domenica, luglio 03, 2005

...sempre io...

Tornai tra i partigiani continuando a combattere gli invasori tedeschi. Ogni tanto venivo avvicinato da uno di quei due tizi al quale riportavo notizie e pettegolezzi che giravano tra i partigiani. A volte mi facevano domande precise alle quali cercavo risposte nei giorni seguenti. Non mi sentii mai in difetto nei confronti del mio Paese. In fondo combattevo, rischiando la vita, e collaboravo con chi voleva solo liberare l’Europa evitando che cadesse nelle mani del Comunismo. Più di una volta fui tentato di darmi alla fuga. Se fossi riuscito a superare l’avanzata degli Alleati verso nord avrei potuto provare a fuggire in Svizzera o a rifarmi un’identità nella porzione di Paese ancora nelle mani dei tedeschi. Ma il senso del dovere e l’attaccamento a quella che ormai era la mia famiglia, mi fecero desistere. La guerra finì. Pensai che l’unico modo per ricominciare fosse quello di cambiare aria. Mollare tutto e iniziare una vita in qualche grande città. Poco prima che a Firenze finissero i festeggiamenti buttai in un fosso il moschetto che mi aveva accompagnato per tutti quei mese e legai il fazzoletto che portavo al collo, al collo di una ragazza che audacemente mi baciò, nei presi del Ponte Vecchio, quando scesi dal camion che portava me e la mia brigata in trionfo. Presi il primo treno per Milano.

Mi riuscì di rifarmi una terza identità (nel caos del dopoguerra non era cosi difficile come ai tempi del Fu Mattia Pascal…) e trovai lavoro in una grossa fabbrica nella periferia nord della città.
Ero un giovane operaio, con poche speranze ed ancor meno sogni.

Li rividi una sera, in uno bar sperduto tra le ciminiere. Cercarono il mio guardo e sorrisero. Mi fecero cenno di avvicinarmi. Prima di aprire bocca lasciarono cadere in maniera ostentata i loro occhi sulle mia unghie sporche di grasso.

“Vedi Guglielmo (era il mio nome di Battaglia tra i partigiani, perché a causa del mio fascino, ero conosciuto come il Conquistatore…) hai fatto tutto il lavoro sporco e poi, quando era il momento di riscuotere la paga, sei sparito….per finire qui!”. Fece girare la testa come se il suo sguardo potesse bucare quelle sordide pareti ed abbracciare le fumose ciminiere e le case squallide che assediavano il nostro tavolino.
“Il mondo sta cambiando Gughi, e noi abbiamo bisogno di occhi attenti, orecchie fini e cervelli veloci per capire quale sarà il prossimo crepaccio in cui si infilerà. E tu hai tutte queste doti. Vanno solo affinate, allenate e…ricompensate. Butto giu’ un bicchiere colmo di vino rosso…ci stai?”

In breve fui riassoldato dall’OSS (antenata della Cia). Il mio compito era simile a quello che svolgevo sulle montagne solo che le caverne furono sostituite da camere d’albergo con lenzuola di seta e alle compagnie i tedeschi presero il posto salotti di intellettuali,i o presunti tali. I ragazzi della Virginia rilevarono una fabbrica ben avviata vicino il confine con la Svizzera e la intestarono a mio nome. Mi comprarono un bell’appartamento nel cuore di Milano ed una casa a Stresa. Ero un imprenditore con la passione per le donne, le auto potenti e il gioco d’azzardo. Ben presto, addestrato dai mie due pigmalioni, mi riuscì di tessere una rete di debiti, corruzione e ricatti che mi permetteva di ricevere informazioni vere e metterne in circolo altre false.Questa rete si distese ben presto fino ad abbracciare buona parte dei salotti della politica e dell’economia.

Una mattina, davanti a casa mia, trovai una gradita sorpresa. Una Aston Martin. Poggiato sul cofano, con una mano impegnata a far tintinnare la chiave di avviamento, John.

Partimmo rombando vero Stresa.

“Vedi Gughi….negli Stati Uniti diventano pazzi per te. I capoccia di Washington dicono che se in ogni paese ci fosse un Guglielmo, nel giro i pochi mesi apriremmo un McDonald’s davanti al Cremlino e il grano dell’Ucraina sarebbe mietuto da macchinari McCormick e la terra arata da John Deere in persona. Ed hanno deciso di vedere come te la caveresti oltre cortina…che dici?”

Milano mi aveva stancato. Fare il commendatore iniziava ad essere davvero noioso. Avevo voglia di vedere altri pezzi del mosaico…

“John…l’idea mi tenta e parecchio…ma come la mettiamo con le lingue?”

“Gughi…con la tua comunicativa e capacità di improvvisazione sapresti trovare un passeggino all’aeroporto i Londra o fare benzina a Gettysburg…no sarà un po di russo a spaventarti…fai i bagagli!”
I ragazzi mi portarono a Ginevra ove entrai in contatto con parecchi esuli russi. Cominciai a comprendere qualcosa della lingua e della cultura della Santa Madre Russia. John mi spiegò un po’ come girava nella Mecca del comunismo e come mi sarei mosso. Le vie i fuga, ovviamente, erano poche e, se mi fossi fatto beccare, tutti avrebbero negato tutto…avrei dunque fatto la fine di Fedor Dostoevskij (inizia a leggerlo a Ginevra…) solo che davanti al plotone d’esecuzione non sarebbe giunta alcuna grazia….

2 Comments:

Blogger Il connestabile ha sostenuto

Ho notato solo ora: fare la benzina a Gettysburg! Incredibile!

1:17 PM  
Blogger Tecnologo ha sostenuto

da quel che ricordo, gughi NON riuscì a fare benzina... venne sopraffatto dal suo compagno di viaggio...

2:19 PM  

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