domenica, dicembre 04, 2005

Neve

Una volta, mentre tornavo a casa da lavoro, ho visto un tizio sdraiato per terra ai margini di una piazza. Sembrava avesse le convulsioni. Tremava tutto come se fosse percorso da una scarica elettrica. Avevo fame, dovevo mangiare e tornare al lavoro e stavo cantando con la radio a tutto volume.

I miei pensieri, nell’ordine sono stati:
“Chi cazzo se ne frega!”
“Sono le 13. 30 qualcuno lo ha visto o lo vedrà ed ha chiamato o chiamerà aiuto.”
“E’ drogato o un alcolizzato e se l’è cercata!”

Ho fatto 300 metri e mi sono sentito responsabile di quell’uomo. Responsabile perché io lo avevo visto e perché non era eroico o generoso fermarsi ma da subumani tirare dritto.
Ho invertito la marcia e sono tornato indietro.
Non sapevo cosa fare perché stava male davvero.
Sono corso ad una sede della Croce Verde li vicino ed ho pregato una ragazza di guardia di uscire.
Ha preso il suo stetoscopio e mi ha seguito.
“Infarto” ha detto dopo averlo rapidamente visitato.
Abbiamo chiamato l’ambulanza e lo hanno portato via.
Il giorno seguente sono tornato alla Croce Verde ed ho trovato la stessa ragazza.
“Era un barbone. Stava andando. Lo hanno preso appena in tempo. Ora è all’ospedale.”
Mi sono sentito felice di averlo salvato e grato per aver lasciato che in me un barlume di umanità avesse avuto il sopravvento sul resto. Ho capito che quando si è chiamati in causa non si può volatre la testa dall'altra parte e che basta niente per aiutare una persona in difficoltà. La stessa sensazione che ha fatto girare la macchina l'ho provata ieri mattina...


SABATO MATTINA

Un vecchio cammina curvo nella neve fradicia. Come un soldato di un armata ormai disfatta cammina sul bordo della carreggiata, giù dal marciapiede invaso dalla neve. Al posto del moschetto una stampella color del piombo ed invece di un compagno stremato trascina un carrellino marrone gonfio di spesa. Di traverso spunta un ombrello nero dal manico in corno.

Appena lo vedo lo maledico perché fatico a tenere la strada e lui, che ondeggia contromano, è un ostacolo in più.

Freno al suo fianco e l’Ibiza si imbarca un po. Abbasso il finestrino.
“Guardi che è pericoloso camminare qui!”
Alza la testa come un mulo e i guarda attraverso due occhiali spessi.
“Lo so…cosa devo fare?” dice mite.
“Dove abita?”faccio io.
“In Console Marcello.”
“Salti su. La porto io.”
Nei suoi occhi non vedo diffidenza.
“Lasci stare…sono quasi arrivato. E’ la in fondo.” Dice senza avere la forza di alzare le braccia.
“Come vuole …”
“Guardi che sta perdendo la targa!” mi dice.
“Lo so…” mi hanno già fermato tre vigili.
Riparto sbandando.
Faccio pochi metri e lo vedo nello specchietto arrancare nei solchi lasciati dallo spazzaneve.
Vedo un buco e butto dentro la macchina. Sono in ritardo ed ho un po di cose da fare ma posso lasciarlo così? Va bene...nessuno ha spazzato i marciapiedi, nessuno ha pensato alla spesa degli anziani, lui non ha pensato che non era il caso di uscire da casa con quel tempo, nessuno ha pensato a far funzionare i mezzi pubblici ma vogliamo aggiungerci che nessuno si è fermato ad aiutare uin vecchio che riviveva la ritirata di Russia nel 2005?
Un groviglio di pensieri mi attorciglia lo stomaco.

Scendo e lo rincorro:
“Aspetti…lo porto io…”
“Sono arrivato…”
“Ma dove abita?”
“In Console Marcello..”
“Ma mancano ancora almeno 500 metri…lasci”
Gli strappò il manico della carrello dalle mani e mi incammino.
“Quanti anni ha?”
“82“
“Ha figli?” vorrei dirgli che se sapessero che è in giro trascinando quel fardello nel gelo lo farebbero nero.
“No…figli niente…” dice tenendo sempre la tessa bassa.
Mi sento a disagio per quella domanda che voleva essere spiritosa.
“E’ solo…?” forse sono un po’ impertinente.
“No…mia moglie mi aspetta casa…ma è conciata..”
Lui invece è un gioiellino.
“Non dovrebbe uscire con questo tempo.”
“Lo so…ho problemi al bacino ed alla sciatica…ma avevamo finito tutto e sono andato al Penny…”. Non è il supermercato piu' vicino a casa sua. Sono le 9.25. Il vecchietto deve essere partito di casa all’alba perché il Penny dista almeno un paio di chilometri e con quel carrellino la sua velocità di crociera è pari a quella del Titanic. Dopo l’affondamento…
“Lei è gentile…che mi accompagna fino a casa.”
Ogni attraversamento è un impresa ed ogni macchina che ci passa al fianco ci schizza di fango gelato le gambe.
“Lasci stare è sabato e se non ci si aiuta tra di noi…” Non so cosa io voglia dire con quel “tra di noi” ma mi è venuto così. Noi della zona? Noi Italiani? Noi con gli occhiali?
“Lei…” riprendo” Quando era giovane aiutava gli anziani?”
“Certo” dice lui” quando c’era l’alluvione li prendevo in braccio e li portavo all’asciutto…ma ero giovane allora.” La testa si piega ancora di più.
“E allora oggi io aiuto lei. Quando sarò vecchio qualcuno aiuterà me…”
”Non credo…” butta li.
“Ha visto quanti alberi caduti?”
“Eh si….nevica 5 centimetri e la città è nel caos…va là…non hanno spalato nemmeno i marciapiedi…”
Arriviamo al cancelletto di casa sua.
“Grazie…mi dice…”
“Niente…e mi saluti sua moglie…”
“Presenterò!” dice contento di essere tornato a casa.
In quell'istante mi fa tenerezza e sono felice di averlo aiutato.
Mi volto.
“Aspetti…”
“Dica”
“Si ricordi la targa!”
“Grazie…”
Mi guarda e da dietro gli occhiali spessi mi lancia un sorriso dolce e mite.
Abbassa la testa e ricomincia a trascinare il suo carrellino.


Guglielmo
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