato. Scivolò a terra un biglietto sottile. Con la calligrafia che tanto amavo vi era scritto: “Domani nella battaglia pensa a me. Tua, Eleonora”…

Guglielmo
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