mercoledì, gennaio 18, 2006

scusa Bach...

pensavo fosse il doppione di ieri. se vuoi ripubblica il tuo e cancello il mio.
a mia parziale giustifica, ti dico che ho avuto una giornata di merda.....
il che presupporrebbe di tenere le mani lontano da dove possono fare danni.
sorry again,
tec

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Forse molti di voi avrebbero dato il link, ma il link apre il pdf, il pdf (Se non si ha la 7 pro e la fibra) è lento da caricare e se è lento da caricare quasi sicuramente non ne vale la pena.
Quindi, dato che ne vale la pena, vi posto questo articolo di Cesana, molto interessante. Sposta l'attenzione non su destra o su sinistra (come molto spesso fatto superficialmente da noi conciliaboli) ma parla di noi, di come viviamo noi nella nostra società.
Buona Lettura.

Ci scrive un leader cattolico che conosce bene la morale e la storia
Dal foglio, pagina 4.

Al direttore - Mi attacco a un editoriale del Foglio di qualche tempo fa. Si rilevava che il problema non stava tanto in quello che Fassino diceva nella telefonata intercettata,ma in quello che non aveva mai detto in pubblico: la politica è fatta dei legami svelati dalla telefonata intercettata. Vorrei fare una considerazione su quella che mi sembra una tendenza dominante nella “cultura” politica italiana, anche se
questo comporterà un certo schematismo che serve per farmi capire.
Dalla questione di bancopoli sembra uscire rafforzato un atteggiamento sempre più diffuso: i valori debbono essere separati dagli interessi e dalle appartenenze. Anzi, gli interessi neppure debbono esistere;la loro sussistenza è giustificata solo se sono a favore degli altri, non di sé. I valori,secondo l’opinione corrente, sembra debbano essere disinteressati, purificati dalla contaminazione dei desideri personali,pure idee, che stanno in un mondo loro,distaccato da quello degli uomini.
In effetti, apprendiamo dai giornali che: al presidente del partito “più popolare” piacciono le barche suo malgrado; se il segretario
dello stesso partito ha fatto il tifo per la Unipol, si pente; il premier non ha mai coltivato i suoi interessi in politica; il nuovo capo della Banca d’Italia è il migliore perché nella sua alta funzione non appare attaccato a nulla. Non parliamo poi dei soldi, i quali si manifestano sotto una
luce assai ambigua; sono sì un valore, ma pericolosissimo. Per trattarli, bisogna essere dotati di una superiore verginità, altrimenti
è meglio starne lontano e, se possibile,non conoscerli. Le coop non possono trattare i soldi perché evidentemente legate a un interesse collettivo, di parte,che ora negano. I grandi finanzieri e industriali, invece, possono operare sui soldi, perché loro di interessi di parte non ne
hanno; hanno cura per l’economia e il progresso, che sono notoriamente interesse di tutti: anche gli operai piangevano quando è morto Agnelli. Eccetera.
Secondo il pensiero comune i valori sono di tutti, non appartengono cioè a nessuno. Non si sta insieme a qualcuno perché porta un valore, perché senza di lui il valore sarebbe incomprensibile, ma perché è d’accordo con noi, perché il valore “nuovo” che, eventualmente cicomunica, era già nostro di diritto. Se l’amico – il compagno di strada – sbaglia, viene abbandonato. Non si era insieme a lui, ma ai suoi valori che, una volta traditi, rendono la sua presenza inutile e dannosa. Come è lontana la figura di Giovanni Paolo II, che chiedeva perdono a tutti, non per gli sbagli di oggi o di ieri, ma per gli sbagli dei cristiani in 2000 anni. Il discorso che fece Craxi in Parlamento su tangentopoli nemmeno sfiora
la sensibilità di molti politici di oggi. Loro si definiscono persone “perbene”; sono attaccati alle idee, mica agli interessi o alle persone.
Infatti, la nostra è una società delle idee. Dire ideologica sarebbe troppo perché bisognerebbe attribuire alle idee una forza di verità, che nessuno ha il coraggio di affermare. Si sta insieme, si fa società, per le idee, quelle cangianti ma riconosciute, approvate da tutti e che nessuno può osare di smentire. Si fa società non per il sangue e la pelle degli uomini, ma per qualcosa di impalpabile e astratto, che si impone come
minimo comune denominatore costitutivo dell’unica religione civile possibile: quella che non scomoda il comodo della maggioranza.
In questo senso, la nostra è proprio una società moralistica, ovvero una società in cui la morale è conformazione al costume prevalente, o meglio, alle idee prevalenti (poiché poi, magari, i costumi vanno dove vogliono).
Come è lontano il cristianesimo, il cui Dio, il valore sommo, si è fatto uomo e si è attaccato agli uomini. Una volta un ragazzo disse a don Giussani: “Io sto insieme alla mia morosa per Cristo”. E lui di rimando: “E a lei cosa gliene frega?”. Non si può amare un valore senza amare chi lo porta. Non si può amare la vita senza amare gli uomini. Non si può sostenere o difendere l’ideale, senza sostenere e difendere la compagnia in cui è vissuto, così come è, con i suoi pregi e anche i suoi errori. Non si tratta di sentirsi colpevoli di sbagli di nostri amici, ma consapevoli sì. Bisogna essere responsabili, ovvero dare risposte che non aboliscano l’errore e chi lo commette, ma che correggano, ovvero reggano insieme Il nuovo cammino da intraprendere. Invece, la tentazione, che è ormai una caratteristica socialmente condivisa, è di cancellare il peso degli errori, esorcizzare la fragilità umana, elevandola a diritto quando appare imbattibile (dall’aborto ai condoni fiscali); nascondendola, come la polvere sotto il tappeto, quando è inaccettabile alle idee che per lo più si professano.
Perché, appunto, sono le idee quelle che valgono, che indicano al mondo come dovrebbe essere, a prescindere da quello che è. Che ogni tanto arrivi qualche tsunami, che le cose in fondo vadano come sono sempre andate, senza tenere gran conto delle nostre opinioni, è secondario. Siamo insieme per le idee, solo per quelle! Ma in fondo sappiamo che non è così, che una società solo di idee è una società di pazzi. E’ una società che non tiene conto della realtà: in positivo, degli interessi e degli affetti; in negativo, delle connivenze e delle complicità, che agitano la vita degli uomini. Da dove ricaviamo questa convinzione contro tutto quello che viene esplicitamente detto? Dal buon senso, dalla esperienza elementare di tutti giorni. Il problema però è che così, stante il suono tanto falso dei discorsi pubblici, siamo inclini a prestare più attenzione alle intercettazioni telefoniche, che rivelano le uniche società vere, di interessi e appartenenze, quelle segrete. Così non va, non va proprio.
E’ troppo e troppo giustificato lo spazio per gli inquisitori, agenti segreti, detective e simili.
La realtà non può essere lasciata al di là del buco di una serratura; deve essere portata al di qua, in campo aperto. E’ proprio vero che “Se ci fosse un’educazione, il popolo starebbe meglio”. Diamocela.
Giancarlo Cesana

1 Comments:

Blogger Guglielmo il Maresciallo ha sostenuto

Condivisibile ma inapplicabile.
Ieri sera a "Porta a porta" parlavano del gioco d'azzaedo. C'erano vari ospiti tra cui un tale definito biscazziere il quale, con il dovuto romanticismo, descriveva le bische che lui, illegalmente, ha gestito per anni.
Alla fine ne è venuto fuori un bel ritrattino. Non mi sorprenderei se un bimbo che avesse assistito alla puntata se ne uscisse dicendo "Da grande voglio fare il bioscazziere!".
Oltre a ciò anche il Divo Giulio, noto amante di cavalli e corse, veniva descritto come uno statista del livello del macedone. In questo triste paese ciò che conta è quello che si dice e quello che si appare non ciò che si è.

10:52 AM  

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