venerdì, novembre 11, 2005

Un nodo alla gola

Come corpi estranei in attesa di essere inglobati da quell’enorme organismo scivolavamo, ignorati in abiti civili, lungo gli ampi corridoi della caserma. Eravamo giunti li ormai da due giorni e da allora, dopo essere stati informati su dove avremmo dormito e a che ora avremmo mangiato, eravamo stati dimenticati.

Osservandoli, quelli giunti qualche giorno prima di noi, ci apparivano come marionette infagottate in mimetiche verde oliva troppo grosse. Correvano per la piazza d’armi reggendosi il basco e pestando a terra gli anfibi lucidi. Noi, dopo averli presi in giro da dietro le finestre gelate, tornavamo a sdraiarci sulle brande chiedendoci se il militare fosse tutto li. Prima di addormentarci, per nulla stanchi, passavamo ore a ridere al buio scacciando la nostalgia di casa facendo imitazioni dei marescialli e inventando scherzi per il giorno seguente.

Trascorse un altro giorno alla fine del quale fummo invitati a ritirare la mimetica, la divisa ed il resto dell’equipaggiamento. Indossata l’uniforme di fatica perdemmo il dono dell’invisibilità e con questo l’idea che ci eravamo fatti del militare.

La camerata che avevamo creato venne smembrata sostituendo le simpatie istintive con l’ordine alfabetico. Il quinto giorno iniziammo a marciare. 7 ore al giorno nel freddo di novembre con gli anfibi nuovi cercando di imparare a muoversi seguendo il tempo del comandante del plotone. Marciare è il modo con cui lentamente si perde la propria autonomia ed identità. Queste vengono sostituite con l’idea che si è parte di qualcosa di piu’ grande, che per il momento non si merita nemmeno, e che l’unico modo per muoversi è farlo in gruppo e, possibilmente, guidati da qualcuno.

Gli unici riferimenti sono i marescialli che comunicano solo urlando. Ogni infrazione, anche stupida, viene punita. La punizione va dal semplice richiamo di fronte a tutti (che però non hanno molta voglia di ridere perchè si rischia una punizione peggiore...) alla minaccia di non tornare a casa per diverso tempo (l’ipotesi di tornare a casa in tempi brevi è comunque piuttosto remota). Le infrazioni piu’ gravi sono: arrivare in ritardo all’adunata, radersi male e fare gli spiritosi. Altre non ce ne sono visto la monotonia della giornata. I disagi piu’ grossi sono: totale assenza di tempo libero, stanchezza per il continuo marciare e mancanza di sonno (si va a letto alle 22, ma il contrappello, in piedi di fronte alle brande in attesa dell’ispezione, non finisce mai prima delle 24 e ci si sveglia alle 6.35. Ogni tanto si movimenta la serata quando a pochi minuti dall’inizio arriva l’ordine di fare il contrappello in divisa ordinaria. Bisogna dunque cambiarsi a razzo ed essere inappuntabili e se, per caso, non si era provveduto a pulire divisa e scarpe sono guai...)

Il settimo giorno finii in mensa. 14 ore filate (5.30 /21.00), con un paio di pause di un’ora totale, trascorse a servire, cucinare, lavare e sparecchiare mentre un paio di anziani e sottufficiali mi urlavano nelle orecchie. Alla fine della giornata era maturata in me la convinzione che non avrei retto un anno e la sera stessa, maledicendomi per l’insistenza che avevo messo nel voler fare il Carabiniere Ausiliario, chiamai casa con un nodo alla gola, riuscendo a malapena a dire qualche parola mentre mio padre cercava di incoraggiarmi. Fu il punto piu’ basso di tutto l’anno....

Guglielmo

4 Comments:

Blogger Il connestabile ha sostenuto

forza gugliemo che mi appassiona! aspetto il racconto - che già conosco ma che ancora mi emoziona - dell'episodio del tribunale!
W l'Arma, W GU!

11:43 AM  
Blogger Guglielmo il Maresciallo ha sostenuto

Allora mi fermo ed aspetto qualche brillante resoconto delle tue gite con i Salesiani!

Chissà che emozioni...

Ancora non ci dormo pensando a quando tu e i tuoi amici avete messo le puntine sul sedia di don Antonio! Che rischio!

1:02 PM  
Blogger Il connestabile ha sostenuto

azz, non ero ironico, davvero! per una volta, almeno.

1:04 PM  
Blogger Guglielmo il Maresciallo ha sostenuto

Nemmeno il mio...

1:06 PM  

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